Fisco

Tre bonus a scelta per le riqualificazioni

di Silvio Rezzonico e Maria Chiara Voci

Bonus ristrutturazioni, ecobonus e conto termico: fino a fine anno sono almeno tre le alternative per fruire di un sostegno economico quando si effettuano interventi di riqualificazione in casa. Si tratta però di misure differenti e non cumulabili: imboccata una strada, non è possibile cambiare idea in corsa.

Iniziamo dalle detrazioni fiscali. Gli interventi che beneficiano della detrazione Irpef e Ires del 65% per il risparmio energetico possono – in generale e in alternativa – beneficiare della detrazione Irpef sulle ristrutturazioni del 50% (anche in assenza di opere edilizie). Entrambe recuperabili in dieci rate (a capienza fiscale).

Per gli interventi su singole unità immobiliari, entrambe le misure sono in scadenza il 31 dicembre: salvo proroghe con la legge di Bilancio dal 2018 resterà solo la versione “a regime” del 50%, cioè il 36% con una spesa massima di 48mila euro.

Per gli interventi su parti comuni condominiali la situazione è differente. L’ecobonus è attualmente applicabile alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2021, con possibilità di maggiorare la detrazione fino al 70% per gli interventi sull’involucro dell’edificio che interessano almeno il 25% della superficie disperdente lorda o al 75% per i lavori che migliorano la prestazione invernale ed estiva (qualità media del Dm 26 giugno 2015).

Le spese per opere su parti comuni che non rispettano i requisiti tecnici per accedere all’ecobonus, invece, potranno avere la detrazione per il recupero edilizio al 50% fino al 31 dicembre, mentre dal 2018 scenderanno al 36 per cento.

Il bonus più elevato (65%) ha un ambito più ristretto, perché premia le specifiche tipologie di interventi individuati dalla legge 296/2006 (i dettagli della procedura su: www.acs.enea.it). La detrazione del 50% sul recupero edilizio, al contrario, ha un confine più ampio: l’unico vincolo è che sono esclusi, nelle singole unità, lavori di manutenzione ordinaria (la semplice pittura di un muro o il rifacimento delle piastrelle di un bagno, ad esempio), agevolati invece quando si interviene sulle parti comuni.

Totalmente diversa la logica del conto termico (previsto a regime per gli anni a venire).

È un contributo diretto, erogato poche settimane dopo la fine dei lavori e anche in una soluzione unica, quando la cifra è al di sotto dei 5mila euro.

Copre, per i privati, solo interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica degli edifici e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. Tra cui, la sostituzione di impianti di climatizzazione con impianti a pompa di calore o con caldaie, stufe e apparecchi a biomassa (legna, cippato, pellet, eccetera), l’installazione di collettori solari termici, la sostituzione di scaldacqua elettrici con boiler a pompa di calore, la sostituzione di impianti di climatizzazione con sistemi ibridi.

Verifichiamo ora come funziona l’incrocio (si vedano anche le schede a fianco redatte sulla base delle procedure Enea, agenzia delle Entrate e Gse) .

Ad esempio per l’acquisto di un condizionatore con pompa di calore, si può ricorrere sia al 50% che al 65% oppure, ancora, chiedere il contributo del conto termico. La scelta - apparentemente libera - è di fatto vincolata. Perché se il condizionatore viene inserito ex novo (senza sostituire un impianto esistente) l’ecobonus e il conto termico non possono essere usati. Così anche se l’impianto non è ad alta efficienza. Se l’impianto è ad alta efficienza, invece, a orientare la scelta è anche il criterio economico. L ’ecobonus e il 50%, infatti, permettono di recuperare una quota maggiore della spesa, ma in dieci anni. Con il conto termico il contributo può valere anche la metà rispetto al 65%, ma le spese si recuperano in un’unica soluzione a pochi mesi dalla fine dei lavori e senza inconvenienti di incapienza fiscale.

Da aprile, poi,il conto termico permette di effettuare i lavori e “scaricare” sull’impresa che li esegue l’onere di incassare l’incentivo legato all’intervento, in cambio di uno sconto equivalente sul prezzo di esecuzione (il «mandato irrevocabile di incasso»).

Per l’ecobonus, esiste la possibilità di cessione del credito a fornitori, altri soggetti privati e banche, ma solo per i soggetti incapienti e per i lavori condominiali agevolati al 65, 70 e 75 per cento. Proprio per disciplinare la cessione alle banche è intervenuto il provvedimento delle Entrate prot. 165110/2017 (si veda Il Sole 24 Ore del 29 agosto scorso). Al contrario, i condòmini non incapienti possono cedere solo il 70 e 75%, e mai alle banche e agli intermediari finanziari.

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