Fisco

L’Iva al 4% sulla ringhiera del balconi spetta anche quando si tratta di ristrutturazione

Bonus anche quando i beni vengon o acquistato per edifici da costruire con requisiti della legge «Tupini» o (con aliquota al 10%) assimilati

di Luca De Stefani

Per l'acquisto o la posa in opera di un corrimano e di una ringhiera da installare come una recinzione di balconi è possibile beneficiare dell'aliquota ridotta del 4% se questi beni vengono utilizzati per la costruzione di fabbricati (abitazioni, uffici e negozi) con i requisiti della Legge Tupini ovvero del 10% se vengono utilizzati per la realizzazione di edifici assimilati ai fabbricati Legge Tupini o per gli interventi di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia o urbanistica. È questa la conseguenza della risposta dell'agenzia delle Entrate del 21 febbraio 2020, n. 71 , con la quale sono stati classificati questi beni tra quelli «finiti» e non tra le materie prime e semilavorate. Questo chiarimento è utile in questo periodo, anche per chi sta iniziando i lavori di rifacimento delle facciate esterne degli edifici, per i quali spetta la detrazione del 90% del costo sostenuto, che per le persone fisiche, ad esempio, è sempre comprensivo dell'Iva del 10%, che non può essere detratta.

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Iva al 4%
Sono soggetti a Iva del 4% gli acquisti da parte dell'utilizzatore finale dei «beni finiti» per la costruzione, anche in economia o con posa in opera, di fabbricati o porzioni di fabbricati (abitazioni, uffici e negozi) con i requisiti della Legge Tupini dell'articolo 13, Legge 2 luglio 1949, n. 408 (voce n. 24, Parte II, Tabella A, allegata al dpr 633/72) ovvero di costruzioni rurali destinate ad uso abitativo del proprietario del terreno o di altri addetti alle coltivazioni dello stesso o all'allevamento del bestiame e alle attività connesse (voce n. 21 bis, Parte II, Tabella A, allegata al dpr 633/72).

Se l'acquirente è un soggetto diverso dall'utilizzatore finale (ovvero dall'installatore o dal costruttore), come, ad esempio, un grossista, l'Iva è del 22% (circolare 2 marzo 1994, n. 1/E). La formulazione della disposizione normativa, beni «forniti per la costruzione» (voce n. 24, Parte III, Tabella A, allegata al dpr 633/72), infatti, è esplicita nello stabilire il fine al quale il bene deve essere destinato (risoluzione 27 settembre 2007, n. 269/E).

Questa agevolazione (Iva al 4%) è rivolta non solo alle persone fisiche, ma anche ai soggetti Iva (costruttori o meno), indipendentemente dal fatto che la successiva cessione del fabbricato così costruito possa essere soggetto a un'aliquota Iva diversa.

Iva al 10% per la costruzione
Se i «beni finiti» acquistati vengono utilizzati per la costruzione di edifici indicati all'articolo 1, Legge 19 luglio 1961, n. 659, cioè quelli assimilati ai fabbricati con le caratteristiche della Legge Tupini (Legge 2 luglio 1949, n. 408), l'aliquota Iva applicabile all'acquisto è del 10%, se l'acquirente è l'utilizzatore finale (voce n. 127 sexies, Parte III, Tabella A, allegata al dpr 633/72) ovvero del 22% negli altri casi.

Si applica l'aliquota Iva ordinaria del 22%, qualora le cessioni siano effettuate nei confronti di chi li destina alla rivendita ovvero di chi li impiega nella costruzione di immobili non agevolati (risoluzioni 17 gennaio 1986, n. 324048; 18 ottobre 1982, n. 353485), come, ad esempio, quelli che non soddisfano i requisiti della Legge Tupini.

L'applicazione dell'aliquota Iva agevolata del 10% è prevista solo nella fase finale di commercializzazione dei beni, pertanto, rientrano solo quei beni ceduti all'utilizzatore finale (compreso l'installatore o il costruttore) per la costruzione degli immobili agevolati e non quelli ceduti nelle altre fasi di commercializzazione (circolare 2 marzo 1994, n. 1/E).
Anche in questo caso, infatti, la norma parla di beni forniti per la costruzione (voce n. 127 sexies, Parte III, Tabella A, allegata al dpr 633/72), stabilendo così il fine al quale il bene deve essere destinato (risoluzione agenzia delle Entrate 27 settembre 2007, n. 269/E).

Iva al 10% per la ristrutturazione
Per gli interventi di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia o urbanistica (articolo 3, comma 1, lettere c, d, f, dpr 6 giugno 2001, n. 380) si applica l'aliquota Iva del 10% all'acquisto dei beni, escluse le materie prime e semilavorate, forniti per la realizzazione degli interventi (voce n. 127 terdecies, Parte III, Tabella A, allegata al dpr 633/72), oltre che alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto (voce n. 127 quaterdecies, Parte III, Tabella A, allegata al dpr 633/72).

In questi casi, l'aliquota Iva applicabile è del 10%, a prescindere dalla tipologia dell'immobile (abitativo e non) su cui sono effettuati gli interventi. Possono essere agevolati, quindi, le abitazioni, gli immobili residenziali, gli uffici, i capannoni, gli immobili artistici, ecc. (risoluzioni 22 gennaio 2003, n. 10/E; 12 ottobre 2001, n. 157; circolare ministeriale 9 agosto 1994, n. 142).

Beni finiti
Non esiste un'elencazione tassativa dei «beni finiti» ai fini Iva. Per l'agenzia delle Entrate, i «beni finiti» sono quelli (diversi dalle materie prime e semilavorate) che «anche successivamente al loro impiego nella costruzione o nell'intervento di recupero non perdono la loro individualità, pur incorporandosi nell'immobile» (circolare ministeriale 2 marzo 1994, n. 1/E). La specifica individualità e funzionalità del bene finito non viene meno, qualora esso concorra a realizzare la costruzione dell'opera. Il «bene finito», infatti, è tale in quanto, pur incorporandosi nella costruzione, è comunque riconoscibile e non perde le proprie caratteristiche, tanto da essere suscettibile di ripetute utilizzazioni (risoluzione 30 marzo 1998, n. 22).

La casistica
Ad esempio, le scale a chiocciola, a giorno o retrattili in legno o altro materiale, possono essere considerate «beni finiti», sia da un punto di vista funzionale che strutturale, in quanto hanno la caratteristica di poter essere sostituiti in modo assolutamente autonomo dalla struttura della quale fanno parte, conservando la loro individualità (risoluzione 9 marzo 1996, n. 39).

Possono considerarsi «beni finiti» anche le porte, gli ascensori, i montacarichi, gli infissi, i sanitari per bagno (lavandini, vasche, ecc.), i prodotti per impianti idrici, di riscaldamento (caldaia, elementi di termosifoni, tubazioni, ecc.), elettrici (contatore, interruttori, filo elettrico, ecc.) e del gas (contatore, tubazioni, ecc.), oltre che le relative prestazioni accessorie di posa in opera ai sensi dell'articolo 12, dpr n. 633/72 (circolare ministeriale 17 aprile 1981, n. 14). In questi casi, infatti, anche se questi beni devono incorporarsi nel fabbricato per divenire funzionali, tuttavia non perdono la loro individualità né si trasformano in beni diversi (risoluzione 18 ottobre 1982, n. 353485).

Ringhiere e cancelli
Con la risposta del 21 febbraio 2020, n. 71 , l'agenzia delle Entrate ha chiarito che possono considerarsi «beni finiti», anche le seguenti tipologie di beni:
• le ringhiere per i balconi, complete di ogni elemento (pilastrini, sistema di fissaggio, corrimano, ecc.);
• le recinzioni e, in particolare, della ringhiera per la recinzione completa di ogni elemento (pilastrini, sistema di fissaggio, corrimano ecc.);
• le tettoie per balconi e le terrazze che vengono montate sul pavimento e sulla facciata dell'edificio.

Ciò, a patto che mantengano una propria individualità e autonomia funzionale, siano sostituibili in modo assolutamente autonomo dalla struttura della quale fanno parte (risoluzione n. 39/1996), senza perdere le proprie caratteristiche, tanto da essere suscettibili di ripetute utilizzazioni, non solo in astratto.

I beni esclusi
Non sono considerati «beni finiti», invece, quei beni che, pur essendo prodotti finiti per il cedente, costituiscono invece materie prime e semilavorate per l'acquirente, quali mattoni, maioliche, chiodi, tondini di ferro, calce, cemento, pozzolana, gesso (circolare 17 aprile 1981, n. 14) e le tegole. In questi casi, si tratta di materiali che unitamente ad altri beni, concorrono a formare il tetto, i pavimenti, i muri (circolare 18 ottobre 1982, n. 353485).

Non sono considerati «beni finiti» i semplici elementi di ornamento o di abbellimento, come, ad esempio, le fioriere, le panchine, i portabiciclette, i contenitori per rifiuti, in quanto non sono parti strutturali del fabbricato (risoluzione 30 gennaio 1988, n. 460624).
L'esclusione vale anche per gli armadi, i tavoli, i tendaggi (risoluzioni 4 maggio1983, n. 340514; 9 febbraio 1982, n. 334291), gli arredi per le palestre, quali le spalliere, gli attrezzi, ecc. (risoluzione ministeriale 24 febbraio 1989, n. 460142).

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