Fisco

I criteri di igiene fanno saltare le regole sulle distanze

di Edoardo Valentino

Nel costruire un secondo bagno in un appartamento sito in un condominio, i proprietari sono esentati dal rispetto delle distanze legali, se non è possibile costruire in un altro spazio dell'immobile e se la costruzione del bagno è utile al rispetto delle esigenze degli abitanti e delle moderne concezioni in campo igienico.
Questo il principio pronunciato dalla sentenza della Cassazione, Seconda Sezione, numero 17549 del 28 giugno 2019.
La vicenda principia con l'azione giudiziale da parte di alcuni condomini, i quali convenivano in giudizio i vicini del piano inferiore al fine di ottenere dal giudice una dichiarazione di legittimità di alcune opere edili da loro realizzate.
Gli attori, infatti, avevano costruito un secondo bagno nella loro abitazione ponendo la conduttura fognaria in corrispondenza del muro condominiale.
I convenuti intervenivano in giudizio facendo rilevare come, ai sensi dell'articolo 889 del Codice Civile in caso di costruzione di tubi di acqua fognaria prevede l'obbligo di distanziare gli stessi di almeno un metro dal muro di confine.
All'esito del giudizio di primo grado il giudice dichiarava la soccombenza della parte attrice.
Nonostante il decidente avesse correttamente rilevato come le norme sulle distanze non trovassero applicazione nel contesto condominiale ove si tratti di impianti considerati essenziali per consentire l'abitabilità dell'appartamento, egli riteneva comunque che la tubazione in oggetto violasse l'articolo 889 del Codice Civile, anche a causa della mancata prova da parte degli attori dell'impossibilità di costruire il bagno in un'altra posizione.
Tale sentenza veniva appellata dai soccombenti, ma la Corte d'Appello confermava l'esito del primo giudizio.
Alla luce della duplice soccombenza i condomini agivano in Cassazione sostenendo, in buona sostanza, come la Corte d'Appello avesse errato nel ritenere non provata la necessità della collocazione del bagno in detta posizione e la conseguente realizzazione a norma di legge della condotta fognaria.
La Cassazione, con la sentenza in commento, accoglieva il ricorso attoreo.
La questione riguardava infatti l'applicazione del citato articolo 889 del Codice Civile, il quale afferma che “Chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine e il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette.
Per i tubi d'acqua pura o lurida, per quelli di gas e simili e loro diramazioni deve osservarsi la distanza di almeno un metro dal confine.
Sono salve in ogni caso le disposizioni dei regolamenti locali”.
Tale norma, affermavano gli Ermellini, è pacificamente disapplicata nel contesto condominiale laddove una rigida lettura della stessa non consentirebbe la creazione di strutture o servizi fondamentali per garantire la salubrità e abitabilità dell'immobile.
La giurisprudenza, inoltre, aveva già specificato come detto principio fosse applicabile anche in relazione alla creazione di un secondo bagno, dato che tale esigenza è oggi tanto diffusa da essere considerabile come essenziale e che quindi giustifica la disapplicazione dell'articolo 889 del Codice (così Cassazione 13313 del 2009).
Nel caso in questione, la Corte d'Appello aveva errato nel non valutare l'essenzialità della costruzione del secondo bagno e la conseguente derogabilità della normativa sulle distanze.
La costruzione del secondo bagno, così come eseguita, inoltre, era stata fatta nel rispetto delle norme igieniche dettate dal Ministero della Sanità nel decreto del 5 luglio 1975, nonché del regolamento comunale del luogo che prevedeva specifiche condizioni in virtù delle quali il bagno non avrebbe potuto essere edificato in altro luogo se non nella posizione scelta dagli attori.
La Corte d'Appello, quindi, aveva errato nel non operare il contemperamento di interessi tra le ragioni dei vicini e quelle dei proprietari, le quali – basate sull'essenzialità dell'opera – consentivano la deroga della normativa sulla distanza.
All'esito del giudizio, quindi, la Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava il giudizio alla Corte d'Appello per una nuova decisione sul merito.

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