Condominio

Per litigare sulla ripartizione spese va provato l’interesse di chi impugna la delibera

I bilanci, tuttavia, erano stati redatti senza tener conto di quanto disponevano regolamento e tabella

di Selene Pascasi

Il condomino che voglia impugnare una delibera per supposta erronea ripartizione delle spese, deve allegare e dimostrare di avervi interesse. Egli, quindi, deve provare che quella decisione gli abbia causato un apprezzabile pregiudizio personale mutando la sua posizione patrimoniale. Lo scrive il Tribunale di Roma con sentenza n. 13550 del 16 agosto 2021.

Apree la controversia un condomino: a suo avviso, spiega al giudice, l'assemblea si era mossa in maniera scorretta in sede di approvazione dei bilanci consuntivo su gestione condominiale, riscaldamento e relativo riparto, preventivo per l'anno successivo e consuntivo di gestione straordinaria. Il Condominio, marca, è diviso in 15 unità immobiliari e ha un terreno adiacente assegnato in comproprietà agli originari 14 proprietari degli immobili componenti il complesso.

Questi, però, nel vendere l'ex appartamento del portiere aggiungendo un'unità, avevano approvato un nuovo regolamento con nuova tabella millesimale al fine di regolare i diritti su tale area. Diritti, precisa, riconosciuti solo agli originari proprietari e non all'ulteriore aggiunto interno.

I bilanci, tuttavia, erano stati redatti senza tener conto di quanto disponevano regolamento e tabella. In sintesi, la delibera aveva diviso illegittimamente la spesa tra 15 condòmini anziché tra 14 ledendo i diritti soggettivi dei singoli visto che l'area non era condominiale ma proprietà esclusiva di alcuni condòmini. La deliberazione, poi, aveva approvato una spesa extra dopo l'esecuzione dei lavori dunque senza il requisito dell'urgenza. Chiede, pertanto, di dichiarare nulla o almeno annullabile la decisione.

Gli argomenti del condominio
Il Condominio si difende: era cessata la materia del contendere perché con successiva delibera la prima era stata parzialmente annullata, e comunque le richieste erano infondate. Il Tribunale le boccia ma aggiusta il tiro. L'assemblea aveva adottato nelle more del giudizio, premette, un successivo deliberato per sanare le invalidità ed illegittimità contestate ed è noto – e ribadito da Cassazione 10847/2020 – che quando il provvedimento impugnato venga sostituito con una successiva delibera in linea con le previsioni di legge, tale condotta riparatoria faccia venire meno il contrasto determinando la cessazione della materia del contendere.

Affinché la nuova delibera possa produrre tale effetto sanante e retroattivo, però, è necessario che la delibera viziata sia sostituita con altra valida e di contenuto identico per argomenti trattati. Qualora, invece, si revochi la precedente delibera per adottarne una di portata e contenuti organizzativi nuovi, non si verificherà l'effetto sanante. Ebbene, nella specie, il Condominio con la successiva delibera non aveva posto nel nulla la precedente limitandosi a mantenere in essere la divisione dei costi con riserva di approvazione definitiva e conguagli all'esito di un giudizio già aperto. Il deliberato, allora, non poteva dirsi sanante poiché anziché eliminare la causa dell'impugnazione (ripartizione di spese di manutenzione dell'area adiacente l'edificio tra tutti i condòmini) aveva solo statuito una riserva di meglio decidere.

Ciò nonostante, l'impugnativa era infondata per carenza d'interesse dell'attore ad ottenerne l'invalidità. Interesse all'azione che è nodo cardine nella nostra legislazione per cui è fondamentale, in ogni giudizio, verificare il presupposto su cui si basa la domanda ossia se il provvedimento chiesto eviti un danno ingiusto o dia un vantaggio. Nella vicenda, il proprietario – pur deducendo l'errata ripartizione spese – non aveva provato il suo interesse, mancando di dimostrare come ed in che termini l'accoglimento della pretesa gli avrebbe procurato utilità posto che, da comproprietario, era comunque tenuto a parteciparvi. Anzi, avendo la delibera posto l'esborso anche a carico di chi, secondo le sue prospettazioni, non erano tenuto a contribuire, costituiva per lui un vantaggio patrimoniale riducendone la quota di esborso. Di certo, non gli era di pregiudizio. Di qui, il rigetto dell'impugnativa.

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