Condominio

La condomina che elimina l’autoclave, ristrutturando la casa, non può chiederne il ripristino al condominio

Trattandosi di impianto condominiale che lei aveva rimosso, è tenuta a ripristinarlo a sue spese se lamenta una scarsa pressione dell’acqua

di Selene Pascasi

Ciascun condomino ha il diritto di usare la cosa comune e la facoltà di apportarvi le modifiche necessarie ad un miglior godimento. Ma si tratta, appunto, di una facoltà e non di un obbligo per cui non potrà escludere gli altri dalla fruizione del bene. Del resto, le spese occorrenti per l'utilizzo delle parti comuni sono sostenute da tutti i partecipanti in proporzione al valore delle singole proprietà. Di conseguenza, in caso di impianto idrico comune, spettano al condominio i costi necessari a garantirne la fruizione all'intera compagine. Lo ricorda la Corte di appello di Taranto con sentenza 433 del 17 dicembre 2021.

La vicenda
Apre la controversia, la proprietaria di un'unità posta all'ottavo e nono piano. Con la ristrutturazione dell'immobile, ai tre vecchi impianti idrici veniva sostituito un nuovo unico impianto servito da una montante che traeva origine dal punto d'attacco ai serbatoi di accumulo comuni posti sul terrazzo. L'acqua, quindi, dai serbatoi arrivava alle utenze per effetto della gravità ma – per la breve distanza tra i serbatoi comuni e l'unità della signora – la pressione idrostatica, troppo bassa, nel punto di consegna (contatore) non le bastava per l'approvvigionamento idrico.

Fatto confermato dal consulente nel procedimento instaurato contro il condominio teso all'installazione a carico dei condòmini di una pompa con pressostato necessaria a dar pressione alla fornitura idrica della donna. Di qui, la richiesta al Tribunale di condannare l'ente di gestione a detta istallazione che il condominio contesta: era stata la stessa condomina, durante la ristrutturazione, ad eliminare l'impianto di autoclave al servizio della propria unità ed era lei a doverlo ripristinare. Tesi accolta dal giudice che boccia la pretesa della proprietaria. La questione arriva in appello ma la Corte respinge l'impugnazione.

L’intervento sull’impianto idrico e la ripartizione spese
Era pacifico che l'unità della signora fosse collegata ad una montante di proprietà comune (al suo servizio esclusivo) che si dipartiva dai serbatoi comuni di accumulo posti sul solaio del torrino del vano scale. Era stato anche accertato che il sistema di approvvigionamento idrico a caduta non permetteva un sufficiente approvvigionamento idrico in favore della condomina. In primo grado, però, non ritenendosi l'installazione con pressostato all'impianto comune un'innovazione ma un semplice accorgimento per trarre utilità del singolo nell'uso della cosa comune, se ne sanciva la spettanza alla donna. Decisione errata, secondo la Corte.

L'articolo 1102 del Codice civile, spiega, riconosce al singolo il diritto all'uso della cosa comune e anche la facoltà di apportavi le modifiche necessarie al miglior godimento. Questa ultima, però, è una facoltà, non un obbligo e, soprattutto, non esclude il dovere del condominio di rendere fruibile il bene comune a tutti. Non a caso, le spese necessarie per il godimento delle parti comuni spettano ai condòmini in misura proporzionale al valore delle singole proprietà. In caso di impianto idrico comune, perciò, il condominio dovrà sostenere i costi necessari perché tutti i partecipanti, appellante inclusa, possano usufruirne.

Conclusioni
Tuttavia, dalle prove assunte in sede cautelare e dalla documentazione prodotta, emergeva che era stata proprio lei, ristrutturando l'appartamento, a far eliminare l'autoclave che dava pressione all'acqua. L'autoclave, insomma, pur collegata all'impianto idrico condominiale e funzionale all'approvvigionamento di acqua da tale impianto, era divenuta parte integrante dell'impianto idrico condominiale a seguito di una modifica della cosa comune non più separabile senza perdita di funzionalità.

In altre parole, la ricorrente non poteva più pretendere dall'ente il ripristino dell'impianto idrico comune che lei stessa aveva reso non funzionale all'approvvigionamento della propria unità. Anzi, era tenuta a ripristinarlo, come risarcimento, non potendo eseguire opere nella sua proprietà danneggiando un bene comune (nella vicenda, mediante la rimozione dell'autoclave parte dell'impianto idrico condominiale). Per queste ragioni, la Corte di appello di Taranto respinge l'impugnazione.

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