Fisco

L’abuso edilizio mette i bonus in fuorigioco

di Claudio Demaria e Silvio Rivetti

Dalla disciplina urbanistica a quella fiscale. Quando e come le irregolarità possono far saltare le agevolazioni fiscali? Il Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) qualifica comabuso edilizio l’intervento realizzato in assenza del necessario titolo abilitativo o in totale difformità da esso (articoli 31 per il permesso di costruire e 37 per la Scia), in variazione essenziale (articolo 32 per il permesso) o in parziale difformità (articoli 34 e 37). Il tutto, salva la possibilità di sanatoria nel caso della cosiddetta “doppia conformità” dell’opera edilizia, con riguardo alle norme vigenti sia al momento dell’intervento, sia a quello di presentazione dell’istanza (ex articoli 36 per il permesso e 37 per la Scia).

Per l’articolo 49 del Testo unico, gli interventi abusivi comportano la decadenza dalle relative agevolazioni fiscali in soli tre casi:

• se le opere sono state realizzate in assenza del titolo edilizio necessario;

• se il titolo è stato annullato;

• se le opere contrastano con il titolo per mancato rispetto delle destinazioni d’uso e degli allineamenti indicati nei piani regolatori, con esclusione della parziale difformità che non raggiunge la soglia di cui all’articolo 34, comma 2-ter, dello stesso Testo unico. Non rileva né urbanisticamente né fiscalmente, infatti, la violazione di altezze, distacchi, cubatura, superficie coperta non eccedente il 2% delle misure prescritte con riguardo alle singole unità immobiliari.

Le detrazioni a rischio

Il profilo più rilevante è quello delle detrazioni Irpef connesse al recupero del patrimonio edilizio esistente (articolo 16-bis Tuir), al bonus mobili, all’ecobonus (che si può configurare anche quale detrazione Ires utilizzabile da imprese e società) e, per le spese sostenute quest’anno, al bonus verde del 36% che agevola la risistemazione a verde.

Tali detrazioni potranno essere recuperate dalle Entrate se gli interventi abusivi sono stati realizzati in difformità dal titolo, quanto meno in termini di variazione eccedente il 2% delle misure; oppure, se il titolo abilitativo, quando prescritto, è mancante.

Un caso classico è quello dell’ampliamento abusivo dell’immobile demolito, che avrebbe dovuto essere ristrutturato nel rispetto della volumetria precedente. Per il Fisco, come del resto per la giurisprudenza amministrativa e penale, in coerenza alle regole dell’articolo 3 del Testo unico, l’abuso edilizio qualifica l’intero edificio come «nuova costruzione» e, in quanto tale, determina l’integrale decadenza dalle detrazioni Irpef. Viceversa, l’indebito ampliamento dell’edificio ristrutturato, ma non previamente demolito, fa venir meno i bonus relativi ai soli lavori di ampliamento (circolari 36/E/2007 e 39/E/2010).

L’attività edilizia libera

Un’altra ipotesi frequente è quella in cui i lavori agevolati eseguiti dal contribuente ricadono nell’attività edilizia libera. Si pensi all’installazione di un servoscala in un’abitazione monofamiliare, alla tinteggiatura dell’androne condominiale o all’installazione di un pannello solare fotovoltaico al di fuori di un centro storico. Tutte opere che non richiedono titoli abilitativi, come precisato anche dal “glossario” del Dm delle Infrastrutture 2 marzo 2018 (Gazzetta ufficiale 81 del 7 aprile scorso). In questi casi, il provvedimento del direttore delle Entrate del 2 novembre 2011 (prot. 149646) impone al contribuente di conservare un’autocertificazione (ex articolo 47 del Dpr 445/2000) con cui attesta la data di inizio lavori e il fatto che gli interventi sono agevolabili.

In queste situazioni, l’eventuale decadenza dai bonus richiederà che, in seguito ai controlli degli uffici comunali, sia possibile “smentire” quanto autocertificato.

I lavori sulla «prima casa»

Sotto un altro profilo, l’incrocio tra le norme edilizie e quelle fiscali emerge nel caso dell’acquisto dell’immobile con agevolazione prima casa, a cui seguano, in data successiva, opere edilizie abusive. Secondo la Cassazione, tale intervento non giustifica la decadenza dall’agevolazione, poiché, alla data di registrazione dell’atto, l’abuso non era realizzato né in carenza di titolo né in contrasto con esso (né sulla base di un titolo poi annullato): e, quindi, non si colloca in una delle tre casistiche “tipiche” di abuso edilizio fiscalmente rilevante secondo l’articolo 49 citato in precedenza (Cassazione 4351/2016 e 4669/2014).

Allo stesso modo, la giurisprudenza, questa volta di merito, ha negato la decadenza laddove l’edificio, costruito in conformità al titolo e poi interessato da nuovo titolo edilizio per le varianti, riscontri un intervento abusivo, ma di lieve entità (Ctr Emilia Romagna 42/14/2008).

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