Condominio

Tracimazione di liquami per difetto dell’impianto fognario condominiale: chi risponde dei danni ?

Nel caso specifico si trattava di danni conseguenti a difetti di costruzione dello stabile, non sanati in sede di lavori successivi

di Ivana Consolo

Che fare se, improvvisamente, ci ritroviamo il cortile antistante la nostra abitazione invaso ed insozzato da liquami che fuoriescono dalle condutture fognarie condominiali?
Siamo gravati da una servitù coattiva, o possiamo chiedere la rimozione degli impianti?
Ma soprattutto, chi sarà tenuto a risarcirci per il danno subito: il condominio tutto, i singoli condòmini che scaricano nelle condutture, o la ditta che ha realizzato l'impianto fognario? A questi interrogativi, offre risposta un interessante provvedimento della Corte d'appello di Cagliari: la sentenza civile numero 438 del 29 dicembre 2021.

I fatti e la pronuncia di primo grado
Il proprietario di un appartamento facente parte di un fabbricato condominiale, con annesso cortile di proprietà esclusiva, lamentava ripetuti episodi di tracimazione del pozzetto d'ispezione fognaria della condotta condominiale che attraversava il giardino di sua proprietà, e di cui ignorava l'esistenza. Citava quindi in giudizio i proprietari delle unità immobiliari i cui reflui confluivano in detta condotta, affinché venisse negata l'esistenza di una servitù di scarico fognario (della quale non si faceva alcuna menzione nell'atto di acquisto), con condanna dei convenuti a rimuovere ogni installazione (tubature e pozzetto d'ispezione), nonché al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Nell'ipotesi in cui il Tribunale avesse accertato la sussistenza di una servitù di scarico coattivo, domandava la condanna dei convenuti alla corresponsione, per quote, dell'indennità prevista dall'articolo 1032 del Codice civile, unitamente al risarcimento del danno per la diminuzione del valore economico della proprietà.

Si costituivano in giudizio i condòmini citati, che eccepivano il proprio difetto di legittimazione passiva, ritenendo doversi semmai procedere nei confronti dell'intero condominio; sostenevano inoltre che gli episodi di tracimazione del pozzetto d'ispezione, con conseguente allagamento del giardino di parte attrice, erano dovuti alla cattiva realizzazione degli impianti da parte dell'impresa esecutrice dei lavori, che veniva quindi chiamata in garanzia. Si costituiva in giudizio anche la ditta, che si riteneva esente da responsabilità in quanto asseriva l'esistenza di alcune anomalie dell'impianto pubblico a cui era stato allacciato l'impianto condominiale, facendo da ciò derivare ogni problematica.

In primo grado, il Tribunale accertava la responsabilità dei proprietari delle condotte fognarie ai sensi dell'articolo 2051 del Codice civile (responsabilità dei custodi), e condannava la ditta esecutrice dei lavori al risarcimento dei danni. I giudici rigettavano anche l'azione (proposta dall'attore) volta a negare l’esistenza della servitù, argomentando circa l'esistenza di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia.La ditta esecutrice dei lavori, decideva di ricorrere in appello, e si rivolgeva alla Corte territoriale competente.

I principi di diritto richiamati in secondo grado
Veniva investita della vicenda la Corte d'appello di Cagliari, che procedeva ad esaminare le rimostranze dell'appellante ed il ragionamento giuridico sotteso alla decisione del Tribunale. Ebbene, secondo i giudici di secondo grado, per dirimere le questioni sottoposte al loro vaglio, occorre porre mente ad alcuni consolidati principi di diritto elaborati dalla nostra suprema Corte. Secondo reiterate pronunzie di Cassazione, nell’ipotesi in cui la parte convenuta in un giudizio di risarcimento dei danni derivanti dalla realizzazione di una nuova costruzione, si dichiari priva di legittimazione passiva, e dunque chiami in causa un terzo per garantirla e manlevarla, tale chiamata in causa va intesa come avente la finalità di attribuire al terzo la responsabilità della cattiva esecuzione delle opere e dei danni conseguentemente arrecati.

Il risvolto pratico è che il giudice può direttamente emettere una pronuncia di condanna nei confronti del terzo.Nel caso di specie, i condòmini convenuti avevano chiamato in causa la ditta esecutrice dei lavori relativi alla realizzazione dell'impianto fognario, dando così per assodata la responsabilità della stessa per la cattiva esecuzione delle opere. Appare dunque pacificamente applicabile il principio precedentemente richiamato; non è fuori luogo, né erronea, la condanna a risarcire i danni posta direttamente a carico della ditta esecutrice dei lavori.Chiarita la responsabilità della ditta, diviene interessante capire perché, secondo i giudici sardi, si debba escludere la responsabilità che il proprietario danneggiato riteneva sussistente in capo ai condòmini.

I danni prodotti da cose in custodia
Trattasi della responsabilità del custode, contemplata dall'articolo 2051 del Codice civile, che deriva dall’inosservanza di un generale dovere di manutenzione e custodia da esercitare sui beni posti sotto la propria cura. Gli ermellini hanno più volte ribadito il principio secondo cui tale responsabilità è esclusa dall’accertamento positivo che il danno è stato causato dal fatto del terzo. Nel corso del giudizio di primo grado, era chiaramente emersa la riconducibilità causale del deflusso irregolare dei liquami, al difetto di costruzione delle condotte nelle quali confluivano gli impianti di scarico di alcune unità immobiliari.

La preesistente difettosa pendenza delle condotte pubbliche cui andavano allacciate quelle condominiali, circostanza addotta dalla ditta quale scusante, non poteva affatto costituire un'esimente. Difatti, in quanto conoscitrice professionale delle regole dell'arte e della tecnica di costruzione, la ditta aveva il dovere di adattare le pendenze dell'impianto posto al servizio del fabbricato a quelle preesistenti delle condotte pubbliche, ricorrendo ad ogni possibile accorgimento per evitare futuri problemi di tracimazione. Siamo quindi in presenza di un'accertata responsabilità del terzo, che esclude la responsabilità dei custodi ai sensi dell'articolo 2051 del Codice civile, in ossequio al consolidato orientamento di Cassazione già richiamato.

Le condotte di scarico sono beni comuni
Quanto infine all'azione di negazione della servitù spiegata dal proprietario danneggiato, occorre anzitutto osservare che, le condotte di scarico al servizio di un fabbricato condominiale, devono presumersi comuni a tutti i condòmini. Ciò porta ad escludere l'elemento imprescindibile delle servitù prediali: ovvero l'appartenenza a proprietari diversi del fondo servente e di quello dominante. E tuttavia, il Tribunale non ha affatto errato nel richiamare la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia. Cosa significa? La servitù del padre di famiglia, si ottiene quando si prova che due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario, il quale abbia posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù.

Da qui, l'ultimo principio di diritto applicato dalla Corte cagliaritana al caso di specie: «in tema di condominio degli edifici, la disciplina sulle distanze legali delle vedute, non si applica alle opere eseguite in epoca anteriore alla costituzione del condominio, atteso che, in tal caso, l’intero edificio, formando oggetto di un unico diritto dominicale, può essere nel suo assetto liberamente precostituito o modificato dal proprietario anche in vista delle future vendite dei singoli piani o porzioni di piano, operazioni che determinano, da un lato, il trasferimento della proprietà sulle parti comuni e l’insorgere del condominio, e dall’altro lato, la costituzione, in deroga (od in contrasto) al regime legale delle distanze, di vere e proprie servitù a vantaggio ed a carico delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli acquirenti, secondo lo schema della servitù per destinazione del padre di famiglia».

In conclusione, possiamo dire che il provvedimento emesso dalla Corte d'appello di Cagliari, si appalesa quale pronunzia alquanto composita, che non mira soltanto ad una valutazione delle argomentazioni dell’appellante, ma tende a chiarire in modo giuridicamente dettagliato ogni aspetto della vicenda trattata.

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