Condominio

No alla mediazione in condominio per le cause in tema di risarcimento del danno da cose in custodia

Il proprietario dell’immobile danneggiato dalla cosa comune è un terzo che subisce un danno per l’inadempimento dell’obbligo di conservazione

di Rosario Dolce

Il Tribunale di Torino con la sentenza 4927 pubblicata lo scorso 11 novembre (che potremmo definire come il provvedimento di San Martino) detta un nuovo e inedito principio e smarca le cause risarcitorie in ambito condominiale dall'obbligo di instaurare il tentativo di mediazione ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 28/2010, laddove siano riconducibili alla fattispecie dell'articolo 2051 Codice civile (vale a dire al principio della responsabilità per cose in custodia).

I fatti
Il caso da cui si origina la controversia riguarda la citazione in giudizio di un condominio a causa di infiltrazioni d'acqua all'interno del proprio immobile, stante la domanda di risarcimento ivi formulata, sia per il danno emergente che per il lucro cessante.L'azione giudiziaria – che era stata preceduta da un accertamento tecnico preventivo – vedeva interposta, da parte del condominio, la lamentela sul mancato esperimento del tentativo di mediazione, prima dell'instaurazione della stessa controversia.

Il giudice piemontese, tuttavia, ha rilevato che la fattispecie normativa richiamata fa capo alla cosiddetta responsabilità per cose in custodia, per cui la stessa esulerebbe dall'approssimarsi all'interno dell'alveo di quanto riportato dall'articolo 71 quater delle disposizioni di attuazione al Codice civile (a mente del quale: «per controversie in materia di condominio, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, numero 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del Codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l’attuazione del Codice»).

La simmetria soggettiva
Il giudice ha legittimato tale conclusione anche con riguardo alla cosiddetta «simmetria soggettiva» sussistente nelle controversie condominiali: per cui a citare in giudizio il condominio è un condòmino.A tal riguardo sono stati richiamati diversi precedenti giudiziari, secondo i quali «il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’articolo 2051 Codice civile dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condòmini, ancorché tali danni siano causalmente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo» (Cassazione 7044/2020; numero 15291/2011; numero 26051/2008; numero 5326/2005).

Conclusioni
In sostanza – soggiunge testualmente il decidente - il proprietario dell’immobile danneggiato dalla cosa comune è un terzo che subisce un danno per l’inadempimento dell’obbligo di conservazione della cosa comune (Cassazione 1674 del 2015), il che implica la chiara natura extracontrattuale della responsabilità da porre in capo al titolare del bene da cui proviene l'evento dannoso, individuato nel caso di specie nel condominio. Donde, qui si soggiunge, sorge l'inapplicabilità della mediazione alla fattispecie.

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