Condominio

I mercoledì della privacy: il principio di riservatezza in mediazione coinvolge anche l'amministratore

La prassi prevede la redazione di un verbale di accordo la cui efficacia è sospesa in attesa di accettazione dell’assemblea condominiale

di Carlo Pikler - Centro studi Privacy and Legal Advice

Il principio della riservatezza nella procedura di mediazione è particolarmente rilevante nella prospettiva del buon esito del tentativo di conciliazione, perché libera le parti dal timore che, eventuali disponibilità su informazioni percepite durante la procedura, possano essere strumentalizzate in un successivo giudizio. La norma di riferimento è il Dlgs 28/2010 che dedica due articoli al principio di riservatezza della procedura di mediazione.

I due articoli sulla riservatezza
Il primo è l'articolo 9 rubricato «Dovere di riservatezza», che impone sia l'obbligo di riservatezza per chiunque partecipi o presti la propria opera nell'ambito del procedimento di mediazione, sia, al secondo comma, la riservatezza del mediatore rispetto alle dichiarazioni ed alle informazioni acquisite nel corso delle sessioni separate.Il secondo è l'articolo 10 intitolato «Inutilizzabilità e segreto professionale», che nella prima parte dispone come le dichiarazioni rese o le informazioni acquisite nel corso del procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente il medesimo oggetto anche parziale, iniziato, riassunto o proseguito dopo l’insuccesso della mediazione, salvo consenso della parte dichiarante o dalla quale provengono le informazioni. Sul contenuto di queste stesse dichiarazioni e informazioni poi non è neppure ammessa né la prova testimoniale né il giuramento decisorio.

Stesse regole per la verbalizzazione
Anche la verbalizzazione dell'esito della procedura di mediazione deve necessariamente uniformarsi a questo principio. L'amministratore o l'avvocato del condominio, così come la controparte, infatti, non possono richiedere la verbalizzazione scritta di ogni fase del confronto e, in particolare, delle rispettive proposte ed eccezioni in quanto l'inserimento di informazioni ulteriori rispetto al semplice esito positivo/negativo o eventuale rinvio, contrastano con il principio di riservatezza sancito dagli articoli 9 e 10 del Dlgs 28/2010. Per giunta, non avrebbe alcun senso verbalizzare informazioni che risulterebbero poi inutilizzabili in sede di giudizio.

Il verbale della procedura di mediazione, quindi, per essere correttamente redatto, deve seguire le indicazioni previste dall'articolo 8 della legge 28/10 secondo cui: «il procedimento si svolge senza formalità». Sul punto, le indicazioni fornite dall'articolo 11 della legge di riferimento devono ritenersi sufficientemente esaustive, posto che prevede: «Se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell'accordo.La proposta di conciliazione è comunicata alle parti per iscritto…… la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento. … Se la conciliazione non riesce il mediatore forma processo verbale con l'indicazione della proposta; …. nello stesso verbale il mediatore dà atto della mancata partecipazione di una delle parti».

Se si raggiunge o meno l’accordo
Leggendo combinatamente queste disposizioni ne discende che la formulazione scritta del verbale è prevista solo al termine del tentativo di conciliazione. In caso di accordo questo dovrà essere allegato al verbale, in caso di mancato accordo, se presente, il verbale dovrà dare atto della proposta formulata dal mediatore, espressamente escludendo riferimenti alle dichiarazioni rese nel corso del procedimento. Infine, in caso di mancata partecipazione di una o più parti il verbale dovrà darne informazione. Ne discende che il verbale di mediazione deve limitarsi a riportare informazioni limitate, ed esclusivamente riferibili alle suddette previsioni. In particolare, il verbale di mancato accordo, salvo che sia intervenuta proposta del mediatore, dovrà limitarsi a certificare che le parti non hanno raggiunto accordo.

Le modalità in condominio
Il principio di riservatezza comporta particolari modalità procedurali quando una delle parti è un condominio. Come noto l'amministratore condominiale non ha il potere di impegnare il condominio in una transazione che, invece, dovrà essere accettata dall'assemblea dei condòmini. Ciò comporta che, in parziale violazione del principio di riservatezza, dovrà rappresentarsi, al di fuori delle sale protette dell'organismo, lo stato delle trattative prima che queste giungano ad un accordo e senza sicurezza che ciò accada.La prassi adottata nei principali organismi prevede la redazione di un verbale di accordo la cui efficacia è sospesa in attesa di accettazione da ambo le parti.

In presenza di espressa disponibilità dell'altra parte (la parte diversa dal condominio) l'accordo può essere subordinato al solo consenso del condominio. Quando ragioni di opportunità lo richiedano, o quando lo richieda una delle parti, può procedersi con la formalizzazione, da parte del mediatore, di una proposta che rispecchi il contenuto dell'ipotesi di accordo emersa nel confronto tra la parte e l'amministratore di condominio. In tal modo la proposta verrà portata all'attenzione dei condòmini senza che sia formalizzata alcuna preventiva disponibilità della controparte.

I dati che emergono in mediazione
Altro aspetto delicatissimo in cui la normativa sul trattamento dei dati personali va ad interfacciarsi con la mediazione lo si ha analizzando il diritto da parte dell'amministratore di condominio di trattare i dati diversi dall'anagrafica condominiale che emergeranno in corso di mediazione. Da qui la necessità di consegnare una corretta informativa ai condòmini che vada a perfezionare il diritto a rappresentare il condominio in quelle sedi, prevedendo la possibilità, per finalità connesse ai tentativi di conciliazione, di trattare dati ulteriori rispetto a quelli relativi alla gestione ordinaria.

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