Fisco

Parziarietà: il condomino “virtuoso” non recupera il suo credito dal condominio

di Rosario Dolce

Quando l'amministratore contrae un'obbligazione con un terzo fornitore coesistono due obbligazioni distinte, rispettivamente, l'una, esterna, concernente l'intero debito che trae fondamento dal titolo “contratto” e l'altra, interna, riguardante i singoli condòmini, tenuti a partecipare a norma della previsione di cui all'articolo 1123 codice civile, in forza della titolarità del diritto reale di che trattasi.

Il debito è «sussidiario»
L'obbligazione condominiale, nata da fonte contrattuale, ha, dunque, natura parziaria – ormai, a norma di legge (basti leggersi l'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile) e consta del nesso della sussidiarietà - e non della solidarietà - tra i debiti dei condòmini solventi e quelli dei condòmini morosi.

L'applicazione pratica di tali principi è cintenuta nella decisione presa dalla Corte di Appello di Palermo, con la sentenza n. 2129 del 30 ottobre 2019 .

Il caso
Un condòmino siciliano agiva nei confronti del proprio condominio per ottenere la ripetizione di parte della somma pagata all'appaltatore, per l'effetto dell'azione esecutiva subita dal predetto “creditore” comune.

In primo grado, il condòmino otteneva la condanna del condominio alla restituzione dell'importo versato al posto degli altri condòmini “morosi”.

In secondo grado, la situazione cambia, e il giudice di appello accoglie l'eccezione del Condomino rispetto la propria carenza di legittimazione passiva. Esaminiamo perché e, soprattutto, proviamo ad offrire una soluzione al dilemma.

La natura dell’obbligazione
I giudici del secondo grado, anche qui, premettono sulla natura della obbligazione condominiale, richiamando testualmente le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (9148/2008). La parziarietà della obbligazione viene qualificata, in altri termini, pacifica e non controvertibile. Ciascuno dei condòmini, per l'obbligazione contratta dall'amministratore, risponde nei limiti della propria quota millesimale.

L’azione di regresso
Raggiunta tale conclusione, i giudici di appello sostengono che il condòmino che ha pagato l'intera posta debitoria al creditore, a seguito dell'azione esecutiva da questi subita, non può considerarsi titolare di un diritto di regresso, a norma dell'articolo 1299 codice civile, né per l'intera somma dovuta dal condominio, né nei confronti degli altri condòmini, sia pur limitatamente alla rispettiva quota millesimale dovuta.

La stessa Corte di Cassazione, tra l'altro, fa discendere l'inapplicabilità, a casi simili a quello in esame, dell'istituto della “surrogazione legale” di cui all'articolo 1203 n. 3 Codice civile, osservando che “essa - implicando il subentrare del condebitore adempiente nell'originario diritto del creditore soddisfatto in forza di una vicenda successoria - ha luogo a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo” (Cassazione Sezioni Unite 9946 del 29 aprile 2009).

La soluzione: un’azione per «indebito arricchimento»
Per contro, l'esborso in danaro sostenuto dal condòmino al posto degli altri suoi vicini potrebbe, al più, integrare una fattispecie di indebito arricchimento, di cui all'articolo 2041 Codice civile, che dice: «chi, senza giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale».

E in questo caso va ricordato che i presupposti di una simile azione sono :
a) nell'arricchimento senza causa di un soggetto;
b) nell'ingiustificato depauperamento di un altro; c
c) nel rapporto di causalità diretta ed immediata tra le due situazioni, determinato da un unico fatto costitutivo.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©