Condominio

I costi del riscaldamento centralizzato vanno, se possibile, rapportati al consumo effettivo registrato

Se mancano sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna unità possono validamente ripartirsi in base ai millesimi

di Selene Pascasi

Le spese per il riscaldamento centralizzato possono validamente dividersi in base al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite soltanto ove manchino sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna che ne consentano il riparto in proporzione all'uso. Lo ricorda il Tribunale di Pordenone con sentenza 424 del 18 giugno 2021.

I fatti
A portare in causa il condominio, impugnando una delibera, è un ingegnere proprietario di tre appartamenti. La decisione assembleare, contesta, era nulla o comunque inefficace per illegittima ripartizione dei consumi di riscaldamento ed acqua calda sanitaria vista anche l'assenza di un sistema di contabilizzazione e regolazione dei consumi. Non solo. Le spese di riscaldamento, prosegue, non andavano inserite nel consuntivo per via di una conciliazione intervenuta in un procedimento civile pendente in appello. L'ente di gestione difende la legittimità del sistema di ripartizione dei costi poiché conforme al Dlgs 102/2014 ed alla norma tecnica UNI 10200. Peraltro, il condominio non aveva rinunciato per il futuro ad una rendicontazione delle spese.

La decisione e le regole di ripartizione spese
Esperita una consulenza tecnica per descrivere il sistema di misurazione dei consumi in uso e ad accertarne i l rispetto della disciplina, il Tribunale boccia le domande. La legge 10/1991, chiarisce, all'articolo 26 comma 5 – con le modifiche apportate dalla legge 220/2012 – fissa le regole di approvazione delle innovazioni relative all'adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore, prescrivendo un riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato. Contabilizzazione dei consumi di calore di ciascuna unità e divisione delle spese sui consumi effettivi, poi prescritte come obbligatorie dal Dlgs 102/2014.

Ebbene, l'interpretazione giurisprudenziale ha precisato che i costi del centralizzato possano validamente ripartirsi in base al valore millesimale delle singole unità servite solo ove manchino sistemi di misurazione del calore erogato in favore di ciascuna che ne consentano un riparto proporzionale all'uso (Cassazione 6128/2017). Si tratta di un criterio legale di ripartizione delle spese di riscaldamento in base al consumo reale funzionale a collegare il vantaggio economico del risparmio energetico, conseguente alla minor richiesta di calore, solo in favore di chi decida di prelevare minor energia.

I sistemi di misurazione
Nella fattispecie, la centrale termica sita al seminterrato era dotata di caldaie murali a metano che alimentavano tre circuiti per la climatizzazione invernale ed un circuito per la produzione di acqua calda sanitaria. Su ognuno di questi circuiti era montato un contatore di calore ISTA ed il relativo modulo di comunicazione via radio. Più in particolare, il sistema era costituito da radiatori a parete di varie dimensioni dislocati in ogni locale in cui erano suddivise le singole unità e su ogni termosifone era posto un ripartitore dei costi ISTA che trasmetteva i consumi alla centralina situata in corrispondenza del corridoio di piano. Ecco che ogni unità era dotata di misuratore volumetrico per contabilizzare l'acqua calda sanitaria consumata.

Nel corridoio del quinto piano comune alle unità del piano – come in ogni piano – era installata una centralina di comunicazione radio ISTA idonea a ricevere i consumi sia dai contatori in centrale termica che dai ripartitori presenti su ogni singolo radiatore delle unità immobiliari dell'attore e delle restanti del piano. Ebbene, dai rilievi eseguiti sui termosifoni delle singole unità di proprietà dell'ingegnere, ogni ripartitore risultava posizionato correttamente, fissato saldamente al termosifone, funzionante e privo di anomalie. Esisteva, quindi, un buon sistema per la registrazione dei consumi individuali.

La ripartizione in bilancio
Circa, poi, la ripartizione dei consumi in sede di bilancio, dovendosi riferire la validità della delibera impugnata alle norme vigenti al momento della sua approvazione, norma basilare era l'articolo 9, comma 5, lettera d) del Dlgs 102/2014. Precetto per il quale se i condòmini o gli edifici polifunzionali risultano alimentati da teleriscaldamento, teleraffreddamento, sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese di consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali, in base alla norma tecnica UNI 10200 e successive modifiche.

Ove tale norma non sia applicabile o siano comprovate differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità superiori al 50 per cento, è possibile dividere l'importo attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso le somme rimanenti possono ripartirsi secondo millesimi, metri quadri, metri cubi utili o potenze installate. È fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. Disposizioni facoltative nei condomìni o edifici polifunzionali ove alla data di entrata in vigore del decreto siano stati già installati tali dispositivi e si sia già provveduto alla relativa divisione dei costi.

Conclusioni
Nella fattispecie, si deliberava di ripartire le spese conformemente alla norma tecnica UNI 10200, quindi su un criterio ordinario non avendo l'assemblea esercitato la facoltà di optare tra diverse modalità di ripartizione connesse al consumo di calore per riscaldamento, raffrescamento ed uso di acqua calda sanitaria per il fabbisogno domestico. Dalle verifiche, poi, risultava che i dati di calcolo adottati corrispondevano a quanto rilevato in sede di sopralluogo e il calcolo della potenza dei corpi scaldanti era stato eseguito regolarmente.

Da escludere, infine, anche la supposta nullità della delibera giacché la richiamata proposta conciliativa riguardava il pagamento di oneri già contabilizzati ed inseriti nei bilanci condominiali e non impegnava l'ente alla pretesa di redigere, per anni, bilanci provvisori. D'altronde, il condominio è tenuto a redigere dei corretti bilanci preventivi e consuntivi potendo soprassedere dal recuperare materialmente parte del credito appostovi nei confronti di un condomino come può, raggiunta la pronuncia definitiva, rivedere i bilanci approvati per conformarli a tale definizione (Cassazione 30479/19). Queste, le ragioni per cui il Tribunale di Pordenone boccia l'impugnativa della delibera.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©