Fisco

Detrazioni fiscali blindate dalle istanze di sanatoria

di Claudio Demaria e Silvio Rivetti

La violazione edilizia non comporta conseguenze fiscali se sanabile o sanata, stando al disposto generale dell’articolo 50, comma 4, del Testo unico dell’edilizia. Tale norma prevede che il rilascio della sanatoria delle opere abusive (o, in via provvisoria, l’esibizione della domanda di sanatoria) produce automaticamente il venir meno dei provvedimenti di revoca o decadenza dei benefici fiscali, disposti in connessione all’abuso stesso.

Coerentemente, la più recente circolare 7/E/2018 conferma che è causa di decadenza dal beneficio della detrazione Irpef la non sanabilità delle opere edili irregolari. Al contrario, per quelle sanabili, la decadenza è esclusa a condizione che «il richiedente metta in atto il procedimento di sanatoria previsto dalle normative vigenti». Dunque, stando al dato testuale, non pare essere richiesto l’effettivo rilascio del provvedimento di sanatoria, come nel disposto dell’articolo 50 del Testo unico; né si accenna a meri “effetti provvisori” della domanda. In ogni caso, non pare che il Fisco sia titolato a entrare nel merito della legittimità della cosiddetta sanatoria “giurisprudenziale”, che continua ad avere un certo credito nella prassi, estrinsecandosi anch’essa in un provvedimento di sanatoria acquisibile in sede di controllo da parte dei funzionari dello Sportello comunale per l’edilizia.

I profili Iva

Se dunque l’efficacia positiva della sanatoria edilizia in campo fiscale è indubbia in tema di agevolazioni Irpef e di imposta di registro, stando alla prassi erariale e all’articolo 50, comma 1, del Testo unico, qualche incertezza residua in punto Iva. Sul tema la Cassazione, con la sentenza 9383/2009, ha posto in dubbio che il provvedimento di sanatoria edilizia confermi “automaticamente” la spettanza dell’aliquota Iva agevolata del 4% (potendo comunque rilevare, tale provvedimento, quale mezzo di prova della sussistenza dei requisiti per il godimento dell’aliquota ridotta).

Stop alla «fiscalizzazione»

Deve invece escludersi che possa dispiegare gli effetti fiscali propri della sanatoria il procedimento di “fiscalizzazione” dell’abuso di cui all’articolo 34, comma 2, del Testo unico: non concretizzandosi in un provvedimento di sanatoria accettabile da parte degli uffici finanziari (a meno di non dare credito all’isolata sentenza del Consiglio di Stato 1481/2017, che ha attribuito anche alla fiscalizzazione dell’abuso natura di sanatoria).

Resta fermo che la difformità dell’opera rispetto alla prescrizione urbanistica, così come la sua sanatoria, chiama in causa l’ufficio tecnico comunale competente. L’articolo 49 del Testo unico prevede l’obbligo in capo al Comune di segnalare al Fisco ogni inosservanza comportante decadenze fiscali, nei tre mesi successivi: un adempimento da espletarsi in un termine comunque ordinatorio, per pacifica giurisprudenza, che i Comuni italiani gestiscono in maniere differenti (nulla consta, invece, quanto alla perentorietà del termine di tre anni, decorrente dalla segnalazione comunale, che l’articolo 49 attribuisce al Fisco per recuperare le imposte derivanti dalle decadenze in esame).

La collaborazione dell’ente locale resta comunque imprescindibile, non spettando all’amministrazione finanziaria di contestare al contribuente presunte violazioni di leggi urbanistiche, il cui accertamento compete al Comune e il cui giudizio spetta alla giustizia amministrativa.

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