Fisco

Bonus 50%, si va verso la proroga

di Dario Acquaro

Un’agevolazione sostiene la spesa per l’impianto, l’altra quella per l’energia elettrica. Il binomio tra bonus fiscale e scambio sul posto è oggi l’unica leva “statale” a favore di chi vuol installare il fotovoltaico sul tetto di casa.

Dal punto di vista fiscale, a incentivare i pannelli domestici non è però l’ecobonus sulla riqualificazione energetica (che ora prevede uno “sconto” del 65%) perché – come affermato dalle Entrate con la risoluzione 207/E/2008 – questi sono «finalizzati alla produzione di energia elettrica e non alla riduzione del consumo per il riscaldamento invernale». Per il fotovoltaico (fino a 20 kW) vale invece l’altro tipo di detrazione, quella Irpef del 50% dedicata ai lavori di ristrutturazione. E che copre anche gli interventi di risparmio energetico realizzati senza opere edilizie, «con particolare riguardo all’installazione di impianti basati sull’impiego delle fonti rinnovabili di energia», come recita l’articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del Tuir che ha reso strutturale il bonus. Dunque anche il fotovoltaico «posto direttamente al servizio dell’abitazione dell’utente» (risoluzione 22/E/2013); utente che non deve certificare il valore del risparmio energetico derivante dall’impianto, ma solo conservare i documenti relativi all’acquisto e all’installazione. Nella nozione di impianto indicata dal Tuir rientra poi, in via interpretativa, anche il sistema di accumulo da abbinare al fotovoltaico.

La detrazione è sì strutturale, ma al 36%; e il livello del 50% – da ultimo prorogato con la legge di Stabilità 2016 per le spese sostenute fino al prossimo 31 dicembre (conta la data del bonifico “parlante”) – per non tornare al 36% necessita di un’ulteriore proroga, che governo e parlamento intendono comunque fissare nella legge di Bilancio, visto il positivo impatto sui conti dello Stato.

Il bonus agevola l’intero impianto, composto da pannelli e batterie. Ma se l’utente non prevede di installare un sistema di accumulo domestico, ha la possibilità di usare la rete come “storage virtuale”, grazie allo scambio sul posto. Cioè quel meccanismo, compatibile con la detrazione, che è governato dal Gse e tramite cui il proprietario di un impianto può immettere in rete l’energia elettrica prodotta ma non direttamente autoconsumata, per prelevarla in un momento diverso da quello in cui avviene la produzione (come nelle ore serali). In sostanza, si ottiene dal Gse una compensazione tra il valore dell’energia immessa e quello dell’energia prelevata: un “contributo in conto scambio” calcolato tenendo presenti le caratteristiche dell’impianto e le condizioni contrattuali di ciascun utente. L’energia immessa in rete viene rimborsata a un prezzo inferiore rispetto a quello pagato in bolletta per l’energia prelevata (il rimborso varia tra il 50 e il 70% del costo lordo).

Se questo è il quadro “nazionale”, qualcosa si muove anche a livello regionale. La Lombardia, dove c’è la maggior concentrazione di impianti (14,7% a fine 2015, secondo i dati del Gse), ha ad esempio lanciato un bando per sostenere l’installazione dei sistemi di accumulo legati al fotovoltaico (di potenza fino a 20 kW). Il contributo è concesso a fondo perduto fino al 50% delle spese, con un limite di 5mila euro per ogni intervento ammesso (la detrazione fiscale, nel caso, si applicherebbe solo alla parte di spesa lasciata scoperta dall’incentivo regionale). Il bando prevede una dote di 2 milioni di euro (eventualmente rifinanziabili) e si chiude il 31 dicembre 2016. Ma certo l’auspicio degli operatori è che sorgano altre iniziative di questo tipo da parte dalle amministrazioni locali.

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