Condominio

È da provare il danno da umidità di risalita per insufficiente altezza del vespaio

Nel caso specifico l’acquirente voleva trasformare un laboratorio in abitazione e si riteneva danneggiato dalla mancanza del vespaio

di Eugenia Parisi

L’acquirente di un immobile ha chiesto al Tribunale di Milano di accertare l'inadempimento contrattuale a causa della mancata presenza di un vespaio e dell’inutilizzabilità del locale wc esterno all’appartamento con condanna al risarcimento dei danni del venditore: l a controversia si è conclusa con la sentenza 9303/2021.

L’inesistenza del vespaio
Nel rogito si dava atto che era stata presentata al Comune la comunicazione di mutamento di destinazione d'uso, ove i venditori avevano dichiarato l’esistenza di un vespaio con una struttura ad igloo di cm 60, mentre l'attore aveva riscontrato, nel corso dei lavori di ristrutturazione, che sotto la pavimentazione non ne esisteva alcuno. L'attore lamentava anche di aver potuto realizzare, di conseguenza, un vespaio di soli 25 cm (in quanto al di sotto vi erano 30 cm di calcestruzzo), con aggravio di costi ed un danno per l'umidità di risalita che un vespaio così basso non riusciva ad eliminare.

Assumeva, quindi, la mala fede dei convenuti in quanto, negli anni, l'amministratore aveva chiesto informazioni sulla realizzazione del vespaio e la loro mancata risposta ne dimostrava la consapevolezza dell'inesistenza. Veniva lamentato, poi, un ulteriore inadempimento contrattuale in relazione al wc adiacente all'unità immobiliare, riguardo al quale l’amministratore condominiale lo aveva informato che non era in uso anche a quella acquistata, come invece dichiarato nell'atto di compravendita.

L’accertamento del danno
In relazione al piccolo locale wc non è stato ravvisato alcun inadempimento, considerato che nell'atto di compravendita i venditori confermavano semplicemente l'indicazione che nell'atto di provenienza vi era l’esistenza di un wc esterno in uso comune alle unità immobiliari prospicenti il cortile, non specificando però che il wc fosse in uso anche all'unità immobiliare oggetto del rogito. Inoltre, nei patti speciali l'acquirente dichiarava di essere a conoscenza dell'esistenza di gabinetti esterni in uso esclusivo ad alcune parti dell'immobile condominiale (come dei posti auto del cortile e dell'uso esclusivo di alcuni ballatoi), senza però alcuna specificazione del wc in uso all'unità in oggetto.

Il semplice richiamo all'esistenza di locali wc in uso comune a porzioni dell'immobile condominiale non dimostrava che i venditori avessero dichiarato l'uso del locale wc per l'unità compravenduta; al contrario, la circostanza che l'unità immobiliare fosse dotata di un proprio wc portava ad escludere che quello esterno fosse disponibile anche per quella. Non c’era l'inadempimento della parte venditrice e non risultava un danno risarcibile, non essendovi nessun elemento da cui si potesse ritenere che l’acquisto fosse avvenuto solo per la possibilità d’uso del locale esterno.

L’inesatto adempimento
Quanto al vespaio, nel contratto di compravendita la parte venditrice dichiarava di aver richiesto il cambio di destinazione d'uso dell'immobile da laboratorio ad abitazione, tramite espressa dichiarazione al Comune dell'esistenza di un vespaio ad igloo di 60 cm per il mutamento di destinazione d'uso da laboratorio ad abitazione: la sua inesistenza integrava, conseguentemente, un inesatto adempimento dei venditori, essendo detta comunicazione funzionale alla vendita dell'immobile quale abitazione. La circostanza che essi avessero sottoscritto la comunicazione inviata al Comune per il cambio di destinazione d'uso predisposta dal tecnico dell'attore, non li esonerava dalla verifica della veridicità di quanto riportato, essendo essi stessi i soggetti richiedenti la modifica, quali proprietari dell'immobile, sino alla vendita. L'inesistenza del vespaio, scoperta dall'acquirente solo successivamente all'acquisto, integrava quindi un inesatto adempimento dei convenuti.

La mancanza di prova
Ciò posto, era però onere dell'attore allegare e provare il danno causato dall'inesatto adempimento dei venditori, che, nella specie, non è stato assolto. In particolare è stato dichiarato di aver dovuto realizzare un vespaio di soli 25 cm con un aggravio di costi e perdita di tempo, con un danno per l'umidità di risalita che però non è stato quantificato, non provando neppure il costo dei lavori o il tempo impiegato per la loro esecuzione, né offrendo elementi per liquidare il danno.

Le prove richieste erano inammissibili in quanto vertenti su circostanze di fatto che non potevano essere introdotte con la prova testimoniale; in particolare il danno per la mancanza del vespaio nell'impossibilità di abbassare la quota del pavimento per la realizzazione di un soppalco. La domanda risarcitoria è stata quindi respinta in assenza di prova del danno e degli elementi per la sua liquidazione (Cassazione ordinanza 26051/2020). Tuttavia, l'accertamento della responsabilità contrattuale dei convenuti per l'inesistenza del vespaio ha giustificato la compensazione delle spese di lite tra le parti.

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