Condominio

Caduta in condominio: la contumacia non esonera dal rispetto dell'onere probatorio

Va valutato sempre il nesso causale tra il bene in custodia ed il danno prodotto oltre che l’atteggiamento del danneggiato

di Fabrizio Plagenza

Il Tribunale di Roma, con la recente sentenza 18715 pubblicata il 30 novembre 2021, si è occupata delle lesioni subite in condominio nel caso in cui l'evento dannoso venga ascritto alla responsabilità del condominio stesso. O, ad essere più precisi, allorquando si ipotizza una responsabilità, in tal senso.

I fatti
Una signora citava in giudizio il condominio chiedendo di accertare la responsabilità dello stesso per i danni subiti a seguito del sinistro alla stessa occorso ed a causa del quale subiva lesioni personali per essere caduta, sbattendo la testa ed il ginocchio destro , mentre «impegnava le scale esterne del condominio ove abita, reso scivoloso dallo stillicidio dell’acqua». La condomina danneggiata, il giorno successivo, veniva ricoverata per poi essere dimessa con diagnosi di trauma cranico con una piccola frattura della volta dell’orbita destra. Sosteneva di aver riportato un’invalidità permanente dell’8% e chiedeva al Tribunale di dichiararsi la responsabilità del condominio convenuto e la condanna dello stesso al risarcimento dei danni patiti nella misura accertata in corso di giudizio, deducendo la responsabilità del convenuto ex articoli 2051 e 2043 Codice civile.

Il condominio convenuto non si costituiva e restava contumace. L’istruttoria si svolgeva principalmente sulla base delle risultanze documentali e sulle prove orali ammesse con Ctu medico legale a completamento d’istruttoria. All'esito, il giudice riteneva, tuttavia, non sussistenti i presupposti per l’applicazione nel caso di specie dell’articolo 2051 Codice civile, né quelli dell’articolo 2043 Codice civile, per le seguenti motivazioni.

Il danno deve essere prodotto dal bene in custodia
La regola di diritto applicabile al caso di specie, va individuata nella disciplina di cui all’articolo 2051 Codice civile, che configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva per la cui sussistenza è necessario che ricorra, e sia stato provato dal danneggiato, il nesso materiale tra la cosa che taluno abbia in custodia e il danno da essa arrecato. Secondo il giudice capitolino, deve escludersi l’applicabilità dell’articolo 2051 nelle ipotesi in cui la cosa abbia avuto un ruolo del tutto inerte e passivo nella causazione del danno. Per l’applicazione dell’articolo 2051 è necessario che il danno sia stato arrecato “dalla cosa”.

«Sussiste questo requisito quando la cosa in custodia non entra come mera occasione nel processo produttivo del danno, ma è essa stessa causa o concausa del danno: vuoi perché arrecato dalla cosa direttamente, a causa del suo intrinseco potere, vuoi perché arrecato da un agente o processo dannoso insorto od eccitato nella cosa». Il nesso causale va escluso in tutte le ipotesi in cui l’evento dannoso sia riferibile al caso fortuito, da ritenere sussistente anche ove lo stesso evento sia ascrivibile esclusivamente alla condotta del danneggiato che intervenga ad interrompere il nesso causale tra cosa e danno. (tra le tante Cassazione 5578/2003).

L’onere probatorio
Ecco, quindi, che assume rilevanza dirimente, il riparto dell'onere probatorio. «Grava così in capo all’attore l’onere probatorio del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo, ovvero del sinistro occorso, mentre il convenuto deve dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità - cioè il caso fortuito - in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode»(Cassazione 11016/11). L’articolo 2051 Codice civile, infatti, configura un’ipotesi di responsabilità per la cui sussistenza è necessario che ricorra e sia stato provato dal danneggiato, il nesso materiale tra la cosa in custodia ed il danno da essa arrecato.

Il comportamento del danneggiato
Grava così in capo all’attore l’onere probatorio del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo, ovvero del sinistro occorso, mentre il convenuto deve dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità - cioè il caso fortuito - in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode. Peraltro, ricorda la sentenza in commento, che tale caso fortuito peraltro ben può essere integrato dalla condotta dello stesso danneggiato idoneo ad interrompere il nesso eziologico con l’evento dannoso - laddove il suo comportamento non si sia improntato a quei canoni di diligenza imposti dal criterio di autoresponsabilità necessario per l’utilizzo di beni ad estensione collettiva. (Cassazione 4476/11).

Inoltre, posto che l’attrice, a sostegno della domanda, aveva dedotto di essere caduta mentre impegnava le scale esterne al condominio in cui abitava, «rese scivolose dallo stillicidio di acqua che cadeva dalle piante annaffiate ai piani superiori», anche sul punto andava fornita la prova rigorosa. Orbene, per il Tribunale di Roma, non poteva dubitarsi che l'attrice fosse caduta, ma «da un’attenta analisi del materiale fotografico in atti», il giudice deduceva che le scale non apparivano «pericolose od insidiose». E, da ultimo, restava inoltre assolutamente non provato il sostenuto stillicidio dell’acqua proveniente dai piani superiori, «oltre che apparire inverosimile».

Conclusioni
Mancava, dunque, la prova che la parte attrice fosse caduta a causa del pavimento reso scivoloso dallo stillicidio dell’acqua proveniente dai vasi dei piani superiori. Anzi, «nel caso di specie, oltre a mancare la prova del nesso causale, può facilmente sostenersi che la caduta sia dipesa da una disattenzione nell’incedere messa in atto dalla della parte lesa». Domanda rigettata, dunque, anche con la contumacia del condominio convenuto. Con condanna dell'attrice al pagamento delle spese di Ctu.

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