Fisco

Le regole di base

L’origine del tributo

La Tari (tassa rifiuti) è stata introdotta nel 2014 dalla legge 147/2013, in sostituzione della Tares, che è stata in vigore solo per il 2013 e, a sua volta, aveva soppiantato tutti gli altri prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani (Tarsu, Tia1, Tia2). Il presupposto della Tari è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani.

I criteri di calcolo

Il tributo dev’essere quindi pagato dall’utilizzatore dell’immobile, in base alla tariffa riferita all’anno solare e misurata secondo i criteri del “metodo normalizzato” (Dpr 158/1999). In alternativa a tale metodo, il Comune - nel rispetto del principio comunitario «chi inquina paga» - può ripartire i costi in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superificie in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte, nonché al costo del servizio rifiuti.

La somma delle quote

Il metodo normalizzato prevede una tariffa fissa (da moltiplicare per i mq occupati), e una tariffa variabile (legata al numero degli occupanti). E i regolamenti comunali possono disciplinare criteri specifici sia per il calcolo della superficie, sia per il conteggio degli occupanti. La quota variabile, che è “unica” per l’intera utenza domestica, non si applica quindi anche alle pertinenze dell’abitazione (mentre la quota fissa si applica alla somma dei metri quadrati occupati, incluse le pertinenze).

La delibera delle tariffe

Le tariffe della Tari, che devono assicurare la copertura integrale dei costi del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, vengono determinate con delibera del Consiglio comunale e articolate tra utenze domestiche e non domestiche. Oltre che nei casi individuati dalla legge (come le abitazioni per uso stagionale), il Comune può prevedere ulteriori agevolazioni ed esenzioni. E decide le scadenze di pagamento (che non sono “fisse” come quelle di Imu e Tasi): di solito, almeno due rate semestrali.

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