Fisco

Per l’Imu e la Tasi vale l’esenzione

di Luigi Lovecchio

Con la legge di Stabilità 2016 (legge 208/2015), l’esenzione da Imu dell’abitazione principale è stata estesa alla Tasi. Questa estensione ha peraltro riguardato non solo l’abitazione principale “classica”, cioè quella in cui il possessore risiede, ma anche le altre fattispecie equiparate, per legge o per regolamento, a essa.

Più esattamente, l’esenzione trova applicazione in tutti le ipotesi indicate nell’articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011. Tra queste, rientra per l’appunto il caso dell’appartamento assegnato in sede di provvedimento giudiziale di separazione o divorzio. Ne consegue che, a decorrere dal 2016, l’immobile in questione è esente sia da Imu che da Tasi.

Vediamo, pertanto, quali sono gli ambiti oggettivo e soggettivo di riferimento.

Si evidenzia, in primo luogo, che secondo l’opinione prevalente l’esonero non opera per gli immobili di lusso. Tali sono quelli classificati nelle categorie catastali A1 (case signorili), A8 (ville) e A9 (castelli). In questa eventualità, va peraltro ricordato come, secondo l’articolo 4 del Dl 16/2012, la casa assegnata si considera in diritto di abitazione dell’assegnatario ai soli fini dell’Imu. La precisazione è rilevante, poiché il diritto vantato dall’assegnatario, nell’ordinamento civile, è qualificato come diritto personale di godimento, e non come diritto reale. Questo comporta che se l’ex casa coniugale è immobile di lusso, l’Imu dev’essere versata per intero dall’assegnatario, a prescindere dalle quote di possesso. Ai fini Tasi, l’equiparazione al diritto di abitazione non è prevista. Ne deriva che, sempre nel caso di immobile di lusso, la nuova imposta sui servizi indivisibili dev’essere versata secondo le regole ordinarie. Così, ad esempio, ipotizzando un immobile al 100% in proprietà del coniuge non assegnatario, la Tasi sarà versata per il 90% da questi e per il residuo 10% dall’assegnatario, salva diversa ripartizione decisa dal Comune. Se poi la casa è d’interesse storico, la base imponibile è ridotta alla metà per entrambi i tributi.

Nella generalità dei casi (immobile non di lusso), invece, l’esenzione ha carattere eminentemente oggettivo e prescinde del tutto, tra l’altro, dal requisito della residenza anagrafica del coniuge assegnatario.

Può inoltre verificarsi che l’immobile oggetto di assegnazione non sia in proprietà di nessuno dei due coniugi. Si pensi all’ipotesi in cui l’appartamento sia nella titolarità dei genitori di uno dei due e sia detenuto in comodato o, ancora, al caso della dimora coniugale detenuta in locazione. Al riguardo, il dipartimento delle Finanze, nella risoluzione 5 del 2013, ha affermato che il diritto di abitazione dell’assegnatario si estende anche ai caso di fabbricati detenuti in comodato. Diversamente, nell’ipotesi delle unità detenute in locazione, verificandosi il subentro dell’assegnatario nel contratto di affitto, tornano applicabili le regole ordinarie. Si ritiene che questi criteri siano validi anche al diverso fine di delimitare l’esonero da imposte. Ne consegue che sarà esente pure la dimora detenuta in comodato, mentre sconterà le imposte ordinarie l’unità abitativa utilizzata con contratti di affitto.

L’esenzione si estende alle pertinenze, con le limitazioni stabilite nella disciplina dell’Imu. In sostanza, si tratta al massimo di tre unità immobiliari, ciascuna appartenente a una diversa categoria catastale, tra C2, C6 e C7. Non sembra invece possibile applicare l’esonero qualora oggetto di assegnazione sia un immobile diverso da quello che costituiva la dimora coniugale. Si pensi all’ipotesi, pure plausibile, che uno dei coniugi metta a disposizione dell’altro un altro immobile dallo stesso posseduto. Stante la lettera della norma, i tributi dovrebbero essere applicati regolarmente.

Nessun rilievo ha infine la circostanza che il coniuge non assegnatario possieda una distinta unità immobiliare nello stesso comune, nella quale egli va a risiedere. In tale eventualità, infatti, si cumulerà l’esenzione per l’ abitazione principale “classica” a quella riferita all’unità assegnata dal giudice.

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