Condominio

Invalida la delibera assunta con maggioranza delle teste non accompagnata da quella millesimale

In seconda convocazione era capitato che i dissenzienti rappresentassero un valore millesimale superiore a quello espresso dai favorevoli

di Roberto Rizzo

Il principio sancito dal terzo comma dell'articolo 1136 Codice civile, secondo il quale la deliberazione dell'assemblea condominiale, in seconda convocazione, è valida se adottata con un numero di voti che rappresenti, oltre che la maggioranza dei partecipanti, almeno un terzo del valore dell'edificio, deve essere inteso nel senso che coloro che hanno votato contro l'approvazione non devono rappresentare un valore di proprietà maggiore rispetto a quelli che hanno votato a favore.

L'articolo in questione, infatti, privilegia il criterio della maggioranza del valore dell'edificio quale strumento principe per tutelare al meglio le esigenze condominiali, alla cui stregua valutare la validità delle decisione prese dal consesso assembleare.Con questa motivazione, che richiama espressamente il consolidato orientamento espresso sul punto dalla Cassazione ( 25558/2020), la Corte d'appello di Catanzaro, con la sentenza 460 del 28 aprile 2022, ha rigettato il gravame proposto da una condòmina.

La vicenda
Quest'ultima, impugnando la sentenza del Tribunale di Catanzaro che ne aveva disconosciuto le ragioni, ha contestato la legittimità di una delibera avente ad oggetto l’affidamento di un incarico ad un tecnico per verificare la stabilità e la funzionalità di un muro di sostegno.In particolare, l'attrice deduceva nel merito che l’assemblea condominiale avesse erroneamente conferito il mandato in oggetto, adottando la determina relativa con una maggioranza di 400 millesimi, non tenendo nel debito conto il proprio voto contrario, nonostante essa fosse proprietaria di immobili per un valore millesimale pari a 600 su mille dell'intero stabile.

A seguito della costituzione del condominio appellato, la Corte distrettuale decideva accogliendo l'impugnazione proposta, chiarendo, altresì, limiti e portata interpretativa del principio sotteso all'articolo 1136 del Codice civile, che presiede alle deliberazioni dell'assemblea (anche) in seconda convocazione.Osserva, al riguardo, il giudice d'appello, richiamando la consolidata interpretazione che la Cassazione fornisce della norma in oggetto, che la disciplina del funzionamento dell’assemblea condominiale è contenuta nell’articolo 1136 Codice civile e negli articoli 66 e 67 delle disposizioni attuative Codice civile.

Il principio maggioritario
Tali disposizioni, che hanno natura inderogabile, impongono che la materia vada disciplinata in base al principio maggioritario, secondo il quale il numero dei condòmini che hanno votato a favore di una determinata delibera, e l’entità degli interessi che essi rappresentano, devono essere superiori, in termini millesimali, al numero (ed al valore millesimale di proprietà) dei condòmini dissenzienti.Pertanto, affinché la deliberazione di seconda convocazione si intenda approvata (con salvezza di quorum qualificati e predeterminati per legge), non basta che essa riporti il voto favorevole di un terzo dei partecipanti al condominio, ma occorre che i condòmini che hanno votato contro l’approvazione non rappresentino un valore (proporzionale) proprietario maggiore rispetto a coloro che hanno votato a favore.

Ciò in quanto, come detto, l’intero articolo 1136 Codice civile privilegia il criterio della maggioranza del valore dell’edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali e tutelare appieno il valore della proprietà dei partecipanti al voto.Ne consegue, quindi, che il raggiungimento della prescritta maggioranza delle teste, ove non accompagnato contestualmente dal conseguimento della (prevista) maggioranza millesimale, non è sufficiente a consentire di ritenere rispettate i quorum necessari per l’approvazione in seconda convocazione.

Conclusioni
Ed è proprio quello che si è verificato nel caso di specie, ove la delibera impugnata è stata approvata con 400 millesimi, ma la parte appellante era, da sola, proprietaria di un valore superiore pari a 600 millesimi.D'altra parte, diversamente argomentando, si conferirebbe, ai fini dell'approvazione delle delibere, una rilevanza maggiore al numero dei votanti rispetto al valore che essi rappresentano, e ciò non trova alcun fondamento giuridico nel disposto dell'articolo 1136 Codice civile che appare, invece, ispirato al principio opposto (Cassazione 6626/2004).Per le ragioni esposte, dunque, l'impugnazione viene accolta, la delibera annullata e le spese di lite liquidate, secondo il principio della soccombenza, in favore dell'appellante.

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