Condominio

Improcedibile la revoca giudiziale dell'amministratore in assenza di preventiva assemblea?

Si ritiene che il coinvolgimento degli altri condòmini sia limitato a casi specifici di particolare gravità

di Fulvio Pironti

Un recente indirizzo interpretativo ritiene che il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore sia sottoposto a condizione di procedibilità. Ciò desta non poche perplessità in quanto stravolge il dato normativo espresso dal riformato articolo 1129, comma 11, Codice civile.

L'ordinanza del Tribunale di Vasto, pubblicata il 14 marzo 2022, rappresenta l'ennesimo tassello giurisprudenziale del discutibile orientamento. Il decidente ha rilevato preliminarmente che «l'istanza di revoca giudiziaria dell'amministratore di condominio non risulta essere preceduta dalla convocazione dell'assemblea che deve pronunciarsi su tale revoca». E «per tale motivo appare sussistere un profilo di improcedibilità della domanda».

I precedenti
L'assunto si avvita sul tronco inaugurato dai decreti camerali emessi dal Tribunale di Asti (18 agosto 2017 in prime cure) e dalla Corte di appello di Torino (5 dicembre 2017 in sede di reclamo) secondo i quali il ricorso per la revoca giudiziaria dell'amministratore è improcedibile quando non sia stato preceduto dalla convocazione dell'assemblea che si pronuncia sulla richiesta di destituzione dall'ufficio gestorio. È, dunque, necessario convocare preventivamente l'assemblea per discutere e deliberare la revoca e, solo nel caso in cui la richiesta dovesse essere disattesa, il condomino potrà intraprendere la strada giudiziale. Le pronunce ravvisano nell’articolo 1129, comma 11, Codice civile la condizione di procedibilità per qualsiasi ipotesi di revoca giudiziale imponendo al condomino che intenda agire l'onere dimostrativo del previo coinvolgimento dell’assemblea.

L'improcedibilità
È noto che l'improcedibilità impedisce il vaglio dell'atto introduttivo. Perciò la sua pronuncia determina l'impossibilità per il giudice camerale di esaminare il merito della controversia dovendo limitarsi a concludere il procedimento in rito (ovvero mediante pronuncia processuale). Ciò si verifica quando il procedimento di revoca dell'amministratore non può proseguire perché, sebbene efficacemente incardinato, il ricorrente ha pretermesso il compimento di un atto antecedente all'avvio della fase giudiziale.

L'improcedibilità della domanda, la cui rilevabilità è d'ufficio, è, in definitiva, la conseguenza sanzionatoria di un comportamento procedurale omissivo scaturente dal mancato compimento di un atto. Per l'appunto, il non aver preventivamente posto l'assemblea in condizione di valutare la richiesta di revoca esprimendosi al riguardo.

L'introduzione del comma 11 nell'articolo 1129 Codice civile
La revoca giudiziale trova la ragion d'essere nella necessità di verificare l’operato gestionale dell'amministratore sulla base delle irregolarità normate. Ciò consente l’intervento giudiziale prescindendo dal coinvolgimento dell’assemblea. Infatti, quest'ultima potrebbe ledere l'interesse del condomino proponente valutando blandamente le inadempienze dell’amministratore e finendo con il non revocarlo.

Il comma 11 del rinnovellato articolo 1129 Codice civile sancisce che, nelle ipotesi di gravi irregolarità i condòmini possono chiedere, anche singolarmente, l'indizione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato gestorio. L'articolato, inoltre,dà facoltà a ciascun condomino, in caso di mancata revoca da parte della compagine assembleare, di poter adire l’autorità giudiziaria soggiungendo che, in caso di accoglimento della domanda, potrà rivalersi per le spese legali nei riguardi del condominio (il quale a sua volta si rivarrà verso l’amministratore revocato).

Improcedibilità della revoca, due correnti di pensiero
Una linea di pensiero, nella quale rientrano i provvedimenti dianzi richiamati, sostiene che la condizione di procedibilità sia estesa a tutte le fattispecie di irregolarità. Altra interpretazione, invece, ritiene che soltanto nell'ultima previsione del comma 11 si annida la condizione di procedibilità della revoca giudiziaria in relazione alle gravi irregolarità fiscali e alla mancata apertura del conto corrente restando immutata la facoltà dei condòmini di ricorrere direttamente al tribunale camerale in ogni altra ipotesi.

Dunque, la rinnovellata stesura dell'articolato per taluni sembrerebbe aver introdotto la condizione di procedibilità solo per le due anzidette ipotesi: in tali fattispecie si renderebbe necessaria la previa convocazione dell’assemblea perché discuta e deliberi sulla istanza di revoca avanzata anche da un solo condomino. Entrambe le soluzioni non convincono.

Analisi del dato normativo e sua interpretazione letterale
La disposizione normativa va interpretata principalmente dal versante letterale, non potendosi attribuire al testo altro senso se non quello palesato dal significato delle parole secondo la loro connessione. Pertanto, nell'ipotesi in cui l'interpretazione letterale di una norma sia sufficiente a individuare, in modo chiaro e univoco, significato e valenza precettiva, l'interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario in particolare se, mediante tale procedimento, può pervenirsi al risultato di modificare l'originario spirito della norma impresso dal legislatore.

Ciò premesso, analizzando la norma (comma 11) con la lente interpretativa letterale ci si avvede che il singolo condomino è - contrariamente a quanto rileva il decidente vastese e la giurisprudenza entro cui il provvedimento si innesta - immediatamente legittimato a poter ricorrere al giudice camerale per conseguire la revoca dell’amministratore senza alcuna necessità di dover coinvolgere preventivamente l’organo assembleare. Tanto, è bene rimarcarlo, per tutti i motivi di revoca. Pertanto, nessuna condizione di procedibilità è ravvisabile. La natura del decreto camerale, i presupposti tipizzati per azionare la revoca e, soprattutto, l'analisi letterale dell'articolato escludono la ipotizzata condizione di procedibilità.

La differente previsione in caso di nomina
Differente, invece, è il procedimento di nomina dell’amministratore giudiziario laddove l’articolo 1129, comma 1, Codice civile condiziona l'azione alla inconcludenza assembleare tant'è che la dicitura «se l’assemblea non vi provvede» è inequivoca sulla imprescindibile necessità di adunare l'assemblea prima di adire il magistrato camerale. La lettura offerta dal provvedimento del Tribunale di Vasto non trova alcuna plausibile giustificazione che possa adombrare l'opposta linea argomentativa.

Al condomino che non si avvale del diritto di chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore per qualsiasi irregolarità non è impedito il ricorso innanzi al tribunale camerale.D'altra parte il nitido tenore letterale della norma non lascia trasparire dubbiezze interpretative sulla natura facoltativa della richiesta di convocazione che il singolo condomino può effettuare in presenza dei due casi di gravi irregolarità: il predicato adottato dal legislatore, «possono», non può essere soppiantato da un inesistente «devono» per cui nessun onere di convocazione dell’assemblea grava sul condomino prima di azionare la revoca giudiziale.

L’azione del singolo condomino
Immaginare di poter sostituire «possono» con «devono» equivarrebbe a snaturare il significato della norma e a tradire l'intenzione del legislatore. In realtà la norma prevede la facoltà del condomino di ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere la revoca rifiutata dall’assemblea e sanziona il condominio imputandogli le spese processuali in caso di esito favorevole. Poiché le due ipotesi di revoca sono state considerate maggiormente gravi, il legislatore ha previsto il coinvolgimento della compagine comproprietaria affinché assuma i provvedimenti immediati e necessari tesi alla cessazione della violazione.

La revoca dell’amministratore in via giudiziale non risolverebbe rapidamente le conseguenze delle gravi violazioni tributarie le quali, incidendo su aspetti economici, abbisognano di immediati approcci risolutivi. La norma faculta il singolo condomino a fare indire, in alternativa alla diretta azione giudiziaria (pur sempre ammissibile), l'assemblea che, bypassando le dilatate temporalità giudiziarie, appresti celermente i rimedi nell'intento di evitare conseguenze deleterie. È verosimile ritenere che la previsione si inquadri in una ottica deflattiva diretta alla compressione di litigiosità dirompenti.

Conclusioni
In definitiva, in tutti i casi di revoca e, a maggior ragione, nelle due ipotesi di gravi irregolarità, non è rinvenibile alcuna condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria. La novella riformatrice introduce, tutt'al più, una fortificata tutela in favore del condomino il quale dispone di un ulteriore strumento per sensibilizzare una corretta gestione del bene comune evitando lentezze e costi del procedimento giudiziario. Pertanto, potrà sempre agire direttamente per ottenere la revoca giudiziaria dell’amministratore.

Solo nei due casi indicati dalla norma, potrà domandare la convocazione per conseguire un deliberato con cui la compagine acquisirà consapevolezza della grave violazione e destituisca l’amministratore. Ferma la permanenza del diritto di adire il tribunale camerale in presenza di contraria decisione assembleare (ottenendo rivalsa delle spese processuali all'esito di un provvedimento favorevole).

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