Condominio

Non viola le norme sulle distanze la tenda da sole amovibile di materiale simil plastico

Va verificato però che non tolga luce e aria all’appartamento vicino

di Selene Pascasi

Niente deroga, nei condomìni, alle regole sulle distanze imposte dal Codice civile. Il giudice, però, di volta in volta, potrà valutare se le tale disciplina debba essere rispettata tenendo conto della struttura dell'edificio, dello stato dei luoghi e dei diritti dei singoli alla luce di una serena convivenza. Lo ricorda il Tribunale di Roma con sentenza 16787 del 27 ottobre 2021.

La vicenda
È una proprietaria a citare due condòmini lamentando la violazione delle norme sulle distanze nelle costruzioni mediante il posizionamento di un infisso di legno, non mobile, composto da travi di grandi dimensioni tra il suo terrazzo e quello dei convenuti. In particolare, spiega al giudice, si trattava di una tenda di materiale simil plastico che – restando sempre aperta – copriva quasi per intero il suo terrazzo sottraendo aria e luce ed ostacolando la veduta. Peraltro, la struttura lignea era stata istallata a sua insaputa. Di qui, la richiesta di un risarcimento di circa 5 mila euro. Domanda respinta.

Le regole sulle distanze sono relative alle costruzioni
L'articolo 907 del Codice civile, precisa il Tribunale, si occupa di distanze tra costruzioni e vieta di costruire a meno di tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo vicino. Disposizione, dedicata soltanto alle costruzioni, che tuttavia può interpretarsi in maniera estensiva fino ad applicarla anche a manufatti che per morfologia possano ledere il diritto di veduta. Situazione ipotizzabile, in astratto, anche per le tende da sole se di dimensioni tali da impedire il passaggio della luce ed ostruire la vista. Orientamento operante, poi, anche con riguardo ai singoli appartamenti siti in stabili condominiali.

L'articolo 1102 del Codice civile sull'uso della cosa comune, infatti, non deroga alle norme sulle distanze lasciando il giudice libero di accertare, via via, se pretenderne o meno il rispetto vista la struttura dell'edificio, lo stato dei luoghi ed i diritti spettanti ai singoli. Ciò, sia inteso, contemperando gli interessi di più proprietari ai fini sperati di una pacifica convivenza. Ecco che, prima di offrire tutela al diritto di veduta, è imprescindibile indagare sulla concreta idoneità dell'opera del vicino ad ostacolarne l'esercizio, valorizzando la finalità della norma di assicurare al titolare del diritto una quantità sufficiente di aria e luce.

Pesa la riduzione di aria e luce
Ebbene, nella vicenda, a rilevare non era tanto la modalità di utilizzo della tenda ed il tempo che restava aperta – rilevante, al più, come fastidio ed atto emulativo – quanto, piuttosto, la tangibile idoneità del manufatto a ridurre la quantità di luce e di aria di cui godeva l'alloggio dell'attrice prima della modifica. Ma incombeva a lei l'onere di dimostrare sia tale idoneità che l'incidenza dell'opera sul ridotto passaggio di luce ed aria. Prova non fornita e non demandabile né alla consulenza tecnica (che è semplice strumento di ausilio del giudice per interpretare le allegazioni delle parti) né a testimoni occorrendo un vaglio oggettivo delle circostanze. Ad ogni modo, neanche il tecnico aveva reso una descrizione dettagliata dei luoghi e del manufatto nel senso prospettato dalla donna e le immagini non mostravano la proiezione di ombra sul terrazzo. Inevitabile, allora, il rigetto della richiesta di ristoro da parte del Tribunale di Roma.

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