Condominio

Green pass e consigli per i lavoratori in condominio, contrasti tra norma e parere del Garante

La consegna del certificato verde direttamente al datore di lavoro, l’amministratore in condominio, va trattata con la massima attenzione

di Carlo Pikler - Centro studi Privacy and Legal Advice

All'esito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 20 novembre 2021, numero 277 della legge di conversione 19 novembre 2021, numero 165 del decreto-legge numero 127, troviamo il nuovo comma 5 dell'articolo 9 quinquies e dell'articolo 9 septies del Dl 52 del 22 aprile del 2021, che riporta testualmente: «Al fine di s emplificare e razionalizzare le verifiche di cui al presente comma, i lavoratori possono richiedere di consegnare al proprio datore di lavoro copia della propria certificazione verde Covid-19. I lavoratori che consegnano la predetta certificazione, per tutta la durata della relativa validità, sono esonerati dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro».

La consegna della certificazione al datore
Secondo il nuovo testo, il lavoratore, su base volontaria, può consegnare la certificazione al proprio datore di lavoro. Così facendo, il dipendente sarà esonerato dai controlli da parte dei rispettivi datori di lavoro fino alla scadenza del certificato verde. Questa misura, appare perfettamente applicabile al condomino, sia laddove vi siano dipendenti diretti (portieri), sia in relazione ai lavoratori mandati ad operare nel contesto condominiale da parte del fornitore.La ratio della norma è quella di consentire, da un punto di vista pratico, una facilitazione sul controllo circa il possesso del green pass nei luoghi di lavoro.

I trattamenti derivanti dal deposito del documento
Ma la comodità del controllo facilitato attraverso l'invio della certificazione al datore di lavoro controbilancia il maggior onere in capo a quest'ultimo da un punto di vista di procedure tecniche ed organizzative collegate agli adempimenti imposti in termini di accountabiility, così come richiesti dal Regolamento Ue 16/679. Tale attività, infatti, implica necessariamente una serie di trattamenti che entrano nella sfera di conoscibilità del soggetto accertatore e che potrebbero, laddove non controllati, portare a comportamenti discriminatori.

Parere contrario del Garante
Così facendo, si viene infatti a conoscenza di convinzioni socialmente impattanti (scelta di vaccinarsi o meno), nonché di informazioni relative allo stato di salute del soggetto accertato, con la possibilità di risalire alla conoscenza della pregressa malattia da Covid – 19 dell'interessato.Tale evoluzione normativa, è avvenuta nonostante l'intervento del Garante nazionale sul tema, che troviamo nel documento web 9717878 dell’ 11 novembre 2021, intitolato: «Segnalazione al Parlamento e al Governo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 127 del 2021 (AS 2394), in relazione alla possibilità di consegna, da parte dei lavoratori dei settori pubblico e privato, di copia della certificazione verde, al datore di lavoro, con la conseguente esenzione, dai controlli, per tutta la durata della validità del certificato».

Secondo Pasquale Stanzone, garante nazionale, la previsione introdotta dalla norma di conversione del disegno di legge presenta una serie di criticità, verso le quali è necessario un approfondimento ulteriore. Innanzitutto, l'esenzione dai controlli in costanza di validità della certificazione verde rischia di determinare l'elusione delle finalità di sanità pubblica che sono all'origine del sistema del green pass, posto che questa si considera efficace nella misura in cui il certificato sia soggetto a verifiche periodiche sulla sua persistente validità attraverso il costante aggiornamento della piattaforma nazionale Dgc in relazione alle risultanze diagnostiche eventualmente sopravvenute.

La normativa Ue violata
L'eventuale condizione di positività sopravvenuta e non rilevata in capo all'intestatario del certificato sarebbe in contrasto con il principio di esattezza cui deve informarsi il trattamento dei dati personali (articolo 5, paragrafo 1, lettera d) Regolamento Ue 2016/679). In questo modo poi, si renderebbe non del tutto proporzionato il trattamento dei relativi dati, in quanto non più pienamente funzionale rispetto alle finalità perseguite.Infatti, legittimare la conservazione di copia delle certificazioni verdi, andrebbe in contrasto con il Considerando 48 del Regolamento (Ue) 2021/953, il quale dispone che «Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento».

Il divieto in questione è funzionale a garantire la riservatezza dei dati sulla condizione clinica del soggetto (in relazione alle certificazioni da avvenuta guarigione), e delle scelte che ciascuno compie in ordine alla profilassi vaccinale. Si annullerebbe anche l'impegno di tenere all'oscuro il datore di lavoro sulla conoscenza di condizioni dei lavoratori come la situazione clinica e convinzioni personali che sembrano poco compatibili con le garanzie sancite sia dalla disciplina di protezione dati, sia dalla normativa giuslavoristica (articoli 88 Regolamento Ue 16/679; 113 Dlgs 196 del 2003; 5 e 8 legge 300 del 1970; 10 Dlgs 276 del 2003).Tantomeno la facoltà di conservazione del green pass può ritenersi legittima sulla base di un presunto consenso implicito del lavoratore che la consegni in ragione dell'asimmetria che caratterizza il rapporto lavorativo stesso (C 43 Regolamento Ue 2016/679).

Conclusioni
La prevista legittimazione della conservazione di copia delle certificazioni verdi, contrasta con il Considerando 48 del Regolamento Ue 953/2021 il quale, nel sancire un quadro di garanzie omogenee, anche sotto il profilo della protezione dati, per l'utilizzo delle certificazioni verdi in ambito europeo, dispone che «Laddove il certificato venga utilizzato per scopi non medici, i dati personali ai quali viene effettuato l’accesso durante il processo di verifica non devono essere conservati, secondo le disposizioni del presente regolamento». Chiude il Garante evidenziando poi un ulteriore aspetto, ovvero che la conservazione dei certificati imporrebbe al datore di lavoro, l'adozione di misure tecniche e organizzative adeguate al grado di rischio connesso al trattamento, con un incremento degli oneri a suo carico.

I riflessi in condominio
Ad oggi, quindi, l'amministratore potrà sicuramente raccogliere copia dei certificati verdi dei dipendenti dei condomìni amministrati. La norma, invece, nulla dice in relazione alla possibilità di raccolta delle certificazioni che potranno essere inviate all'amministratore dal datore di lavoro fornitore. In caso di ricezione di queste, appare opportuno accertarsi che il dipendente del fornitore abbia prestato esplicito consenso alla comunicazione dei dati all'amministratore di condominio. Per evitare rischi inutili in relazione a trattamenti illeciti, si consiglia, comunque, la ricezione da parte dell'amministratore di un'autocertificazione da parte del fornitore datore di lavoro, nella quale si attesti che i propri dipendenti sono stati controllati in relazione alla validità del green pass e che lo hanno in regola rispetto alla normativa.

Come sottolineato dal Garante, se l'amministratore o un suo delegato svolge controllo diretto attraverso applicativo Verifica C19, non vi potrà essere la raccolta di alcun dato, ad eccezione di quelli necessari ad avviare la procedura per l'assenza ingiustificata del dipendente. Tali informazioni, comunque, potranno essere conservate e trattate in maniera specifica solo per la suddetta attività e per quelle connesse: si pensi, ad esempio, al caso in cui il dipendente avvii azione a difesa dei propri diritti dinanzi all'Autorità giudiziaria per contestare l'addebito dell'assenza ingiustificata. In tale circostanza, il datore di lavoro potrà trattare il dato anche per la difesa in giudizio.

Nel caso invece di trasmissione volontaria del certificato verde da parte del dipendente all'amministratore del condominio datore di lavoro, dovrà indicarsi che vi potrà essere la conservazione dello stesso fino a scadenza del certificato per finalità esclusivamente collegate all'adempimento normativo del controllo e, senza esplicito consenso, deve ritenersi altamente sconsigliato condividere detto file su cloud esterni, a maggior ragione laddove si tratti di spazi virtuali siti in paesi extra Ue.

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