Fisco

Il ristoratore e l’installatore non rispondono dell’incendio nell’esercizio

di Giulio Benedetti

Nei reati colposi alcuni sostengono l'esistenza di una responsabilità oggettiva dei titolari degli esercizi commerciali per gli infortuni avvenuti al loro interno, ma tale tesi è priva di fondamento giuridico. L'art. 530 c.p.p consente di condannare l'imputato solo se la prova raggiunta nel dibattimento permette al giudice di affermare la sua responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio. Vale a dire che le prove sono considerate in favore dell'imputato e se non conducono in modo certo ad indicare la sua responsabilità, il giudice deve assolverlo.
A tale principio si è ispirata la Corte di Cassazione (sentenza 13571/2019) che ha assolto un ristoratore e un installatore dall'accusa di omicidio e di incendio colposi avvenuti all'interno di un esercizio di ristorazione. In particolare gli stessi erano stati accusati di avere cagionato la morte , per carbonizzazione ed asfissia, della moglie del ristoratore per avere installato un stufa , alimentata a pellets, in modo non conforme alla regola d'arte, con riferimento al corretto scarico dei fumi.
In primo grado il ristoratore era stato assolto dall'accusa di avere omesso i dovuti controlli sullo scarico dei fumi, mentre il giudice condannava l'installatore, la cui responsabilità veniva confermata in appello. La Corte di Cassazione annullava la sentenza di appello , con rinvio ad una nuova sezione, in quanto non riteneva adeguatamente provato, secondo la regola dell'aldilà di ogni ragionevole dubbio, il nesso di causa tra la condotta dell'installatore e la morte delle persona offesa e l'incendio del locale.
La sentenza di condanna attribuiva all'imputato la commissione dei reati sulla base dell'erronea installazione della stufa . La Corte di Cassazione riformava la sentenza in quanto la stessa non superava i dubbi circa l'attribuzione della responsabilità dell'imputato, poiché non esaminava la sua tesi ricostruttiva , e alternativa all'accusa. Invero la Corte di Appello non valutava attentamente le prove a discarico costituite dalle produzioni documentali e ai rilievi difensivi opponeva un'astratta congettura. Invero il giudice non si interrogava sulla plausibilità delle spiegazioni alternative, sostenute dalle produzioni documentali, alla ricostruzione accusatoria, mentre avrebbe dovuto ricostruire l'evento in relazione alle risultanze processuali , valutate non in modo parcellizzato.
Per la Corte di Cassazione sbaglia il giudice di appello laddove non ha ricostruito l'evento mediante l'esame delle circostanze in modo da ordinarle in una costruzione razionale e coerente con l'utilizzo di massime di esperienza consolidate ed affidabili e non di mere congetture.
Queste ultime sono delle semplici possibilità e non possono essere poste a fondamento di una decisione giudiziaria , senza ulteriori riscontri probatori. poiché non hanno un riscontro empirico e una dimostrazione. Pertanto la Corte di Cassazione esclude che il giudice di appello abbia confermato l' attribuzione di responsabilità del tribunale sulla base di un argomentazioni coerenti con l'analisi delle risultanze agli atti e con un procedimento logico dotato di una alto grado di credibilità razionale.
Inoltre il giudice di appello non ha valutato le tesi difensive che contestavano i rilievi tecnici della perizia in atti e indicavano le cause alternativo dell'incendio, le quali avrebbero dovuto oggetto di approfondimento. Il giudice di appello aveva frettolosamente riconosciuto l'omissione dell'installatore , nel seguire le norme di sicurezza, ritenendo implicitamente ricompreso il relativo costo in quello della fornitura della stufa alimentata a pellets.

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