Condominio

Casa, l’effetto guerra e inflazione frena il mercato ma non i prezzi

Anche il sistema bancario attuerà politiche di irrigidimento dei criteri di erogazione del credito, in seguito all’indebolimento delle famiglie

 Case in centro città. Qui i prezzi sono saliti del 3,2% negli ultimi mesi dello scorso anno

di Paola Dezza

È durato poco il respiro di sollievo in tema di vendite di case in Italia. Il Covid non ha frenato il mercato, dopo le prime settimane di shock, anzi ha spinto a cambiare casa per avere più spazio, spesso esterno, e magari una seconda abitazione per lunghi fine settimana. Ma nel giro di poco tempo gli scenari economici si sono complicati a causa delle tensioni legate alla guerra in Ucraina.

«L’aumento del prezzo delle materie prime e la spinta inflazionistica sono certezze con cui faremo i conti e che potrebbero contribuire a rallentare la crescita dell’economia - dice Fabiana Megliola, responsabile ufficio studio di Tecnocasa -. Non sono attesi importanti cambiamenti sul mercato creditizio e i tassi resteranno contenuti. A livello di volumi per il 2022 si prevede una lieve flessione: saranno vendute circa 730mila (tra meno -3% e -1% rispetto al 2021), le quotazioni dovrebbero aumentare tra +2% e +4 per cento.

Meno ottimista l’Osservatorio Nomisma presentato in settimana, nel quale sono state riviste al ribasso le previsioni per il triennio 2022-2023 e 2024. Per lo scenario avverso, che ormai sembra il più probabile dato il prolungarsi della guerra in Ucraina e l’acuirsi della crisi economica, le previsioni sono più fosche con scambi che scenderanno a 694mila unità (-7,3%) nel 2022, per calare ancora a quota 651mila nel 2023. «Parallelamente, anche il sistema bancario attuerà politiche di irrigidimento dei criteri di erogazione del credito, in seguito all’indebolimento delle famiglie sia sul fronte occupazionale, a causa delle ripercussioni della crisi sulle imprese, sia in termini di potere di acquisto, indebolito dall’aumento del costo della vita - recita il report -. A tale riguardo, sarebbe auspicabile che le istituzioni monetarie europee rivedessero le scelte di rialzo dei tassi di interesse verso cui si stavano orientando, in modo da venire incontro alle esigenze di famiglie e imprese preservando favorevoli condizioni economiche di accesso al credito». Anche nello scenario “inerziale”, valido fino a qualche settimana fa, Nomisma prevedeva compravendite sotto della soglia delle 700mila unità per tutto il triennio di previsione. Numeri che però vanno letti alla luce del boom del 2021 e quindi da registrare come dati di un mercato che ha saputo recuperare strada: 749mila compravendite con una crescita del 34% rispetto al 2020 e del 24% rispetto al 2019. Nella seconda parte del 2021 si è registrato un timido ritorno all’investimento, confermatosi anche in questi primi mesi del 2022.

E i prezzi? C’è chi si è lanciato all’acquisto, soprattutto in alcune grandi città dove le quotazioni hanno ripreso a salire. «Le grandi città hanno registrato un recupero dei prezzi dell’1,8%, i capoluoghi di provincia dell’1,9% e l’hinterland delle grandi città dell’1,3%» dice Megliola.

Tra le metropoli bene Milano, che si conferma ancora una volta la realtà più dinamica con una crescita dei prezzi del 4,6%, seguita da Firenze e Bari che mettono a segno un recupero del 3,2%. Genova è l’unica tra le grandi città a tornare nuovamente in territorio negativo (-2,4%). Ancora una volta le zone periferiche ottengono risultati migliori rispetto a quelle semicentrali e centrali. Anche l’hinterland delle grandi città continua ad attirare acquirenti sia in seguito all’aumento dei prezzi in corso nelle metropoli e sia per l’offerta abitativa presente (soluzioni di nuova costruzione e soluzioni indipendenti). Bene la provincia di Verona (+3,2%) grazie al traino delle località turistiche e quella di Firenze (+3,7%).

Rispetto a luglio 2021 si nota un maggiore interesse per i monolocali e bilocali, anche per investimento. La maggiore concentrazione della disponibilità di spesa si rileva nella fascia più bassa, fino a 120mila euro (24,6%). Si registra però un aumento più marcato della percentuale di chi desidera spendere da 170 a 349mila euro.

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