Fisco

Così la rendita cambia il conto

Nella nuova Imu, come nella vecchia, la base imponibile dei fabbricati è ottenuta applicando all’ammontare delle rendite risultanti in Catasto, vigenti al 1° gennaio dell’anno di imposizione, e rivalutate del 5%, una serie di moltiplicatori che variano a secondo della categoria catastale.

Il riferimento alle rendite iscritte al 1° gennaio ha creato non pochi problemi interpretativi nei casi in cui il fabbricato ha ottenuto la rendita in corso d’anno, perché di nuova costruzione, perché ristrutturato o per altro motivo.

In realtà una lettura sistematica della disciplina Ici/Imu portava a ritenere che il riferimento al 1° gennaio fosse da considerarsi solo per gli immobili non oggetto di variazione edilizia, come nelle ipotesi di semplice revisione della rendita o di cambio di destinazione d’uso senza interventi edilizi.

Ciò era agevolmente desumibile dalla disciplina relativa ai fabbricati di nuova costruzione per i quali era (e lo è anche oggi) previsto che questi fossero assoggettati dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione. È evidente che se il fabbricato di nuova costruzione è accatastato il 30 giugno, il contribuente dovrà liquidare l’imposta considerando l’area fabbricabile per sei mesi e la rendita catastale per gli altri sei mesi, anche se al 1° gennaio questo fabbricato non aveva rendita perché semplicemente inesistente.

Stesso discorso per il caso di fabbricati oggetto di ristrutturazione, per i quali la base imponibile è costituita dal valore dell’area fino alla data di ultimazione dei lavori, che può verificarsi in corso d’anno.

Ciononstante una giurisprudenza minoritaria della Corte di Cassazione, come la n. 9238/2019, ha ritenuto che qualunque sia la causa che ha determinato la variazione della rendita mediante la procedura Docfa, questa esplica effetti fiscali sempre dal 1° gennaio dell’anno successivo.

Si tratta di argomentazione estranea a una lettura sistematica delle norme, e anzi passibile di violazione del principio della capacità contributiva, perché applicandola ad un immobile che a seguito di demolizione e parziale ricostruzione subisce un dimezzamento della rendita, porterebbe a corrispondere l’Imu su una rendita non più rappresentativa della capacità contributiva.

Il problema interpretativo oggi deve ritenersi definitivamente risolto, posto che il comma 745 della legge di bilancio 2020 legittima l’unica lettura possibile, prevedendo che «le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d’anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori o, se antecedente, dalla data di utilizzo».

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