Fisco

La residenza cambia in tempo reale

di Umberto Fantigrossi

Chi volesse risolvere tutte le problematiche sulle relazioni tra le persone e il territorio leggendo le poche e chiare parole contenute nell’articolo 43 del Codice civile («Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi»; «La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale») sbaglierebbe. Intanto questa disposizione apre un intero titolo del Codice, né va dimenticato che questa disciplina ha una lunga storia. Sul piano di dottrina e giurisprudenza, poi, molte opinioni si sono confrontate sulla rilevanza della volontà della persona, riferita all’intenzione di costituire e mantenere in un luogo la sede generale dei propri affari ed interessi. Oppure sul tema della validità del criterio distintivo, un tempo molto seguito, tra residenza e domicilio, che deriva dal considerare la prima come questione di semplice fatto e la seconda come questione di diritto. Inoltre, sulla materia, completata da norme di procedura civile, di procedura penale e fiscali, domina il principio di rango costituzionale (articolo 16) della libertà di circolazione, di cui è una manifestazione il diritto, primario e insopprimibile, di fissare la residenza nel luogo che la persona ritenga più conveniente, e di trasferirla quando creda opportuno.

In sostanza, le discipline della residenza restano informate a princìpi generali, ma nel contempo sono separate e autonome. Ne consegue la non rilevanza assoluta, a fini civilistici o fiscali, delle risultanze anagrafiche, che hanno, in contesti diversi da quelli dei rapporti con la Pa, solo il valore di semplici presunzioni. Peraltro i poteri che ai Comuni sono conferiti in materia di anagrafe (e ai prefetti in sede di ricorso gerarchico) non sono tali da degradare la posizione degli interessati a semplici interessi legittimi, mantenendo la consistenza di diritti soggettivi, con la competenza, in caso di controversia, del giudice ordinario e non di quello amministrativo (Tribunale Milano, sezione I, 16 settembre 2013, n. 11522). Anche pronunce di Tar ribadiscono che «la residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, ossia dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rilevata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali» (di recente, Tar Latina, sezione I, 8 aprile 2015, n. 321).

La novità normativa più recente in materia è il “ cambio di residenza in tempo reale”, introdotto dal Dl 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 4 aprile 2012, n. 35. Per l’articolo 5, l’ufficiale di anagrafe ha due giorni lavorativi successivi alla ricezione della domanda per effettuare l'iscrizione anagrafica. Ciò permette di inquadrare il procedimento nell’istituto del silenzio–assenso (ex articolo 20 della legge 241 del 1990), con una sostanziale differenza: tramite l’iscrizione si anticipano gli effetti del comportamento silenzioso dell’amministrazione, che, solitamente, si producono allo scadere del termine di durata del procedimento. L’istante, ottenuta l’iscrizione, potrà già chiedere il certificato di residenza, lo stato di famiglia e la nuova carta d’identità. Il responsabile è tenuto, ex articolo 10-bis della legge 241/1990, a comunicare le ragioni ostative all’accoglimento, che solitamente scaturiscono da una irregolarità della domanda. La comunicazione interrompe i termini per concludere il procedimento (in questo caso i termini del silenzio- assenso), il cui conteggio ripartirà dalla presentazione delle osservazioni, o, in mancanza, allo scadere dei 10 giorni. Trascorsi 45 giorni senza comunicazione ex articolo 10-bis, quanto dichiarato si considera conforme alla situazione di fatto alla data della dichiarazione.

Infine, l’articolo 5 del Dl 47/2014, convertito con modificazioni nella legge 80/2014, prevede che «chiunque occupa abusivamente un immobile senza titolo non può chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi...». Per il rilascio del certificato di residenza si deve poter dimostrare, attraverso un titolo valido, il proprio diritto di proprietà, o di godimento, sull’immobile in questione. È una disposizione di dubbia legittimità, e che comunque piega la disciplina anagrafica a finalità ad essa estranee. D’altronde, la disciplina anagrafica farà presto i conti con l’accresciuta mobilità sociale e territoriale e con il fatto che ormai lo “stare” e l’“essere” dell’individuo si concretizzano forse più nella realtà digitale che in quella analogica: in questo contesto appare più importante disciplinare e tutelare un indirizzo di posta elettronica che uno di residenza.

Vorrei capire come si coordinano le varie discipline che - in sede civile e amministrativa - regolano la residenza delle persone. In particolare, chiedo se hanno una portata generale le novità recentemente introdotte dal legislatore in materia di cambio di residenza in tempo reale e di contrasto all’occupazione abusiva di immobili.

c.f. - reggio emilia

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