Fisco

Lavori per alzare la resistenza o ridurre le sollecitazioni

di Giuseppe Latour

Dall’isolamento delle strutture, per ridurre l’impatto dell’eventuale terremoto, al rafforzamento degli elementi portanti, come travi e pilastri, per rendere più resistenti gli edifici. Passando per interventi sulla muratura o su altre componenti del fabbricato.

Sono molte le operazioni teoricamente possibili su un edificio, per migliorarne le sicurezza in caso di sisma e, così, anche la classe di rischio basata sulle linee guida del ministero delle Infrastrutture. Cambia allora di molto, a seconda dei casi, l’importo che è possibile recuperare con la detrazione del “sismabonus”. Tenendo comunque presente che, nella maggior parte delle situazioni, è necessario un grande esborso iniziale. E che va sempre considerata con attenzione l’opportunità di demolire e ricostruire lo stabile.

Due categorie di opere

In linea di principio, come illustrato in diverse occasioni dall’associazione Isi, Ingegneria sismica italiana (si veda Il Sole 24 Ore dell’11 settembre 2017), bisogna partire dal risultato che producono le diverse tipologie di adeguamento degli immobili.

In altre parole, è possibile agire sugli effetti che la struttura subisce in caso di sisma o sulla capacità della stessa struttura di assecondare le forze di un terremoto senza subire danni. Quindi, una prima categoria di interventi tende a ridurre le sollecitazioni che l’edificio subisce, mentre una seconda categoria si concentra sulla sua resistenza.

L’ipotesi demolizione

Tutte le diverse azioni cambiano a seconda del caso concreto e sono i tecnici a dover indicare, una volta effettuata la verifica sismica, dove è meglio concentrarsi. Considerando anche variabili indipendenti dalle sole condizioni della struttura. Ad esempio, bisogna tenere presente che in qualche caso non sarà possibile accedere agevolmente ad alcune parti dell’edificio, come le fondazioni. O, in altri casi, non sarà possibile svuotare l’edificio e si potrà procedere solo a una messa in sicurezza più limitata. Comunque, è sempre necessario anche valutare l’opzione della demolizione con ricostruzione: potrebbe essere quella economicamente più sensata.

Per dare un riferimento, quando ci si avvicina a una cifra attorno a 700-800 euro di costi al metro quadrato solo per le strutture, ha senso pensare molto seriamente alla demolizione con ricostruzione, considerando le caratteristiche dell’immobile, perché con circa 1.200-1300 euro al metro quadrato è possibile avere un edificio nuovo.

Tra l’altro (si veda il Sole 24 Ore del 30 aprile 2018), con la risoluzione 34/E l’agenzia delle Entrate ha chiarito di recente che l’applicazione dello sconto fiscale è possibile anche in caso di demolizione con ricostruzione, a condizione che venga mantenuta la volumetria iniziale.

Gli interventi possibili

Tornando agli interventi, per aumentare la capacità della struttura di resistere a un terremoto, è dunque possibile ricorrere a diverse soluzioni, tra le quali:

realizzare delle pareti di cemento armato che aumentino la resistenza dell’edificio;

aumentare lo spessore di travi e pilastri;

ripristinare le armature delle strutture in cemento armato;

migliorare il livello di connessione tra i muri che si toccano per formare un angolo;

alleggerire i solai.

Per ridurre le sollecitazioni sull’edificio è possibile, ad esempio, l’isolamento alla base. In modo semplicistico, può essere considerato come un sistema per mettere dei pattini alla struttura, facendo in modo che questa non segua i movimenti del terreno.

I costi teorici

Partendo da qui, si può calcolare l’impatto in termini economici del sismabonus, arrivando a concludere che l’esborso iniziale è quasi sempre robusto. Lo dicono, ancora una volta, i numeri elaborati circa un anno fa da Ingegneria sismica italiana partendo, su incarico di Federcasa, dal patrimonio abitativo di edilizia residenziale pubblica.

Si tratta di una raccolta dati ed elaborazione statistica che ha consentito di effettuare una stima dei costi parametrici necessari all’adeguamento sismico, basata su un campione di 19.792 edifici.

Nei casi più complessi, come quello di un edificio in muratura in zona 1 (quella a rischio più elevato), il conto medio – secondo questa elaborazione – può superare i 40mila euro ad appartamento per le sole strutture. Dalla dichiarazione dei redditi successiva e per cinque anni sarà possibile scontare quasi 7mila euro. All’inizio, però, servirà una liquidità notevole.

In un edificio in muratura realizzato a Roma (in zona sismica 2) prima del 1980, il costo per alloggio teorico è, allo stesso modo, di poco superiore ai 20mila euro. Anche se qualche eccezione va sottolineata: in un edificio in muratura da sei piani a Milano potrebbe bastare un esborso di poco superiore ai 5mila euro per unità. Ma tutto – va sottolineato sempre – andrà sottoposto alla verifica, caso per caso, del tecnico che progetterà la messa in sicurezza.

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