Condominio

La mancata comunicazione dell’amministratore della lite, di cui non è competente, non inficia la delibera

Semmai può essere ragione di responsabilità professionale dell'amministratore nei confronti del condominio

di Fabrizio Plagenza

Anche quando emerga che l'amministratore non abbia informato i condòmini di un giudizio che esuli la sua competenza, la delibera adottata resta valida. È questo il principio ribadito dal Tribunale di Monza, con la sentenza numero 21 pubblicata il 13 gennaio 2022.

I fatti
Con atto di citazione, un condomino conveniva in giudizio il condominio, impugnando la delibera assembleare ritenuta viziata per diversi motivi. La sentenza in commento si sofferma a decidere su diverse eccezioni, con iter argomentativo che meriterebbe adeguata attenzione in ogni singola parte. L'attore, infatti, lamentava il difetto di informativa a tutti i condomini con riferimento allo stato di una esistente controversia di cui era parte il condominio. Si trattava della violazione degli obblighi di informativa di cui all'articolo 1131 comma 3 del Codice civile.

A tal proposito, si legge in sentenza che «è sufficiente osservare come, pur ammettendo che l'amministratore abbia tenuto le condotte allegate dall'attore, ciò non implica la invalidità della delibera assembleare, potendo semmai essere ragione di responsabilità professionale dell'amministratore nei confronti del condominio».Vale la pena ricordare che ai sensi dell'articolo 1131 comma 3 richiamato «qualora la citazione o il provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore, questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condòmini».In base, poi, al successivo comma 4 della medesima norma «L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni».

L’omessa informativa e le sue conseguenze
La questione, dunque, non è di poco conto se solo si pensa agli effetti che la violazione possa comportare per l'amministratore inadempiente. Di fondamentale importanza per l'amministratore, muoversi all'interno dei poteri attribuiti allo stesso dalla legge. In giurisprudenza, ad esempio, la Cassazione si è espressa più volte sui poteri di rappresentanza dell'amministratore : la proposizione di una domanda diretta alla estensione della proprietà comune mediante declaratoria di appartenenza al condominio di un’area adiacente al fabbricato condominiale, siccome acquistata per usucapione, implicando non solo l’accrescimento del diritto di comproprietà, ma anche la proporzionale assunzione degli obblighi e degli oneri ad esso correlati, è stata ritenuta esorbitante dai poteri deliberativi dell’assemblea e dai poteri di rappresentanza dell’amministratore, il quale può esercitare la relativa azione solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino (Cassazione, ordinanza 25014/2020).

Viceversa, in altra occasione la Suprema corte ha ritenuto che l'amministratore avesse il potere di rappresentanza del condominio, potendo resistere all’impugnazione della delibera assembleare riguardante parti comuni e potendo anche gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, tenuto conto dei poteri demandatigli dall’articolo 1131 Codice civile, «giacché l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso amministratore» (Cassazione, sentenza 23550/2020).

La responsabilità dell’amministratore
Nel caso trattato dal Tribunale di Monza, l'eccezione mossa all'amministratore era quella di non aver rispettato il dettato normativo di cui all'articolo 1131 comma 3 del Codice civile, per non aver informato i condòmini della lite pendente. Tuttavia, secondo il giudice, è sufficiente osservare come, pur ammettendo che l'amministratore abbia tenuto le condotte allegate dall'attore, ciò non implica la invalidità della delibera assembleare, potendo semmai essere ragione di responsabilità professionale dell'amministratore nei confronti del condominio.

La sentenza 21/2022, inoltre, si sofferma sulla ripartizione delle spese di riscaldamento enunciando il seguente principio : in presenza di sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna unità immobiliare sita nello stabile condominiale il costo per il servizio comune di riscaldamento va ripartito in proporzione dell'utilizzazione di esso e non ai millesimi (principio questo ribadito anche da ultimo da Cassazione, ordinanza 28282/2019). Dunque, le spese del riscaldamento centralizzato di un edificio in condominio, ove sia stato adottato un sistema di contabilizzazione del calore, devono essere ripartite in base al consumo effettivamente registrato.

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