Condominio

I familiari del portiere devono lasciare l’appartamento condominiale in caso di decesso del lavoratore

L’alloggio infatti costituisce parte della retribuzione nonché una prestazione accessoria al rapporto di lavoro

di Luana Tagliolini

Aver abitato, con il portiere, l'appartamento che sin dall'origine del contratto di lavoro ne aveva legittimato la titolarità del diritto di abitazione, non costituisce un titolo per prolungare la detenzione dopo la cessazione del servizio di portierato.
Queste le conclusioni del Tribunale di Roma (sentenza 5306/2022) alla richiesta del condominio di accertare l'occupazione senza titolo da parte dei familiari del portiere dell'immobile già adibito ad alloggio del portiere sito nello stabile condominiale e di condannarli al rilascio nonché al risarcimento del danno da occupazione.

La vicenda
Poco tempo dopo il decesso, l'assemblea aveva deliberato di sopprimere il servizio di portierato e intimato ai convenuti di rilasciare l'immobile decorsi i quattro mesi di permanenza.Questi ultimi, invece, erano rimasti ancora ad occupare l'immobile, nonostante vari tentativi di soluzione bonaria, inclusa la mediazione, senza nulla pagare. Gli occupanti chiedevano il rigetto di tutte le domande ed eccepivano, tra l'altro, che la competenza per la causa era del giudice del lavoro e si sarebbe dovuto adottare il relativo rito processuale.

Chiariva il Tribunale che, come confermato da altra giurisprudenza di merito, la fruizione dell’alloggio concesso in godimento al portiere/custode dello stabile costituisce parte della retribuzione per il servizio di portierato nonché una prestazione accessoria al rapporto di lavoro - e non un autonomo rapporto di locazione - pertanto esso cessa con la risoluzione del rapporto di lavoro o con la sua estinzione per morte della parte lavoratrice (Tribunale Milano, 06 dicembre 2016).

Nessuna permanenza nell’appartamento se è cessato il servizio
La circostanza che i familiari abbiano abitato l'appartamento sin dall'origine del contratto di lavoro che ne ha legittimato la titolarità del diritto di abitazione non costituisce un titolo per prolungare la detenzione dopo la cessazione del servizio di portierato e il richiamo al contratto collettivo di lavoro, per giustificare la richiesta di rilascio dell'immobile rivolta agli odierni convenuti, non vale ad attrarre la situazione dell'immobile nella materia giuslavoristica ma, semplicemente, a riconoscere ai convenuti il diritto a quattro mesi di permanenza nell'immobile, dopo il decesso dell'ex portiere e il diritto ad un'indennità una tantum in caso di rilascio entro il suddetto termine.

Irrilevante, poi, che la risoluzione del detto contratto non era stata comunicata ai convenuti, giacché la risoluzione/estinzione era avvenuta a causa della morte del lavoratore e aveva riguardato il rapporto di lavoro di cui era parte costui e non i convenuti i quali erano stati informati per il venir meno del titolo di godimento e per lasciare l'immobile entro un quadrimestre. Il Tribunale, pertanto, condannava i convenuti a rilasciare l'immobile oggetto di causa e, stante la funzione sua alloggiativa, a risarcire, alla parte attrice, il danno patrimoniale come quantificato in corso di causa.

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