Condominio

Uso illecito della parte comune, la prova spetta a chi contesta

Nel caso specifico il camino realizzato sul tetto non ne alterava la portata o la sua funzione di copertura dello stabile

di Edoardo Valentino

Un principio fondamentale del diritto condominiale è che ogni condomino possa fare un uso più intenso dei beni comuni, a patto che non modifichi la parte alterandone la destinazione e che non renda impossibile agli altri condòmini un uso paritetico. L'uso più intenso, quindi, prevede uno sbilanciamento in favore di un condomino, con l'espresso divieto di danneggiare gli altri condòmini. Laddove vi sia un uso non consentito dei beni comuni, però, spetterà al soggetto danneggiato dare prova al giudice dell'uso idiosincratico del vicino e in mancanza di prova la sua domanda giudiziale verrà rigettata.Per verificare l'applicazione concreta dei principi sopra enunciati è utile la lettura della sentenza della Cassazione, sezione sesta civile, 18 novembre 2021 numero 35213.

La vicenda
In tale decisione si analizza una lite iniziata da un condomino che contestava come un vicino avesse fatto un uso non corretto della cosa comune. Secondo la ricostruzione della parte, infatti, il comproprietario aveva realizzato – con l'avallo del condominio – un camino nel lastrico solare di copertura dello stabile e aveva provveduto ad arretrare un serramento posto sulla facciata del palazzo. Il Tribunale, in primo grado, aveva rigettato la domanda del condomino dichiarando la legittimità delle opere e conseguentemente la correttezza dell'uso delle parti comuni effettuato dal convenuto.

La norma di riferimento, sul punto, è l'articolo 1102 del Codice civile il quale afferma che «Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa».Tale decisione veniva sostanzialmente confermata anche dalla Corte d'appello.Al condomino che lamentava il presunto sopruso del vicino non restava quindi che agire in Cassazione.

La pronuncia della Suprema corte
Egli adiva quindi la Cassazione sostenendo l'errore della Corte d'appello, che aveva asseritamente sbagliato nel valutare come spettasse a lui fornire prova delle violazioni del vicino, e non a quest'ultimo dimostrare di avere fatto un uso corretto della cosa comune. Con la sentenza in commento la Cassazione sanciva la correttezza del ragionamento dei precedenti giudici di merito.È legittimo, infatti, che un vicino agisca in giudizio lamentando un uso della cosa comune in violazione del proprio diritto, ma tale azione deve essere sorretta da opportuna base probatoria.Nel caso in questione, era pacifico che il convenuto avesse realizzato lavori sulle parti comuni, ad esempio installando un camino sul tetto condominiale.

Ciò che mancava all'azione del ricorrente, però, era la prova che tali lavori avessero in qualche modo danneggiato il condominio alterando la destinazione dei manufatti o violato il diritto degli altri proprietari di fare un uso paritetico dei beni condominiali.Non ogni modifica delle cose comune comporta un danno per il condominio o per gli altri condòmini: nel caso in questione, ad esempio, l'istallazione del camino sul tetto non alterava la portata del tetto o la sua funzione di copertura e conseguentemente l'utilizzo effettuato dal condomino non poteva che essere considerato legittimo, con conseguente rigetto del ricorso.

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