Condominio

Condomino moroso, per il decreto ingiuntivo basta la delibera

La delibera che approva la spesa e la ripartisce è titolo di credito del condominio quindi, di per sé, ne prova l'esistenza

di Selene Pascasi

La delibera che approva la spesa e la ripartisce è titolo di credito del condominio quindi, di per sé, ne prova l'esistenza e legittima sia la concessione del decreto ingiuntivo che la condanna del condomino (una società) al pagamento delle spese dell'eventuale giudizio di opposizione. Lo sottolinea il Tribunale di Rieti con sentenza n. 520 del 12 ottobre 2021.

Promuove la lite una S.r.l., mediante opposizione al decreto ingiuntivo con cui il condominio la intimava a pagare circa 19 mila euro per oneri condominiali. Secondo la società, l'ingiunzione era nulla poiché la delibera era stata assunta nel corso di un'assemblea cui non era stata convocata, risultando invitata persona diversa cioè l'amministratrice societaria in proprio.

In via subordinata, rileva che la locataria degli spazi in questione aveva negli anni chiesto delucidazioni e documenti sulla natura ed importo degli oneri discussi vista la gestione amministrativa condominiale alquanto caotica. Il condominio, però, insiste sulla piena prova del credito ingiunto in base ai carteggi ed il Tribunale rigetta l'opposizione.

Con il decreto ingiuntivo contestato, difatti, l'ente chiedeva il pagamento di somme sorrette da legittima pretesa come attestato dal verbale di approvazione dei bilanci consuntivo e preventivo e relativi piani di riparto ed estratti conto relativi alle unità immobiliari. In particolare, con riferimento al credito ingiunto, si ricavava con esattezza il debito della S.r.l. Ebbene, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, la delibera che approva la spesa e la ripartisce tra i condòmini costituisce titolo di credito del Condominio e, di per sé, prova l'esistenza di tale credito e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del singolo a pagare le somme nel giudizio di opposizione che proponga contro tale decreto.

Nella vicenda, poi, a fronte della documentazione comprovante la pretesa creditoria – peraltro non contestata – l'opponente aveva formulato impugnazione solo per asserita omessa convocazione nel termine minimo di cinque giorni liberi prima dell'assemblea. E' chiaro, allora, che pur volendo sorvolare sulla genericità dell'eccezione, la qualifica di nullità può essere attribuita solo alle delibere prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito per contrarietà all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume, o riguardanti un oggetto escluso dalle competenze dell'assemblea o incidente sui beni e diritti individuali o sui servizi comuni.

Sono annullabili, invece, le delibere affette soltanto da vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, adottate con maggioranze inferiori a quelle prescritte dalla legge o dal regolamento, affette da vizi formali per violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari sull'iter di convocazione o d'informazione dell'assemblea o da irregolarità di convocazione.

In sintesi, la mancata comunicazione dell'avviso di convocazione a taluno dei partecipanti comporta l'annullabilità, e non la radicale nullità, della delibera successivamente adottata. Delibera che, in mancanza di impugnazione nel termine di trenta giorni, resta valida ed efficace nei confronti di tutti. In ogni caso, conclude il giudice, l'opposizione è infondata anche nel merito visto che la legale rappresentante della società opponente raggiunta dalla convocazione era comunque tenuta, per i rapporti con la S.r.l., a farne consegna. Ragioni palesi, quelle per cui il Tribunale di Rieti boccia l'opposizione confermando il decreto ingiuntivo di cui dichiara l'esecutorietà.

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