Fisco

Attenti alla trappola nella tassa rifiuti

di Gianni Trovati

Una regola nazionale anfibia, applicazioni locali sbagliate e qualche volta furbe, e bollettini che arrivano gonfiati a casa dei cittadini creando i presupposti per una nuova tempesta: fatta di ondate di ricorsi e di nuovi buchi nei conti comunali.

Ancora una volta, a dominare la scena del caos tributario locale è la Tari, ultima versione di una tassa/tariffa (anche la sua natura sostanziale è incerta) sui rifiuti che negli anni ha cambiato nome senza posa ma non ha superato i propri problemi strutturali. L’ultimo, emerso dieci giorni fa in Parlamento (si veda Il Sole 24 Ore del 19 ottobre) riguarda la moltiplicazione illegittima della «quota variabile», che cambia in base al numero delle persone in famiglia e serve a parametrare il conto sulla base della capacità di produrre rifiuti da parte di chi abita l’immobile.

Basta un esame dei regolamenti comunali per capire che il problema è diffuso: il calcolo illegittimo si presenta in varie forme in sei capoluoghi di Regione su 18 (Trento e Bolzano non rientrano nel censimento perché applicano la «Tari puntuale», che misura il peso effettivo dei rifiuti prodotti dai contribuenti), ma il problema torna anche in città medie come Andria, Rimini o Siracusa e si ripete centinaia di volte nei piccoli Comuni.

La questione ha vissuto sottotraccia per anni, germogliata già al tempo della vecchia Tarsu, ma è esplosa solo pochi giorni fa, quando in commissione Finanze alla Camera è stata discussa un’interrogazione presentata da Giuseppe L’Abbate, del Movimento 5 Stelle. Interrogazione tecnica e innocua solo nelle apparenze: molti Comuni, ha spiegato il deputato ripescando un’analisi comparsa tre anni fa su questo giornale, ripetono la «quota variabile» della Tari per ogni pertinenza, cioè per il garage, la cantina o il solaio collegati all’appartamento.

È legittimo? «Nemmeno per sogno», ha risposto il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. Di qui il problema, che sta agitando contribuenti e associazioni di consumatori e promette scintille (negli altri articoli in pagina come scoprire che cosa fa il proprio Comune).

La traduzione in euro è riportata nella tabella sotto il titolo che mostra come una famiglia di quattro persone possa passare dai 391 euro all’anno del calcolo corretto ai 673 (quindi con un aumento del 72%) proposti dal meccanismo illegittimo. E siccome ricorsi e richieste di restituzione possono andare indietro cinque anni, la questione si moltiplica.

Tutto nasce dall’architettura della Tari, che poggia su due pilastri: la «quota fissa», misurata in euro al metro quadrato, e quella «variabile», che dipende appunto dal numero degli occupanti. Quando una casa ha un garage o una cantina pertinenziale, la procedura imporrebbe di applicare una sola volta la quota variabile, ma in molti Comuni la somma viene ripetuta, come se la presenza del box moltiplicasse la capacità della famiglia di produrre rifiuti. Ma ugualmente illegittime sono le scelte di chi, come Genova, tassa i garage come «utenze non domestiche», applicando quindi una quota variabile aggiuntiva ma diversa rispetto a quella dell’appartamento, o i limiti come quelli previsti a Cagliari per individuare le pertinenze. A ciascuno, insomma, il suo problema: e la battaglia legale che promette di seguirlo.

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