Condominio

Il condomino deve provare l'esistenza del rumore da ristrutturazione edilizia

Nello specifico va dimostrato il superamento della normale soglia di tollerabilità

di Giulio Benedetti

Le ristrutturazioni edilizie compiute all'interno del condominio sono fonti di fastidiosi rumori e di vibrazioni e spesso causano contenziosi giudiziari. In tali casi il condòmino danneggiato deve provare l'esistenza del disturbo patito e l'entità delle immissioni disturbanti in modo che superino la normale tollerabilità stabilita dall'articolo 844 Codice civile. È quanto ha affermato la Cassazione nell’ordinanza 29274/2021 che ha dichiarato inammissibile (condannando il ricorrente al pagamento di un ulteriore importo come contributo unificato) il ricorso di un condòmino avverso una sentenza che aveva respinto la sua domanda di risarcimento del danno per l'attività rumorosa derivante da un cantiere edilizio nel condominio.

Le pronunce di merito
Il ricorrente ricorreva avverso la sentenza del giudice di appello, che confermando la sentenza del Tribunale, aveva rigettato le domande di inibizione della turbativa e delle molestie rumorose e di risarcimento del danno , per il pregiudizio causatogli dai lavori di ristrutturazione edilizia svolti nell'appartamento sito nello stesso edificio .Il giudice di appello, sulla base delle deposizioni testimoniali del primo grado, riteneva che l’attore non avesse dimostrato che i rumori prodotti da tale ristrutturazione avessero superato i limiti di tollerabilità definiti dall'articolo 844 Codice civile. Il ricorrente lamentava che il giudice di appello non si fosse pronunciato sul mancato rispetto assunto dalla convenuta di non effettuare lavori rumorosi nelle prime ore pomeridiane, condotta che integrava un inadempimento contrattuale.

La decisione della Suprema corte
La Cassazione affermava che le conclusioni dell'atto di citazione non contenevano la domanda di accertamento di un inadempimento contrattuale, connesso ad una diffida a lei formulata. Ne consegue che non è configurabile il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice in relazione ad una domanda nuova. Il giudice di legittimità respingeva anche il secondo motivo di ricorso, poiché sosteneva che il giudice di appello aveva esaminato le deposizioni testimoniali e le aveva ritenute insufficienti a provare l'intollerabilità delle emissioni, ovvero il fatto costitutivo della domanda. La Cassazione osservava che per affermare la violazione dell'articolo 115 Codice procedura penale occorreva denunciare che il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa al di fuori dei poteri officiosi riconosciutigli dalla norma.

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