Condominio

L’incapacita’ a testimoniare dell’amministratore e dei condòmini deve essere eccepita per tempo

Deve essere sollevata nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso

di Rosario Dolce

Il condominio, quale parte contrattuale, talvolta, è coinvolto in controversie relative all'interpretazione dei contenuti dei patti negoziali stipulati, come, ad esempio, quelli aggiunti al contenuto del verbale di assemblea. C'è un problema, però: nel condominio sussistono dei limiti alla prova di carattere soggettivo. In altri termini, sia l'amministratore che i singoli condòmini non sarebbero in grado di testimoniare, ammesso che la relativa deposizione per questioni di natura contrattuale sia astrattamente ammissibile (e, se lo fosse, nel qual caso, occorrerebbe eccepire l'inammissibilità secondo la logica preclusione processuale).

I fatti
Ne sa qualcosa, in punto, un avvocato che assumeva di avere diritto a ricevere un compenso superiore a quello elargito, ma si è dovuto scontrare con una sorta di dimenticanza processuale, vale a dire quella di reiterare l'eccezione in ogni sede di udienza, financo in quella di precisazione delle conclusioni. La diatriba è stata definita dalla Cassazione con ordinanza 35950 del 22 novembre 2021. Le norme di riferimento – per come richiamate nel provvedimento in commento - sono due.

Si tratta degli articoli 2721 («la prova per testimoni dei contratti non è ammessa quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58. Tuttavia l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza») e 2722 Codice civile (per cui: «La prova per testimoni non è ammessa se ha per oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea»).

La dimenticanza processuale
Il casus belli nasce, non tanto, dalla ammissibilità delle prove orali escusse nei confronti dell'amministratore e di un condòmino quanto dalla dimenticanza processuale dell'avvocato antagonista al condominio. Questi, infatti, non aveva reiterato l'eccezione sull'inammissibilità della prova orale – seppure sollevata ritualmente - anche in sede di precisazione delle conclusioni ( o meglio l'aveva spiegata in sede di note di replica di cui all'articolo 190 Codice procedura civile), per cui i giudici di merito avevano ritenuto che tale censura fosse da ritersi inefficace.

Secondo la Suprema corte, pertanto, la pronuncia impugnata può ritenersi legittima, in quanto la corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi ritenendo sanata la «nullità relativa», non dedotta nell’udienza di precisazione delle conclusioni, secondo la previsione dell’articolo 157, comma 2, Codice procedura civile («Non può pronunciarsi la nullità senza istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio. Soltanto la parte nel cui interesse è stabilito un requisito può opporre la nullità dell’atto per la mancanza del requisito stesso, ma deve farlo nella prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso» ).

L’incapacità a testimoniare
Nel provvedimento in commento, viene, infine, ricordato che l'incapacità a testimoniare di un ex amministratore è parimenti “relativa”. L'articolo 246 Codice procedura civile, che esplicita l'incapacità a testimoniale, si verifica solo quando il teste è titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’articolo 100 Codice procedura civile, tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza (Cassazione civile 9353/2012 e 167/2018).

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