Fisco

Mobili, affitti e leasing: la proroga non risolve i nodi dei bonus edilizi

di Dario Aquaro e Cristiano Dell’Oste

La proroga secca dei bonus edilizi non risolverà i nodi nell’applicazione degli sconti. Il prolungamento annunciato nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) prevede infatti altri 12 mesi con le regole attuali. Comprese norme incerte, incoerenti e fonte di contenzioso o errori da parte dei contribuenti (per i casi particolari cliccare qui ).

Partiamo da un caso emblematico. Il 2019 sarà il settimo anno del bonus mobili abbinato ai lavori di ristrutturazione agevolati al 50 per cento. Ma, ancora oggi, il catalogo delle opere cui “agganciare” la detrazione sugli arredi non è ben definito. La norma che ha istituito il bonus lo concede «ai contribuenti che fruiscono della detrazione di cui al comma 1 (cioè del 50% edilizio, ndr)», che però incentiva anche piccoli interventi, come l’installazione di grate alle finestre. Da qui la stretta dell’agenzia delle Entrate, che è andata oltre il dettato normativo – chiedendo lavori almeno di manutenzione straordinaria – senza però chiarire tutti i dubbi. Non solo. Con il taglio dell’ecobonus per alcuni interventi – scattato lo scorso 1° gennaio – resta ancora più inspiegabile perché il bonus mobili non possa essere abbinato a lavori di risparmio energetico, che spesso comportano spese maggiori e hanno la stessa identica percentuale di detrazione (come nel caso delle finestre, ormai agevolate al 50% anche se si sceglie l’ecobonus).

Quasi sempre le agevolazioni vengono prorogate cambiando solo la scadenza. Tipica la formula «le parole “31 dicembre 2018” sono sostituite da “31 dicembre 2019”». Questo, però, non fa altro che spostare in avanti eventuali incoerenze. Ad esempio, è dal 2012 che ci si chiede se alcuni lavori, come il ripristino di immobili danneggiati da calamità naturali, si possano fare anche su edifici non residenziali: la legge (articolo 16-bis del Tuir) parla in effetti di «immobile danneggiato» senza precisare «residenziale», come per altri interventi. Né va dimenticata l’affannosa formulazione dei lavori agevolati dal bonus giardini.

Spesso le incoerenze si aggravano con l’introduzione di nuovi sconti. Basta pensare ai metodi di pagamento. Ristrutturazioni ed ecobonus richiedono solo il bonifico “parlante”; il bonus mobili, dal 2016, ammette bonifico ordinario, bancomat e carte di credito; il bonus giardini, invece, allarga il campo anche agli assegni. Differenze che andrebbero smussate.

Altri nodi applicativi derivano dal modo in cui le Entrate interpretano le norme. È chiaro che in questi casi basterebbe un cambio di prassi dell’Agenzia, ma è altrettanto evidente che un testo di legge più chiaro eviterebbe i problemi sul nascere. Vedi alla voce ecobonus su immobili locati da imprese o beni merce: le Entrate lo escludono, ma moltissime sentenze di primo e secondo grado hanno dato ragione ai contribuenti. Così come per i lavori eseguiti su abitazioni in comodato: la legge chiede che l’immobile sia «detenuto» in base a un «titolo idoneo», ma non impone – come fa l’Agenzia – che il contratto sia anche registrato.

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