Condominio

Appalto in condominio e ricorso in Cassazione: difficile ribaltare la consulenza tecnica d’ufficio

Il mancato esame di elementi istruttori in sé non integra il vizio di omesso esame di un fatto decisivo

di Rosario Dolce

Del crollo di un'intera facciata di un edificio condominiale appena realizzato sono responsabili in solido sia il venditore che l'appaltatore che ebbe ad eseguire i lavori. Ciò è quanto ha ribadito la Cassazione con ordinanza 42029 del 30 dicembre 2021, prendendo in esame gli aspetti processuali della vicenda che ruotavano attorno al modo attraverso cui è possibile censurare una consulenza tecnica d'ufficio (Ctu) acquisita nel corso del procedimento giudiziario.

Il caso
A seguito del primo grado di giudizio il venditore e l'appaltatore furono condannati in solido al risarcimento dei danni subiti da parte di un condominio. In secondo grado la sentenza venne confermata, rimanendo intatta la corresponsabilità dei due soggetti in questione. Per quanto ancora di rilievo in questa sede, la Corte distrettuale dichiarava l’infondatezza dell’eccezione relativa alla tardività delle contestazioni dei vizi dell’immobile per aver lo stesso appaltatore riconosciuto nelle more stragiudiziali al condominio stesso «l’inadeguatezza dei prodotti utilizzati per la realizzazione dell’intonacatura e il relativo nesso di causalità nella produzione dei vizi, accollandosi i costi del ripristino degli intonaci e del risarcimento dei danni causati».

In quanto tale, siffatto riconoscimento implicava l’assunzione di una nuova obbligazione, sempre di garanzia, diversa ed autonoma rispetto a quella originaria, da cui scaturiva il diritto di agire per vizi, soggetto al termine di prescrizione ordinario.L'appaltatore, pertanto, decide di rivolgersi al giudice di legittimità, ma il suo ricorso non ha avuto – come anticipato sopra - buon fine. Vane sono state le sue difese, laddove volte a ribaltare l'esito del giudizio mediante la mera contestazione della Consulenza tecnica d'ufficio depositata in primo grado.

Il provvedimento
Quando si ricorre in Cassazione a norma della previsione dell’articolo 360, primo comma, numero 5 Codice procedura civile al fine di censurare un vizio specifico, come quello relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario che sia, occorre sempre indicare - nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui agli articoli 366, primo comma, n. 6. e 369, secondo comma, n.4 Codice procedura civile - il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il dato testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti e la sua decisività.

Ciò posto, anche così procedendo, rimane fermo il principio per cui il mancato esame di elementi istruttori in sé non integra il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (in punto è stato richiamato il precedente della Cassazione sezioni Unite 8053/2014).Orbene, nella fattispecie l'appaltatore si era limitato a contestare genericamente la Ctu e, ad ogni buon conto, non aveva collegato la contestazione alla contestualizzazione giuridica. Ricorso rigettato, dunque, e aumento di spese in capo ai soccombenti inevitabile.

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