Condominio

La condanna del condominio al risarcimento danni può influire sulle trattative di vendita dell’immobile

Consentito il recesso di una parte quando l’inadempimento dell’altra sia colpevole e di non scarsa importanza

di Rosario Dolce

Celare le cause che coinvolgono il condominio e la conseguente condanna al risarcimento del danno in sede di compromesso può essere in grado di risolvere il rapporto precontrattuale ed essere foriero di danno, ma solo ove sia apprezzabile l'alterazione dell'equilibrio negoziale tra le parti. Ciò è quanto emerge da una intricata vicenda appena definita dalla Corte di appello di Palermo con la sentenza 510 del 28 marzo 2022, dietro riassunzione con rinvio dalla corte di Cassazione.

I fatti
Succedeva che il promissario acquirente di un immobile sito all'interno di un condominio si avvedeva, poco prima della stipula del definitivo rogito, che il condominio fosse stato condannato per circa settemila euro, in una causa che lo coinvolgeva, e che la quota che gravava in capo alla propria unità immobiliare fosse di due mila euro circa, ragione per cui agiva in giudizio per liberarsi dal vincolo precontrattuale e chiedere la restituzione del doppio della caparra.

L'azione, in quanto tale, ha avuto esiti alterni: in primo grado è stata rigettata mentre in secondo grado, per quanto si apprende, è stata accolta, salvo poi ritornare avanti allo stesso giudice di appello dietro rinvio da parte della Cassazione e previa enunciazione del principio di diritto conseguente: il quale faceva leva di valutare l'entità del pregiudizio effettivo subito dal promissario acquirente per liberarlo dell'obbligazione contrattuale assunta.

La condotta impropria dei venditori
La Corte, in particolare, ha indicato al giudice del rinvio la necessità di interrogarsi sulla gravità della condotta dei promittenti venditori alla stregua del contenuto effettivo della condanna subita dal condominio a conclusione del giudizio che essi avrebbero sottaciuto ai promittenti acquirenti, considerata tuttavia, tale condanna non nel suo ammontare complessivo, ma per la porzione destinata a gravare sull'immobile oggetto del preliminare, pari a € 2.000,00.Invero, tutta la controversia si interponeva in ordine alla valutazione della fattispecie di cui all'articolo 1385 Codice civile, rubricato «caparra confirmatoria», in relazione alla previsione di cui all'articolo 1455 Codice civile.

Il recesso, in tali termini normativi, costituisce uno speciale strumento di risoluzione di diritto del contratto, collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, analogo a quelli previsti dagli articoli 1454, 1456 e 1457 Codice civile , che ha in comune con la risoluzione giudiziale non solo i presupposti (l’inadempimento di non scarsa importanza della controparte), ma anche le conseguenze (la caducazione degli effetti del contratto)».

Il recesso per inadempimento
La disciplina dettata dal secondo comma dell’ articolo 1385 Codice civile, in tema di recesso per inadempimento nell’ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso di una parte solo quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente. Pertanto, nell’ indagine sull’inadempienza contrattuale da compiersi al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con il proprio comportamento, l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio (Cassazione 12549/2019 e, in termini, Cassazione 27491/2019).

Conclusioni
Orbene, considerato che l’articolo 1455 Codice civile esprime una regola di proporzionalità tale per cui la risoluzione del vincolo contrattuale si collega all’inadempimento di obbligazioni capaci di alterare «il nesso di interdipendenza che lega le obbligazioni assunte mediante il contratto» (Cassazione 3455/2020), deve considerarsi grave l'inadempimento che quantitativamente o qualitativamente abbia compromesso l'equilibrio tra le controprestazioni impedendo alla controparte di conseguire l'utilità che si attendeva dal contratto.

In questi termini, il netto divario che separa l'importo del debito gravante sugli acquirenti (€ 2.000,00, peraltro in solido con la parte venditrice ex articolo 63 comma II disposizioni attuative Codice civile nel testo vigente all'epoca in cui si riferiscono i fatti per cui è causa), dal prezzo convenuto per la cessione, € 126.531,94 è stato ritenuto obiettivamente indicativo della scarsa rilevanza dell'inadempimento imputato ai promittenti venditori, da cui il rigetto della domanda dei promissari acquirenti in ordine alla liberazione dal vincolo contrattuale assunto e la conseguente condanna alla restituzione del doppio della caparra ricevuto, nonché delle spese legali frattanto maturate.

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