Condominio

Sopraelevazione: la Commissione paesaggio può esprimersi sul decoro architettonico?

di Donato Palombella

Può sembrare strano ma fin troppo spesso, quando il vicino esegue delle opere che interessano la facciata -nel caso in esame si parla di una sopraelevazione- l'assemblea, invece di preoccuparsi della statica dell'edificio, tira in ballo il decoro architettonico. Il più delle volte queste discussioni celano solo l'intento di bloccare l'attività del dirimpettaio. I problemi di ordine statico -che dovrebbero interessarci più di altri- risolvendosi con calcoli oggettivi, sono di facile soluzione; i concetti di decoro architettonico e aspetto architettonico, invece, sono più difficili da identificare e lasciano il campo a speculazioni di ogni tipo. Così accade che la situazione si complica, affollando le aule dei tribunali per decenni, con costi che si potrebbero evitare, sia per il condòmino, che per il condomìnio. Nel caso in esame la causa si è trascinata per un trentennio! Il condòmino pone sul piatto della bilancia il parere della Commissione paesaggio istituita dal comune; sarà sufficiente?

Il caso parte agli inizi degli anni '90
Il proprietario dell'appartamento di sesto e ultimo piano, volendo esercitare l'attività di affittacamere ed avendo bisogno di spazi, realizza una sopraelevazione. L'idea non piace al condomìnio che chiede la demolizione della sopraelevazione ovvero, ove essa fosse stata ritenuta legittima, la redazione di nuove tabelle millesimali da redigersi a spese del condòmino-costruttore. Gli anni passano e, nel 1998, il Tribunale, basandosi sulla relazione del CTU, dichiara la sopraelevazione illegittima perché pregiudizievole del decoro architettonico. Il giudice rincara la dose: il condòmino non può esercitare l'attività di affittacamere perché in contrasto con una specifica clausola del regolamento condominiale. La Corte d'appello, salomonicamente, ritiene la sopraelevazione irregolare ma legittima l'attività di affittacamere (da svolgersi, evidentemente, solo nell'unità di sesto piano).

La prima decisione della Cassazione
La vertenza finisce in cassazione. Il condòmino si lamenta perché lo stato dei luoghi, nel corso del giudizio, era mutato e non corrispondeva più alla situazione fotografata dal CTU molti anni prima. Le opere precarie erano state demolite e sostituire con altre, i lavori erano stati autorizzati dal comune con regolare concessione edilizia. Entrambe le parti chiedono una nuova consulenza tecnica, ma la Corte d'appello non la concede.
La Cassazione, (Sez. II civile) con la sentenza del 16 marzo 2010 n. 6349 rimette la causa alla Corte d'appello chiamata a stabilire, con una nuova relazione tecnica, se le modifiche, sia in relazione ai volumi realizzati che ai materiali impiegati, avevano inciso sul decoro architettonico del fabbricato.

Viene disposta una nuova CTU
La Corte d'appello dispone una nuova CTU ma il risultato non cambia: le opere, pur modificate rispetto al precedente rilievo, risultano pregiudizievoli per l'aspetto architettonico complessivo dei fronti dell'edificio. In particolare:a) sul fronte Nord, risulta alterato "il gioco chiaroscurale del prospetto"; la sopraelevazione presenta un prospetto uniforme in contrasto con le rientranze e le rifiniture dei balconi sottostanti;b) sul fronte Ovest, non solo sarebbero stati utilizzati materiali diversi da quelli presenti nel prospetto, ma le finestre non sarebbero allineate con quelle sottostanti.

Irrilevante il parere della Commissione per il paesaggio
Arriviamo ad un punto essenziale della vicenda. Il condòmino, aveva chiesto il parere di compatibilità alla Commissione per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio, che aveva ritenuto la sopraelevazione compatibile con l'architettura dell'edificio preesistente. La Corte d'appello ritiene irrilevante tale parere in quanto si tratterebbe di un provvedimento amministrativo ininfluente nei rapporti interni di condominio. Sottolinea, al riguardo, che l'interessato, nel presentare la richiesta di compatibilità, aveva omesso di rappresentare il fronte Ovest, ovvero quello che più si discostava stilisticamente dall'edificio originario.

Secondo passaggio in Cassazione: manca la motivazione
Il condòmino non si arrende e sottopone nuovamente la questione alla Cassazione lamentandosi perché la decisione non avrebbe tenuto conto del contesto storico ed urbano in cui si inserisce l'edificio e delle ridotte dimensioni della sopraelevazione. Evidenzia che le modifiche apportate al lato est sarebbero a malapena visibili e che il fabbricato, nel corso degli anni, aveva già subito numerose modifiche alla facciata e al tetto (tendaggi, antenne paraboliche, verande, unità esterne dei condizionatori, ecc.). Rileva, inoltre, che le valutazioni espresse al tecnico non sarebbero state motivate; il CTU avrebbe sostenuto che le modifiche avrebbero pregiudicato la facciata del fabbricato ma… senza spiegare il motivo.

Il fabbricato è privo di pregio
Il condòmino effettua una ulteriore precisazione: trattandosi di un edificio popolare, privo di qualsiasi pregio architettonico, la sopraelevazione non avrebbe potuto intaccare lo stile del fabbricato.

Il parere della Cassazione: aspetto architettonico e…
La Cassazione (ordinanza 29584/2021) affronta la questione sul piano del diritto (e non poteva essere diversamente). Ricorda che vi è una differenza tra "l'aspetto architettonico" (art. 1127 c.c.) e il "decoro architettonico" (art. 1120 cod. civ.)L'art. 1127 c.c., nel disciplinare il diritto di sopraelevazione del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, pone alcuni limiti: le opere non possono ledere la statica e l'aspetto architettonico dell'edificio né diminuire notevolmente l'aria e la luce per i piani sottostanti. Il giudizio relativo all'aspetto architettonico va condotto in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili verificando se la modifica abbia comportato, per gli altri condòmini, un danno economico valutabile (Cass. Sez. 6-2, 28/06/2017, n. 16258; Cass. Sez. 2, 15/11/2016, n. 23256; Cass. Sez. 2, 24/04/2013, n. 10048; Cass. Sez. 2, 07/02/2008, n. 2865; Cass. Sez. 2, 22/01/2004, n. 1025; Cass. Sez. 2, 07/02/1998, n. 1297; Cass. Sez. 2, 27/04/1989, n. 1947).

…decoro architettonico
Gli artt. 1120, comma 4, 1122, comma 1, e 1122-bis c.c., pongono dei limiti diversi, prevedendo che la sopraelevazione debba "rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l'originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore." Il concetto di decoro architettonico, quindi, riguarda lo stile complessivo del fabbricato, la sua fisionomia originaria e le linee impresse dal progettista (Cass. Sez. 6-2, 12/09/2018, n. 22156; Cass. Sez. 6 - 2, 25/08/2016, n. 17350; si veda anche Cass. Sez. 6-2, 23/07/2020, n. 15675). La tutela dell'aspetto architettonico entra in gioco anche quando il fabbricato non abbia un particolare pregio artistico. Ciò che conta è che le opere non abbiano determinato, nell'occhio di chi guarda, una sensazione di disarmonia. Quindi, anche se il fabbricato non è di pregio ed è stato deturpato da elementi precedenti (antenne, verande, condizionatori, ecc.) la sopraelevazione è vietata quando appare come il classico "pugno in un occhio". In questo caso abbiamo un limite: la tutela non viene prestata se il fabbricato è in evidente stato generale di degrado.

Il caso in esame
La Cassazione concorda con la Corte d'appello: la sopraelevazione, anche a seguito degli ulteriori interventi, comporta un pregiudizio per l'aspetto architettonico complessivo dell'edificio. In particolare:a) sul fronte Nord, il manufatto contrasta con le rientranze dei balconi, muniti di finiture diverse per colore e trama metrica;b) sul fronte Ovest, giacché eseguita con materiali difformi da quelli del prospetto sottostante e munita di finestre non allineate alle sottostanti.

Il comune è fuori dai giochi
Il condòmino pone alla Cassazione un quesito: il CTU può ribaltare il parere espresso dalla Commissione per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio a cui compete, secondo il regolamento edilizio, il compito di esprimersi sulla compatibilità delle opere? Secondo la Cassazione, la Commissione comunale e il condomìnio operano su piani diversi: la prima esprime delle valutazioni che attengono il rapporto pubblicistico tra la P.A. e privato teso all'ottenimento del titolo edilizio; il secondo disciplina i rapporti privatistici tra i proprietari dello stesso fabbricato. Di conseguenza, la circostanza che la commissione comunale abbia espresso parere positivo diventa un fatto ininfluente nei rapporti interni al condominio. Proseguendo lungo questa strada, la Cassazione sottolinea che anche l'ottenimento del titolo edilizio è ininfluente nei rapporti interni.

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