Condominio

GUIDE - Unità immobiliari con accesso autonomo e partecipazione alle spese condominiali

Non viene preso in considerazione il reale uso dei siti condominiali, ma quello potenziale o virtuale

di Fulvio Pironti

Focus sull’utilizzo dei beni comuni e gli oneri scaturenti gravanti sulle unità immobiliari che non hanno ragione di accedere all’androne, ascensore e scale condominiali. Il riferimento è ai proprietari degli esercizi commerciali che accedono al proprio locale dalla vetrina posta sul fronte stradale (i cui misuratori delle utenze idriche, termiche ed elettriche sono in esso allocati) e ai proprietari i cui cespiti ricadono al disotto della proiezione verticale della copertura terminale dell'edificio (tetto o lastrico solare) e sono poste al piano terraneo con accesso diretto dalla strada. Tali condòmini non esercitano in alcun modo diritti sui siti comuni quali l’androne, la tromba scale e l'impianto ascensore, né li usano in misura minimale.

Tuttavia, la giurisprudenza maggioritaria sostiene che i condòmini, sebbene non fruiscano dell’accesso condominiale, ma solo di accessi autonomi e personali, debbano concorrere alle spese afferenti all'androne, scale ed ascensore in quanto possono accedere, in casi eccezionali, per raggiungere il tetto. È lecito interrogarsi sulla giustezza e validità di un simile obbligo imposto a condòmini che, al contrario, potrebbero e dovrebbero essere esentati perché accedono alle proprie unità immobiliari senza attraversare sistematicamente androne e scale.

Giurisprudenza prevalente e costante
La Cassazione è costante nel ritenere che le spese condominiali debbano essere imputate anche alle unità immobiliari dotate di accesso autonomo (Cassazione 9986/2017). L’indirizzo giurisprudenziale ritiene che le scale siano di proprietà anche degli acquirenti di negozi e appartamenti siti al pianterreno dell'edificio con accesso diretto dalla strada. Ciò in quanto, essendo le scale «elementi necessari alla configurazione di un edificio diviso per piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva e mezzo indispensabile per accedere al tetto o alla terrazza di copertura, anche al fine di provvedere alla loro conservazione, tali beni hanno natura di beni comuni ex articolo 1117 Codice civile, anche relativamente ai condòmini proprietari dei negozi con accesso dalla strada, essendo anch’essi interessati ad usufruire delle scale, e quindi dei pianerottoli, perché interessati alla conservazione (e manutenzione) della copertura dell’edificio della quale anch’essi godono» (Cassazione 4419/2013 e 15444/2007).

Dunque, anche i proprietari dei locali situati al piano terraneo (locali commerciali, appartamenti, garages, depositi, magazzini), privi di accesso diretto all'androne e tromba scala, non possono essere omessi dal riparto. Devono partecipare alle spese per la ristrutturazione e manutenzione delle parti interne (come androne e scale) e dei servizi (ascensore, illuminazione, forza motrice). Se, quindi, nel condominio ricadono immobili dotati di accesso esterno ed autonomo, i relativi proprietari saranno obbligati a dover concorrere, sia pure in misura inferiore, alle spese manutentive. Ciò qualora l'ingresso serva per accedere alla portineria e le scale per raggiungere il tetto o il lastrico solare di copertura.

La differente composizione e conformazione strutturale degli edifici può determinare l’esistenza di locali forniti di accesso diretto dalla strada (perciò non usano scale interne, né impianto ascensore). Inoltre, il negozio è parte integrante del condominio. L'articolo 1118 Codice civile sancisce che «il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni» e «…non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni…».

Presunzione di condominialità e titolo contrario
La delicatissima questione andrebbe analizzata alla luce della proprietà dei beni comuni sancita dall'articolo 1117 Codice civile a favore di tutti i proprietari e l’articolo 1123 Codice civile secondo il quale qualora in un condominio preesistano beni e servizi destinati a servire solo una parte della compagine proprietaria, le spese saranno a carico di coloro che ne trarranno utilità (applicando questo principio, i locali con ingresso esterno non parteciperebbero alle spese inerenti le scale interne). Nella realtà potrebbero verificarsi due situazioni. Esistenza di un titolo che estranea dall'assetto condominiale di un determinato plesso edilizio taluni beni o servizi dichiarati comuni in base all'articolo 1117 Codice civile: il titolo contrario risolve il conflitto poiché il riparto delle spese andrà effettuato solo fra i proprietari che utilizzano il bene (coincidenza fra proprietà e imputazione spese).

È possibile che le spese vengano divise solo fra coloro che utilizzano i beni (e non fra tutti i proprietari) per cui in tal caso verrebbe data prevalenza all’articolo 1123 Codice civile (nessuna coincidenza fra proprietà e imputazione spese).L’articolo 1123 Codice civile sancisce che i beni condominiali possono essere solo di alcuni condòmini. Quindi, se un soggetto è escluso dall'onere partecipativo significa che non è proprietario del bene. Di conseguenza, i presupposti per attribuire la proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali sono destinati all’uso o al servizio non di tutto l’edificio, ma di una sola parte o di alcune parti di esso. Si ricava dall’articolo 1123 Codice civile che le cose, i servizi e gli impianti non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti.

Cosicché non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea (relativamente alle cose, ai servizi e agli impianti) da parte di coloro che non hanno la titolarità. D'altronde, l’articolo 1123 Codice civile evidenzia che alcuni beni condominiali non sono di tutti i proprietari. Ciò, tuttavia, non significa che tale disposto sia un titolo per escludere la proprietà. Infatti, esso si riferisce solo alla ripartizione delle spese e non al titolo di proprietà dei beni. Quindi, per escludere dalla proprietà condominiale alcuni beni si richiede un titolo contrattuale oppure che il bene sia funzionalmente destinato all’uso di alcuni soggetti (e non di tutti). I beni sanciti dall'articolo 1117 Codice civile, seppure posti concretamente al servizio di parti diverse dell’edificio, vanno sempre considerati, in assenza di titolo negoziale contrario, di proprietà comune di tutti i condòmini senza che a ciò osti il disposto dell’articolo 1123, comma 3, Codice civile, il quale disciplina soltanto la ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento di esse.

Sposare l'una o l’altra linea ricostruttiva influisce sulla decisione relativa alla individuazione dei soggetti che possono votare e sul calcolo dei quorum (infatti, ai fini della approvazione dei lavori relativi a beni usati solo da alcuni proprietari, la validità della delibera potrebbe essere verificata con riferimento ai millesimi dei soli condòmini interessati ai lavori e non di tutti i condòmini del fabbricato).Parrebbe essere stata disattesa la tesi secondo cui l’articolo 1123 Codice civile costituirebbe una prova della proprietà limitata del bene in capo solo ai condòmini che ne fanno uso. Al contrario, trova ingresso la tesi della valutazione funzionale dell’uso del bene: se il bene può essere usato (sia pure in misura minimale) da altri soggetti, tutti partecipano alla ripartizione delle spese (e, conseguentemente, alla votazione).

In assenza di un titolo che escluda la proprietà, l’androne, le scale e l'ascensore di un edificio sono oggetto di proprietà comune anche dei proprietari dei locali terranei che hanno accesso direttamente dalla strada in quanto, come dianzi rammentato, costituiscono elementi necessari per la conservazione delle strutture di copertura dell’edifico. Quindi, le scale quando sono un mezzo indispensabile per accedere al tetto o al terrazzo di copertura dello stabile, conservano la qualità di parti comuni (come indicato nell’articolo 1117 Codice civile) anche relativamente ai condòmini proprietari di locali con accesso dalla strada. Ciò in assenza di titolo contrario, poiché anche tali condòmini ne fruiscono quantomeno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio.

Il titolo contrario
Secondo la Cassazione, difettando diversa e specifica convenzione, si dovrà accertare se le spese si riferiscano a parti e servizi comuni che costituiscono elementi necessari per l'esistenza dello stabile. In tal caso, anche i titolari dei locali con accesso autonomo saranno tenuti alla contribuzione. L'androne e le scale sono porzioni dell'edificio comuni ai proprietari dei locali commerciali al pianterreno. Qualora interessati, possono fruirne sebbene abbiano un proprio accesso diretto dalla strada (Cassazione 761/1979). Ne consegue che le relative spese andranno ripartite anche a carico dei proprietari dei negozi, sia pure in misura ridotta considerato l'utilizzo meno intenso rispetto ai restanti condòmini. Un accordo diverso potrebbe disporre il contrario.

Perché sia valido è necessario che venga approvato dalla totalità dei condòmini oppure sia contenuto nel regolamento di condominio (approvato anch'esso mediante consenso totalitario). Il ragionamento non muta in presenza di spese per la rifazione del tetto o del lastrico solare in quanto fungono da copertura a tutto l'edificio, ivi compresi i locali ai piani terranei. Le spese di portierato (Cassazione 12298/2003) riguardano un servizio svolto nell'interesse comune di tutti i condòmini, quindi anche dei proprietari di magazzini, locali commerciali e negozi. Al più, nella imputazione delle spese andrà valutato il minor interesse a tale spesa (Cassazione 2622/1968). Il proprietario di un locale con ingresso indipendente è equiparato al condomino che accede all'ingresso dell'edificio e alla tromba scale.

Qual è il comune denominatore fra il condomino che accede nelle scale per raggiungere il proprio immobile e il condomino che non vi accede perché il suo immobile affaccia direttamente sulla strada? Entrambi sono responsabili delle parti costituenti elementi necessari per l'esistenza del fabbricato. Quanto alle scale e l'ascensore, si tratterebbe di elementi necessari alla configurazione del fabbricato. La Suprema corte (Cassazione 21641/2017) ha nuovamente asserito che le scale e l'androne sono elementi strutturali essenziali per la edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura. Non viene preso in considerazione il reale uso dei siti condominiali, ma quello potenziale o virtuale.

Ad esempio, il proprietario di un locale commerciale situato al pianterreno, qualora intenda raggiungere il tetto usando l'ascensore o le scale potrà farlo e conseguentemente ne sopporterà i costi.La controversia, nel caso di specie dianzi accennato, verteva sulle opere manutentive straordinarie delle scale e androne. I negozianti del pianterreno non intendevano partecipare a tali spese in quanto non usufruivano minimamente di tali beni. Secondo la Suprema corte, l'androne e le scale sono di proprietà comune anche dei proprietari dei locali al piano terraneo con accesso autonomo.

Alla base ci sono tre principi. Il primo, è inerente ai millesimi, nel senso che non esistono tabelle per ripartire le spese e tabelle per deliberare. Chiunque ha diritto di rappresentanza nel condominio, è onerato di partecipare alle spese relative alle parti comuni. Il secondo, si ricollega ad una logica di opportunità, nel senso che non è possibile che un'opera deliberata da tutti i condòmini sia posta a carico di una sola parte di essi. Il terzo, poggia sul fatto che androne e scale sono elementi essenziali dell'edificio necessari per raggiungere tetto e terrazzo nel senso che di tali coperture terminali dell'edificio godono anche i proprietari degli immobili siti al piano terraneo. Questi ultimi, devono concorrere a saldare le opere che li riguardano.

La giurisprudenza di merito uniformata all'indirizzo di legittimità prevalente
I negozi siti al piano terraneo hanno un accesso autonomo per cui i rispettivi titolari non transitano nell'androne condominiale per accedervi. Quale disposizione dell'articolo 1123 Codice civile andrà applicata? I proprietari dei negozi sono esentati dalle spese per l'androne e scale o vi partecipano? Un giudice di merito (Tribunale Nocera Inferiore 20 agosto 2019) ha aderito all'orientamento prevalente di legittimità chiarendo che «…in caso di unità immobiliari con accesso indipendente dall’androne condominiale, ma inseriti nel condominio, i titolari di tali beni devono in ogni caso partecipare alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stesso in proporzione al valore della proprietà di ciascuno, ex articolo 1123 I comma Codice civile, in quanto si presume che detti proprietari ne facciano comunque uso per avere accesso alle altre parti comuni, quali la copertura e i locali cantinati (Cassazione 761/1979), mentre solo nel caso in cui sia dimostrato che i proprietari delle unità che hanno accesso indipendente dall’androne ne fanno un minore uso è possibile ricorrere al riparto delle spese secondo un criterio che tenga conto del ridotto utilizzo (Cassazione n. 2328/1977, n. 761/1979 e n. 4646/1981)».

Anche la Corte d'appello ambrosiana aveva osservato che i proprietari di immobili aventi accesso autonomo dalla strada dovevano concorrere alle spese manutentive inerenti l'androne e scale (nella specie, portone, moquette, passatoia dell'ingresso e illuminazione) sia perché costituivano elementi necessari per la configurazione stessa dell'edificio, sia perché rappresentavano strumenti indispensabili per il godimento e la conservazione delle strutture di copertura cui tutti i condòmini erano tenuti per la salvaguardia della proprietà individuale e per la sicurezza dei terzi (Corte di appello Milano 3 luglio 1992, numero 1219). Sempre la stessa Corte aveva precisato che l'androne e scale di un edificio erano oggetto di proprietà comune ai sensi dell'articolo 1117 Codice civile anche dei proprietari dei locali terranei che avevano accesso direttamente dalla strada in quanto costituivano elementi necessari per la configurabilità stessa di un fabbricato diviso in piani e porzioni di piano di proprietà individuale e rappresentavano inoltre tramite indispensabile per il godimento e la conservazione delle strutture di copertura; pertanto, tali proprietari rientravano fra gli obbligati al contributo per la sistemazione dell'androne (Corte di Appello Milano 9 ottobre 1987, numero 1983; negli identici sensi, Tribunale Bologna 4 aprile 1997, numero 798).

La giurisprudenza antitetica
Una linea giurisprudenziale contrapposta (Cassazione 24296/2015) ha escluso la comunione dell'impianto centralizzato di riscaldamento basandosi sulla interpretazione ricostruttiva del condominio parziale. In buona sostanza, il proprietario di una unità immobiliare che, per ragioni di conformazione dell'edificio non è servito dall'impianto termico, non è obbligato a sopportarne i costi. Ciò in quanto è assente la relazione di accessorietà che costituisce il fondamento tecnico dell'onere di spesa. Secondo un giudice di merito (Tribunale Parma 10 maggio 2011, numero 559) «non è tenuto a contribuire alle spese per i lavori di rifacimento dell’ascensore il condomino proprietario di unità immobiliari adibite a negozi, con accesso diretto e indipendente esclusivamente dall’esterno, prive di cantina e con nessuna possibilità di utilizzare l’androne e le scale comuni» (nella fattispecie, il regolamento contrattuale prevedeva per tali negozi l’esenzione dalle spese manutentive ordinarie e straordinarie dell’impianto ascensore).

I princìpi dettati dall'articolo 1123 Codice civile
L'articolo 1123 Codice civile prescrive che «le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione. Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne. Qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità».

Il disposto detta tre importanti cànoni:
a) qualsiasi spesa manutentiva va ripartita fra tutti i condòmini in proporzione millesimale, salvo che il regolamento di condominio prescriva un differente criterio divisorio;
b) quando i servizi comuni sono suscettibili di un uso diverso, la divisione delle spese si effettua tenendo conto della diversa intensità di utilizzo (ciò significa impiego di criteri suppletivi, oltre alla tabella millesimale, per la loro ripartizione);
c) quando l'edificio ha più scale, cortili, tetti o terrazzi, le spese vanno ripartite solo fra quei condòmini interessati alla porzione di immobile a cui i lavori si riferiscono.

Del resto, è proprio l'articolo 1123 Codice civile ad ammettere la possibilità che taluni beni siano destinati a servire unicamente determinate unità immobiliari, ragion per cui possono appartenere soltanto ad alcuni condòmini. Tale disposto contempla la figura del condominio parziale, perciò non hanno titolo a partecipare alle assemblee coloro che a quei beni sono estranei. Non si può negare l'esistenza del condominio parziale basato sulla comproprietà di determinati beni. Né va sottaciuto l'insegnamento del Supremo collegio (Cassazione 7885/1994) in virtù del quale i presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, sono necessari per l'esistenza e per l'uso, ovvero sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall'articolo 1123, comma 3, Codice civile, che le cose, i servizi e gli impianti non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti.

Dalle situazioni di condominio parziale derivano implicazioni inerenti la gestione e l'imputazione delle spese: non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, servizi e impianti da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modifica in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto. Si configura, con riferimento all'androne e alle scale, un condominio parziale, quantomeno in dipendenza della estraneità ad esso dei proprietari dei locali terranei aventi accesso direttamente dalla strada.

L'individuazione dei condòmini che devono concorrere alle spese
L'individuazione dei soggetti tenuti al concorso di una determinata spesa compete all'amministratore. In presenza di locali ubicati al pianterreno sarà necessario visionare i rogiti d'acquisto perché potrebbero contenere indicazioni riguardo alle proprietà comuni. Se non si rinvengono clausole che estraneano il cespite immobiliare da talune parti comuni, si considererà parte integrante della struttura per cui dovrà concorrere ad ogni spesa. In assenza di atti ufficiali, si farà riferimento all'articolo 1123 Codice civile in forza del quale il proprietario di un immobile è tenuto a saldare le sole spese relative alle parti comuni dalle quali ritrae utilità. L'esonero alle spese sarà consentito solo mediante documento, palese inutilizzazione o esclusione dalle parti che dovrebbero essere comuni.

La norma prevede espressamente le situazioni in cui non tutti i condòmini possono fare normale uso di strutture e servizi condominiali: «se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione all’uso che ciascuno può farne». La norma è inequivoca, perlomeno con riferimento a fattispecie in cui i condòmini dotati di accesso autonomo non possiedono nemmeno le chiavi del portone di ingresso perché i contatori delle loro utenze sono allocati all’interno delle proprie unità immobiliari.È senz'altro iniquo aggravare di spese per l’uso di aree e servizi comuni chi non ha accesso e non può in nessun modo usufruirne. Applicando la norma citata, nulla sarebbe dovuto dai condòmini di unità immobiliari con accessi autonomi.

Ciò troverebbe riscontro anche nell’articolo 1123, comma 3, Codice civile il quale stabilisce che nel caso in cui nel condominio vi siano più scale, solo i condòmini che usufruiscono di ciascuna scala saranno tenuti alle spese d’uso. Il condominio parziale è un edificio che ha più scale, lastrici solari, cortili o impianti che sono destinati a servire solo una parte dei condòmini e non la totalità di essi. Si ponga il caso di uno stabile dotato di due o più ingressi indipendenti, più scale o più autoclavi. In tutti questi casi, la giurisprudenza è netta. Ogni condomino deve concorrere alla spesa solo della parte cui fruisce. Identico principio si applica ai proprietari di immobili ubicati al piano terraneo. Se un cespite è situato in un unico edificio dotato di due scale, tuttavia dipenderà per illuminazione, servizio idrico, ecc., solo da una delle due e a quella dovrà saldare le sole spese manutentive (e non dell'intero edificio).

La relazione di servizio prescritta dall'articolo 1124 Codice civile
L'articolo 1124, comma 1, Codice Civile, rubricato sotto la dicitura «Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori», dispone che «le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo». In base a tale criterio, i proprietari degli appartamenti al piano terra pagheranno la metà della spesa in ragione dei loro millesimi di proprietà e nulla dovranno in relazione alla altezza del loro piano.Il riparto delle spese manutentive e ricostruttive delle scale interessa solo i proprietari che se ne servono. Il principio deriva dall'articolo 562, comma 4, Codice civile 1865 in forza del quale le scale erano mantenute e ricostruite dai proprietari dei diversi piani a cui servivano.

Sebbene le scale siano comuni a tutti i partecipanti dell'edificio, le spese di manutenzione e ricostruzione sono a carico soltanto di quei partecipanti che effettivamente usufruiscono delle varie parti di esse. Conseguentemente, il proprietario del pianterreno, che non si serve delle scale, non partecipa alle spese di manutenzione e ricostruzione. La Relazione del guardasigilli al Codice civile del 1942 così chiariva: «per quanto riguarda le scale, ho abbandonato il sistema del codice del 1865 (articolo 562, quarto comma), che poneva le spese relative a carico dei proprietari di quei piani a cui serviva ciascun tratto di scala, in ragione del valore dei piani stessi. Tale sistema infatti portava a conseguenze non del tutto eque, aggravando eccessivamente l’onere dei proprietari degli ultimi piani. Ho ripartito invece le spese per la manutenzione e ricostruzione tra i proprietari dei diversi piani, a cui le scale servono, per metà in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piano e per l’altra metà in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo (articolo 1124, primo comma). È giusto che i proprietari degli ultimi piani contribuiscano in misura maggiore, perché è da presumere che col maggior uso diano luogo al maggior consumo delle scale».

I beni non sono sempre comuni
L'elenco dei beni comuni riportato nell'articolo 1117 Codice civile, nel quale si annoverano le scale, non è tassativo bensì esemplificativo. Tale precetto fornisce un elenco di parti dell'edificio che si presumono essere comuni a tutti i condòmini in quanto necessarie per l'esistenza dello stabile o permanentemente destinate all'uso e al godimento comune. La presunzione di comproprietà delle scale può essere superata nel caso in cui la destinazione è rivolta a servire solo una parte dei condòmini. In tal caso la presunzione di contitolarità viene valicata perché il bene, per obiettive caratteristiche strutturali, è destinato a servire in modo esclusivo all'uso o al godimento di una parte dell'immobile. In tali casi viene meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria in quanto la destinazione particolare del bene supera la previsione contenuta nel codice civile.

Ad esempio, i proprietari delle unità Immobiliari che per ragioni di conformazione dell’edificio non sono mai stati serviti dall’impianto termico centralizzato, del quale fa parte la canna fumaria, non sono titolari del diritto di comproprietà sull’impianto medesimo perché esso non è legato alle unità immobiliari dalla relazione di accessorietà, ovvero dal collegamento strumentale, materiale e funzionale, consistente nella destinazione all’uso o al servizio. La relazione di accessorietà, che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio, va considerata, su base reale, in relazione a ciascun piano o porzione di piano in proprietà esclusiva.

La giurisprudenza (Cassazione 24296/2015 e 7730/2000) ritiene che il proprietario dell’unità immobiliare che non è servita dal riscaldamento centralizzato non può legittimamente vantare un diritto di condominio sull’impianto termico perché non è legato alla detta unità immobiliari da una relazione di accessorietà. Accessorietà che si configura come il fondamento tecnico del diritto di condominio, ovvero un collegamento strumentale, materiale e funzionale consistente nella destinazione all’uso o al servizio dell'immobile. Il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno se le cose, gli impianti e i servizi di uso comune, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso (ovvero siano destinati all’uso o al servizio) di alcuni soltanto dei piani o porzioni di piano dell’edificio.

Il Supremo collegio (Cassazione 14697/2015) ha precisato che poiché la disciplina sul riparto delle spese inerenti i beni comuni è suscettibile di deroga con atto negoziale, e, quindi, anche con il regolamento condominiale rivestente natura contrattuale, deve ritenersi legittima non solo una convenzione che ripartisca tali spese fra i condòmini in misura diversa da quella legale, ma anche quella che preveda l'esenzione totale o parziale per taluno dei condòmini dall'obbligo di partecipare alle spese medesime. In quest'ultima ipotesi, nel caso in cui una clausola regolamentare sancisca in favore di taluni condòmini l'esenzione totale dall'onere di contribuire a qualsiasi tipo di spese (comprese quelle di conservazione), in ordine a una determinata cosa comune (nel caso, l'ascensore), si ha il superamento nei riguardi della suddetta categoria di condòmini della presunzione di comproprietà su quella parte dell'edificio.

Per contro, in assenza di siffatta previsione contrattuale la proprietà comune del bene impone la partecipazione di tutti i condòmini alle decisioni che concernono detto bene (nella fattispecie si è ritenuta illegittima la delibera assembleare inerente l'esecuzione di un intervento di ristrutturazione dell'ascensore essendo stata adottata con la partecipazione dei soli condòmini proprietari degli appartamenti situati dal primo all'ultimo piano dell'edificio con esclusione dei proprietari del piano ammezzato e dei negozi).

Riflessioni conclusive
Le decisioni giurisprudenziali volte ad estendere il concorso di spesa alle unità immobiliari che non utilizzano androne, scale ed ascensore prestano il fianco a molteplici critiche. I locali con accesso esterno non possono essere trascinati in un indebito e irragionevole concorso di spesa. Si ha motivo di dissentire dalla interpretazione tesa ad estendere la relazione di servizio fra il cespite immobiliare munito di ingresso autonomo e il bene comune (tetto) poiché estranea all'impronta e ai confini rassegnati dall'articolo 1124 Codice civile. L'impianto normativo sul condominio è fondato sulla relazione accessoriale di servizio.

L'articolo 1124 Codice civile esprime una imprescindibile relazione di accessorietà fra il bene comune da utilizzare (androne, scala e ascensore) e l'immobile di proprietà esclusiva da raggiungere. Il disposto è improntato al nesso di servizio fra bene comune ed esclusivo. Non è nemmeno condivisile l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità maggioritaria tesa ad estraniare dal concorso di spesa sull'androne e scale i locali con ingresso autonomo solo in base ad un titolo negoziale contrario. Infatti, è proprio l'articolo 1124 Codice civile a determinare l'estraneazione di taluni cespiti perché non serviti non occorrendo affatto un ulteriore titolo negoziale o deliberativo contrario.Le scale non servono agli immobili con accesso esterno.

Asserire che i proprietari di tali locali potrebbero, in astratto e in via del tutto eccezionale, usare l'androne, le scale e l'ascensore per raggiungere il tetto e per tale ragione debbano concorrere alle relative spese, ci sembra una forzatura. Il proprietario del locale al pianterreno può essere comproprietario della copertura terminale dell'edificio senza avere mai la necessità di dovervi accedere. Si consideri, ad esempio, l'insita impraticabilità del tetto a falde. Per quale motivo dovrebbe raggiungerlo? Senza dire che nemmeno i condòmini che attraversano sistematicamente le scale avrebbero necessità di arrivarci. Senza dire, ancora, che le manutenzioni non vengono eseguite dal condomino, ma da imprese estranee terze. Nell'arco temporale di un cinquantennio quante volte il proprietario del locale commerciale al pianterreno avrà motivo di recarsi sul tetto? Senza temere di essere smentiti, potremmo così rispondere: mai.

Ci si si domanda allora perché secondo la Suprema corte dovrebbe raggiungere il tetto. E ammesso che ogni cinquant'anni si ravvisi l'ipotetica e remotissima necessità di accedere al tetto una o due volte, il proprietario del locale esterno dovrebbe essere obbligato all'ingiusto esborso spalmato nei decenni senza mai ricevere in cambio alcun servizio o beneficio? Le pronunce di legittimità ipotizzano per i locali esterni un concorso di spesa «in misura inferiore». Al riguardo, si osserva che le tabelle dei millesimi scala e ascensore si compilano in ragione dei princìpi espressi dall'articolo 1124 Codice civile. Seguendo tali dettami si otterrebbero risultati aberranti e improponibili. Si immagini un locale commerciale situato al pianterreno dotato di ingressi autonomi ed esteso per l'intera superficie del fabbricato: in tal caso (sebbene concorra a pagare solo sulla prima tabella cinquecentesimale e non sulla seconda calcolata sull'altezza dei piani) sarà tenuto all'esborso di cifre astronomiche visto che concorrerà per metà con i millesimi generali (fortemente incrementati dalla destinazione d'uso commerciale) sulla prima tabella cinquecentesimale.

In estrema sintesi, il locale che non si serve affatto dell'androne, scale ed ascensore sosterrà importi spropositati ed esponenziali di gran lunga maggiori rispetto agli appartamenti che invece li utilizzano quotidianamente determinandone l'usura. Ci sia consentito, è una assurdità.Da altro canto, infine, si segnala un contrapposto orientamento di legittimità il quale sostiene che i presupposti per attribuire la proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali sono destinati all’uso o al servizio non di tutto l’edificio, ma di una sola parte o di alcune parti di esso. Tale indirizzo si richiama al concetto di condominio parziale.

Principio, questo, creato dalla giurisprudenza e normato con la riforma del 2012 mediante l'introduzione dell'articolo 1117 bis Codice civile il quale dispone che «le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari… abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117». Tali princìpi escluderebbero i locali estranei dall'utilizzo dell'androne, scale e ascensore.Il quadro d'insieme degli esposti rilievi si innesta nel solco giurisprudenziale minoritario che trae fondamento dalla relazione di accessorietà. Considerata l'importanza della questione che involge notevolissimi esborsi aggravando condòmini che non ritrarranno mai il benché minimo godimento dall'androne, scale ed ascensore, si auspica venga devoluta e rimeditata dalle Sezioni Unite.

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