Condominio

Opposizione a decreto ingiuntivo condominiale: necessarie argomentazioni fondate ed evidenti

Va prodotta una prova incontrovertibile circa le anomalie lamentate

di Ivana Consolo

Quando si ritiene di avere ragioni sufficientemente fondate, si deve avere la capacità di renderle bene evidenti, ma soprattutto, si devono adeguatamente “rivestire” di validità giuridica e fattuale. I condòmini protagonisti della vicenda che andremo ad esaminare, non sono stati in grado di rendere chiara ed inconfutabile la propria posizione processuale, e ne hanno pagato le relative conseguenze. Con la sentenza numero 1139 del 14 gennaio 2022, emessa dalla seconda sezione civile, la Cassazione non ci fornisce chissà quali principi di diritto, ma ci spiega cosa fare per non incorrere nel rischio di portare avanti tre gradi di giudizio senza ottenere assolutamente nulla.

La vicenda
Ai proprietari di alcuni immobili siti in condominio, veniva ingiunto il pagamento di una somma di danaro in ossequio ad alcune delibere di assemblea di approvazione dei bilanci consuntivi. I condòmini si opponevano ai decreti ingiuntivi, argomentando circa la nullità delle delibere ed il parziale pagamento della somma nelle more dell'emissione del decreto ingiuntivo. Tanto in primo che in secondo grado, le lamentele dei condòmini venivano ritenute insuscettibili di positivo accoglimento; i giudici non ravvisavano difatti alcuna nullità delle delibere, semmai si poteva argomentare circa la loro annullabilità, che doveva tuttavia essere fatta valere entro termini ben stabiliti (cosa che i condòmini non avevano fatto). Inoltre, si contestava l'assoluta genericità delle argomentazioni addotte a sostegno delle ragioni sostenute, e si riteneva priva di pregio l'argomentazione circa un parziale pagamento. I condòmini, si determinavano quindi a rivolgersi alla Suprema corte.

I motivi di ricorso
Vediamo quali motivi di ricorso vengono sottoposti al vaglio dei giudici di Piazza Cavour.I ricorrenti sostengono anzitutto di avere bene argomentato le proprie ragioni, senza alcuna genericità. Più precisamente, ritengono di avere egregiamente superato il cosiddetto “filtro in appello”, in quanto sono più che persuasi di avere:
-individuato le parti della sentenza di primo grado da censurare;
-addotto le motivazioni della censura;
-indicato le modifiche che il giudice d'appello avrebbe dovuto apportare per emettere un provvedimento adeguato.

Nella convinzione di avere rassegnato atti difensivi “ben confezionati”, indicano come erronea la valutazione di genericità delle difese formulata dal giudice di secondo grado. Quanto alla questione del parziale pagamento della somma ingiunta, i condòmini lamentano che tale circostanza non sia stata per nulla considerata dai giudici dei due gradi di giudizio; sostengono che, se correttamente intesa, una tale evidenza avrebbe dovuto condurre alla revoca dell'ingiunzione.Infine, i condòmini sostengono che le delibere poste a fondamento dell'ingiunzione di pagamento, risultano affette da nullità/inesistenza, non già da annullabilità.

A loro dire, il condominio risulta irregolarmente costituito, poiché trattandosi di condominio facoltativo, avrebbe dovuto costituirsi con voto favorevole dell'unanimità dei partecipanti. Inoltre, quanto alle delibere oggetto di contestazione, i ricorrenti affermano che le modalità di convocazione, e successiva partecipazione alle assemblee, appaiono anomale ed addirittura prive di veridicità.

L’analisi della Cassazione
Posti i motivi di ricorso, vediamo a quali conclusioni giunge la Cassazione.Ebbene, gli ermellini condividono le determinazioni a cui sono giunti i giudici dei primi due gradi di giudizio. Difatti, la posizione processuale dei condòmini ingiunti, si appalesa, anche agli occhi dei giudici di Piazza Cavour, come fortemente carente di fondamento sia in fatto che in diritto. L’appello dei ricorrenti, per quanto non dichiarato immediatamente inammissibile, appare tuttavia incapace di soddisfare quanto richiesto ai fini della perfetta superabilità del filtro; difatti, negli atti rassegnati si colgono soltanto generici riferimenti ad una non meglio specificata nullità delle delibere di assemblea, ma in concreto non emerge una prova incontrovertibile circa le anomalie lamentate (costituzione anomala del condominio, difetto di veridicità delle convocazioni e della partecipazione alle assembelee).

La Cassazione, come già i giudici territoriali, asserisce che si sarebbe casomai potuto procedere a contestazione per vizi di annullabilità; ma l'annullabilità di una delibera d'assemblea, può essere fatta valere solo nei termini di cui all'articolo 1137 del Codice civile (entro 30 giorni dal momento in cui si ha conoscenza della delibera), e ciò non è stato fatto dai condòmini. Quanto al parziale pagamento della somma ingiunta, gli ermellini rilevano come tale eccezione sia stata sollevata in una fase processuale non destinata a sollevare eccezioni: ovvero al momento della produzione della comparsa conclusionale (a procedimento pressoché ultimato). Laddove i condòmini lamentano che non si sia data importanza a tale circostanza, evidentemente ignorano che, un argomento difensivo di tale portata, avrebbe dovuto essere fatto valere fin da subito, e non in occasione della redazione del penultimo atto difensivo.Nessun dubbio, quindi, circa la totale infondatezza del ricorso dei condòmini, che viene così rigettato.

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