Condominio

Illeciti sui lavori: a rischio il committente e l’impresa

di Laura Ambrosi

L’indebita fruizione dei vari crediti di imposta comporta conseguenze tributarie e talvolta penali particolarmente gravose. Basti pensare a quanto accaduto in questi ultimi anni dopo i controlli sui crediti di imposta per ricerca e sviluppo con l’”aggravante”, nel caso dei vari bonus in edilizia, che la loro fruizione è certo più estesa, con conseguente verosimile maggiore diffusione di accertamenti e di potenziali contestazioni.

La violazione fiscale

La situazione verosimilmente più frequente che potrebbe verificarsi è quella in cui i lavori siano stati eseguiti ma, per qualsivoglia ragione (inosservanza adempimenti, superamento soglie, assenza parziale dei requisiti eccetera) la detrazione non spetti in tutto o in parte, per mancata sussistenza dei requisiti. Di norma, in questi casi, si è in presenza di violazioni fiscali il cui accertamento, salvo circostanze particolari, viene eseguito in capo ai contribuenti che hanno beneficiato dei lavori e della conseguente detrazione/sconto in fattura/cessione del bonus. L’Agenzia recupera nei loro confronti:

a) l’importo corrispondente alla detrazione non spettante;

b) le sanzioni del 30%;

c) gli interessi;

Il fornitore che ha applicato lo sconto e il cessionario del credito rispondono solidalmente con il beneficiario della somma detratta e dei relativi interessi solo in caso di accertato concorso da parte loro nella violazione del contribuente.

Al di fuori del concorso, fornitori e cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto. In altre parole, il fornitore o il cessionario rispondono delle violazioni solo se l’Ufficio accerta il concorso nella violazione o per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto.

La violazione penale

Si possono però ipotizzare astrattamente anche questi ulteriori (e più gravi) illeciti:

1) Lavori non fatti. I lavori non vengono svolti, o riguardano interventi del tutto differenti rispetto a quelli previsti per l’accesso al beneficio e indicati nelle fatture della ditta fornitrice. Questa ipotesi appare meramente scolastica in quanto presupporrebbe una (pericolosa) connivenza illecita della ditta esecutrice dei lavori, di chi li riceve e degli attestatori.

2) Importo dei lavori sovrafatturati. L’altra situazione (e più frequentemente configurabile), attiene ai casi in cui i lavori descritti in fattura siano stati effettivamente eseguiti ma il costo venga sovrastimato per fruire di un maggiore credito di imposta rispetto a quello realmente spettante o per ottenere, a fronte della medesima spesa, anche l’esecuzione di lavori non ammessi al beneficio.

3) I lavori fatti da soggetti differenti. È anche ipotizzabile che i lavori vengano fatturati da un’impresa differente rispetto a quella che ha effettivamente eseguito i lavori, per esempio perché il cliente intende cedere il credito e l’impresa, per le più svariate ragioni, non può utilizzarlo.

Buona fede/inconsapevolezza

La responsabilità penale implica la consapevolezza dell’illecito. Quindi occorrerebbe individuare, in concreto, quanto un condomino piuttosto che l’amministratore di condominio o l’impresa esecutrice dei lavori abbia partecipato attivamente alla consumazione dell’illecito o ne fosse quanto meno consapevole. Si pensi per esempio alla sovrafatturazione dei lavori: la posizione di un condomino (di un condominio numeroso) all’oscuro delle modalità di quantificazione dei prezzi sarà certamente differente rispetto a quella di un condomino che ha ricevuto lavori ulteriori rispetto a quelli oggetto del beneficio senza pagare in più, o rispetto a chi ha concordato con l’impresa valori “gonfiati”.

Le sanzioni penali

Nelle ipotesi esposte potrebbero configurarsi operazioni inesistenti oltre che, a determinate condizioni, indebite compensazioni. Infatti, secondo l’articolo 1 del Dlgs 74/2000, per fatture o altri documenti per operazioni inesistenti si intendono quelli emessi a fronte di operazioni:

a) non realmente effettuate in tutto o in parte (ipotesi 1);

b) che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore al reale (ipotesi 2);

c) che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi (ipotesi 3).

Chi emette le fatture

In capo all’impresa che esegue i lavori e quindi emette le fatture è configurabile il delitto previsto dall’articolo 8 del Dlgs 74/2000 in base al quale è punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione, emette o rilascia fatture per operazioni inesistenti.

Nel caso in cui l’importo non rispondente al vero sia inferiore 100mila euro, si applicherebbe la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

Chi riceve le fatture

Fermo restando la necessità della consapevolezza dell’illecito di cui si è detto in precedenza, per colui che ha beneficiato dei lavori e quindi ha ricevuto le fatture:

a) se le ha indicate in dichiarazione (si pensi al caso di un’impresa o di una persona fisica che detrae l’imposta) si configurerebbe lo speculare delitto di dichiarazione fraudolenta (punito analogamente all’emissione),

b) se, invece, si tratta di persona fisica non soggetto Iva che non ha indicato in dichiarazione la fattura, si potrebbe configurare il concorso nel precedente reato di emissione commesso dall’impresa edile.

L’utilizzatore del credito

Ovviamente, gli utilizzatori del credito acquistato (banche, finanziarie eccetera), se ignari degli illeciti penali commessi da impresa e beneficiario dei lavori, non rischiano tali gravose conseguenze.

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