Niente sconti sui sanitari per il bagno fatto nel 2013
La risposta è negativa: il soggetto non può fuire né della detrazione per i lavori né del bonus mobili. Il rifacimento dei bagni è iniziato nel 2013 e, anche ai fini urbanistici, il provvedimento abilitativo dei lavori eventualmente necessario sulla base del regolamento edilizio comunale è scaduto (la durata è pari a tre anni, ex articolo 23 del Dpr 380/2001). L’intervento di completamento effettuato nel 2018 (acquisto e posa in opera di sanitari) è, pertanto, un nuovo intervento di manutenzione ordinaria le cui spese non rientrano tra quelle detraibili. Tra l’altro, per questo intervento non è necessaria nemmeno la comunicazione di inizio lavori asseverata (articolo 16-bis del Tuir, Dpr 917/1986, e articolo 1, comma 3, lettera b, n. 1-4 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di bilancio per il 2018; si veda anche la guida al 50% e al bonus mobili su www.agenziaentrate.it). In quanto intervento di manutenzione ordinaria, le spese per i mobili sostenute nel 2018 non fruiscono della detrazione del 50% di 10mila euro (bonus mobili). Per gli interventi iniziati nel 2013, invece, il bonus mobili si rendeva applicabile solo se le relative spese di mobili e arredamento fossero state sostenute entro il 31 dicembre 2016 (vedi guida al bonus mobili su www.agenziaentrate.it). Per l’acquisto dei sanitari nel 2018 si rende applicabile l’Iva con l’aliquota del 10% secondo la regola dei beni significativi solo se, contestualmente ai sanitari, viene fornita anche la manodopera per l’installazione. In particolare, in presenza di acquisto e installazione di beni significativi (ad esempio: i sanitari, Dm 29 dicembre 1999), l’aliquota agevolata al 10% (di cui all’art.2, comma 11, legge 191/2009) può essere fruita, per questi, solo sino a concorrenza del valore della manodopera impiegata nell’esecuzione dei lavori (intendendosi per tale il corrispettivo richiesto per l’installazione, comprensivo anche delle materie prime impiegate - circolare 71/E/2000), mentre l’eventuale parte eccedente deve essere assoggettata all’aliquota ordinaria del 22%. Nella fattura deve risultare la distinzione tra valore del bene significativo e il restante corrispettivo al fine della distinzione dell’Iva al 10% rispetto a quella al 22% (vedi anche articolo 1, comma 9 della legge 205/2017 e circolare 15/E/2018).
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