Condominio

Quale regime giuridico per i consorzi volontari di urbanizzazione?

I diversi inquadramenti del legislatore e della giurisprudenza hanno generato caos. Si ritiene siano applicabili le norme sulla comunione

di Fulvio Pironti

È tuttora effervescente il dibattito che trae origine dai tre indirizzi giurisprudenziali riguardanti il regime giuridico da applicare ai consorzi volontari di urbanizzazione. In particolare, gli interpreti si interrogano da tempo su quali quorum debbano applicarsi all'assemblea consortile: se gli articoli 1105, commi 2 e 3, e 1108, comma 2, Codice civile (dettati in tema di comunione) oppure l'articolo 1136 Codice civile (dettato in tema di condominio) o, ancora, l'articolo 21, comma 1, Codice civile (dettato in tema di associazione non riconosciuta).

Si è sostenuto che i consorzi di urbanizzazione non hanno una compiuta disciplina normativa per cui la soluzione dei problemi giuridici è legata a quanto stabilito dall’autonomia privata nell’atto costitutivo e nello statuto consortile oppure alla disciplina normativa più confacente. In quest'ultimo caso, ricorrendo alla analogia giuridica prevista dall’articolo 12 Disposizioni sulla legge in generale si consente all’interprete del diritto di colmare deficienze e lacune legislative utilizzando la disciplina prevista dall’ordinamento per materie similari e analoghe.

L’analogia e la sua applicazione
È ammissibile soltanto se basata sui seguenti presupposti: a) il caso non deve essere previsto da alcuna norma, b) devono rinvenirsi somiglianze fra la fattispecie disciplinata e quella prevista e c) il rapporto di somiglianza deve concernere gli elementi della fattispecie nei quali si ravvisa la giustificazione della disciplina dettata dal legislatore. Elementi costitutivi del consorzio di urbanizzazione sono la presenza di una organizzazione di soggetti accomunati dalla proprietà esclusiva di un lotto edificabile o di una costruzione ricadente in un comparto edificatorio e l’esigenza comune di realizzare, gestire e manutenere parti comuni.

I consorzi disciplinati dall'articolo 2602 Codice civile si differenziano da quelli di urbanizzazione in quanto caratterizzati dalla presenza di più imprenditori che istituiscono una organizzazione comune. La giurisprudenza definisce i consorzi volontari di urbanizzazione enti collettivi sguarniti di esplicita disciplina normativa. Non essendovi una specifica disciplina nell'ordinamento, la giurisprudenza individua le regole applicabili in ragione delle disposizioni statutarie. Ove difettino - ipotesi tutt'altro che infrequente - le assoggetta a varie discipline tratte da istituti privatistici. È espressione di tre massivi orientamenti marcatamente contrapposti: il primo filone inquadra le convenzioni di lottizzazione nell'àmbito della comunione volontaria, il secondo nel condominio edilizio e il terzo nelle associazioni non riconosciute.

Regime comunionista
Va premesso che il referente codicistico del consorzio di urbanizzazione si rinviene nella disciplina dei consorzi volontari. L'articolo 920 Codice civile dispone che si applicano ai consorzi volontari le norme stabilite per la comunione. Assoggetta i consorzi volontari alla comunione ordinaria (articoli 1100 - 1116 Codice civile) fra cui vanno ricompresi i diffusi Piani di recupero (Unità minime di intervento).In linea con il richiamato dato normativo, il Supremo consesso ha precisato che «le disposizioni in materia di condominio non sono estensibili al consorzio costituito tra proprietari di immobili atteso che i due istituti giuridici, nonostante le numerose analogie, presentano anche caratteristiche diverse che non ne permettono una completa parificazione concettuale» (Cassazione 4199/1984).

La giurisprudenza di legittimità da tempo sostiene che i consorzi urbanistici volontari sono assoggettati alla disciplina della comunione ordinaria dettata dal Codice civile (Cassazione 9941/2010 e 1125/1994). In tale scia di pensiero si è innestata la giurisprudenza amministrativa chiarendo che la stipulazione di una convenzione di lottizzazione comporta che i proprietari delle aree interessate alla urbanizzazione pongono in essere un negozio interno costitutivo (creazione del consorzio urbanistico volontario) il quale andrà assoggettato alla disciplina della comunione (Tar Campania Napoli 2997/2006, Tar Lombardia Milano 1083/2003).

Più specificamente, per quanto attiene alle Umi (Unità minime di intervento), la giurisprudenza di merito ha ribadito che «nei rapporti intersoggettivi tra privati (Umi) trovano applicazione le norme dettate in tema di comunione ordinaria sancite dagli articoli 1100 - 1116 Codice civile» (Tribunale Avellino 7 giugno 2003). La curia felsinea ha ritenuto che «secondo l'articolo 920 Codice civile, ai consorzi volontari di urbanizzazione si applica la disciplina della comunione» (Tribunale Bologna 10 aprile 2001). Tale pronuncia richiama il dispositivo letterale dell'articolo 920 Codice civile (per il quale si applicano ai consorzi volontari le disposizioni dettate per la comunione).

Ritiene che la causa prevalente fra contratto associativo e contratto di comunione sia quella della comunione e ribadisce che i diritti e le obbligazioni devono essere disciplinati dalle norme di cui agli articoli 1100 e seguenti Codice civile.Pur mantenendo la connotazione della comunione ordinaria, le Umi risultano tuttavia essere caratterizzate da risvolti privatistici e pubblicistici e la loro vita (fino all'ultimazione, accatastamento, frazionamento e assegnazione delle unità immobiliari) è regolata anche da una frammentata legislazione (tra cui le leggi 12/1988, 80/1984, 219/1981 e 457/1978).

Regime condominiale
La Suprema corte (Cassazione 2665/2001) sostiene che le maggioranze necessarie per l'approvazione delle delibere assembleari consortili (relative ai consorzi volontari di urbanizzazione) siano quelle indicate dall'articolo 1136 Codice civile, quindi quelle che disciplinano il condominio edilizio.

Regime associazionista
Si evidenzia l'esistenza di un terzo solco giurisprudenziale volto a considerare applicabili alle Umi le norme civilistiche in tema di associazioni non riconosciute. La Suprema corte ha statuito che «al fine di individuare la disciplina applicabile ai consorzi di urbanizzazione occorre far capo alle regole dettate dal Codice civile in tema di associazione non riconosciuta» (Cassazione 10220/2010 e 1277/2003). Una pronuncia di legittimità (Cassazione 11035/2015) asserisce l'inestensibilità residenziale delle norme che regolano il condominio al consorzio costituito fra proprietari di immobili per la gestione delle parti e servizi comuni di una zona residenziale. L'istituto consortile, per quanto presenti numerose analogie con il condominio, palesa profili differenti che ne impediscono la corrispondenza.

Considerato il suo elevato livello organizzativo, va assoggettato alla disciplina delle associazioni non riconosciute. Anche la giurisprudenza di merito ritiene che «i consorzi di urbanizzazione rappresentano una figura atipica che assume i connotati dell'associazione non riconosciuta regolata dagli accordi degli associati e dagli articoli 36 - 42 nonché da ogni altra norma applicabile alle associazioni prive di personalità giuridica» (Tribunale Napoli 14 maggio 1998). Il Tribunale di Benevento (7 aprile 2017, inedita) ha sposato la linea giurisprudenziale sostenitrice della applicabilità delle norme sulle associazioni non riconosciute alle assemblee consortili. Ha affermato che non risultano estensibili al consorzio (costituito fra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale) le norme che regolano il condominio.

Ciò in quanto l'istituto del consorzio di urbanizzazione, pur evidenziando molteplici analogie con il condominio edilizio, mostra ontologicamente caratteristiche diverse. Il consorzio, secondo il collegio sannita, possiede un assetto organizzativo più complesso ed appartiene alla categoria delle associazioni. Ne deriva l'applicazione dell'articolo 21 Codice civile.

Inapplicabilità della disciplina condominiale ai consorzi di urbanizzazione
È importante sottolineare che successivamente alle risalenti normative (1978 e 1981) nelle quali il legislatore adotta confusamente e impropriamente il lemma «condominio», la corposa elaborazione giurisprudenziale che ne è seguìta ha ampiamente sconfessato che le Umi (consorzi volontari) ricadano nel regime condominiale. Tant'è che la Suprema corte, nel lasso temporale ultraquarantennale si è sempre discostata e le ha assoggettate talora alla disciplina della comunione, talaltra alle associazioni non riconosciute. L'eventuale impugnazione delle delibere assembleari fondata sulla normativa condominiale mal si attaglierebbe perché inappropriata.

Disciplina condominiale inapplicabile ante frazionamento
La giurisprudenza (Cassazione 510/1982) sostiene che soltanto l'ultimazione dell'edificio costituisce condizione essenziale per la nascita ed esistenza del condominio con conseguente applicabilità delle relative norme (articoli 1117 - 1139 Codice civile). Il condominio, quindi, viene ad esistere per il frazionamento dell'edificio in più unità abitative tramite l'attribuzione notarile dei cespiti immobiliari. Le sequenze temporali che accompagnano il Piano di recupero Umi si fondano sulle intese raggiunte dalle pregresse ditte proprietarie essendo volte a demolire le particelle catastali preesistenti per dar corso alla edificazione del plesso immobiliare multipiano. Soltanto al termine del frazionamento e identificazione catastale, cui seguirà l'attribuzione delle particelle catastali ai consortisti, l'edificio si potrà considerare in condominio e, pertanto, assoggettato al relativo regime (articoli 1117 - 1139 Codice civile).

Va soggiunto che prima del frazionamento non può esistere condominio perché l'immobile ricostruendo o ricostruito è ancora in comunione indivisa fra i consortisti sulla quale convergono le quote proprietarie ideali. Il condominio negli edifici viene ad esistenza per la sola presenza dell'edificio ultimato, dotato di impianti e sevizi, in cui vi sia separazione della proprietà per piani orizzontali (Cassazione 1224/2012, 14813/2008, 3787/1982 e 319/1982). È il frazionamento catastale della proprietà di un edificio, per effetto del trasferimento delle singole unità immobiliari ad una pluralità di soggetti, a determinare l'insorgenza del condominio.

Le condizioni necessarie affinché possa dirsi costituito il condominio sono
a) la costruzione dell’edificio (è necessario che l’edificio sia ultimato in ogni aspetto),
b) la suddivisione dell’edificio in unità immobiliari esclusive (è necessario che l’edificio sia strutturato in modo tale che sussistano singole unità immobiliari indipendenti e parti comuni dell’edificio a servizio in rapporto di necessaria strumentalità),
c) il frazionamento (giuridico) dell’edificio (è necessaria l’attribuzione del diritto di proprietà esclusiva delle unità immobiliari che lo compongono a soggetti diversi).
Solo quando concorrono simultaneamente tali presupposti, il condominio può dirsi costituito.

Regime condominiale sancito dalla legge 219/1981
Come dianzi anticipato, l'articolo 12 della legge 219/1981 è stato sconfessato dal fiume giurisprudenziale quarantennale biforcatosi in due filoni, quello comunionista e associazionista. Negli anni successivi al varo di tale normativa (1981, nella quale il legislatore adottò confusamente e impropriamente il lemma «condominio») una poderosa elaborazione giurisprudenziale ha contraddetto il principio normativo secondo cui le Umi (Unità minime di intervento - Consorzi volontari) andavano assoggettate al regime condominiale.Gli indirizzi di legittimità disseminati nel lasso temporale quarantennale si sono discostati dalla nebulosa legislazione assoggettando le Umi alla disciplina della comunione e delle associazioni non riconosciute.

Ciò ha comportato il rigetto delle impugnazioni di delibere assembleari basate sulle nome condominiali (articolo 1137 Codice civile) in quanto inconferenti. Si consideri, inoltre, che non si è in presenza di un condominio e, stante l'impossibilità di assoggettare le delibere assembleari al relativo inquadramento, quelle impugnate non potranno ritenersi scalfite da alcuna censura essendo, al contrario e per massivo costante orientamento, operante il regime della comunione o, al più, dell'associazione non riconosciuta.

I dubbi sollevati dall'articolo 12 legge 219/1981
Ci si domanda quali siano i motivi per i quali l'articolo 12 legge 219/1981 è stato sconfessato dalla giurisprudenza in relazione al regime giuridico applicabile:
a - Il comma 1 dell'articolo 12 prevede la «costituzione convenzionale del condominio». Secondo il costante orientamento del Supremo consesso, il condominio negli edifici viene ad esistenza per la sola presenza di un edificio ultimato, dotato di impianti e sevizi, in cui vi sia una separazione della proprietà per piani orizzontali. È il frazionamento catastale della proprietà di un edificio per effetto del trasferimento delle singole unità immobiliari a soggetti diversi a comportare il sorgere di uno stato di condominio. Si chiarisce così che la costituzione convenzionale non può mai riguardare un condominio, ma una comunione nella quale confluiscono indistintamente le pregresse particelle catastali (ormai virtuali perché demolite); soltanto dopo l'ultimazione dell'edificio le ricostruite particelle ricadranno nel novero della disciplina condominiale.

b - Sempre il comma 1 dell'articolo 12 ribadisce che «si applica per la determinazione della maggioranza la disposizione del successivo comma 3» mentre il comma 3 precisa che le deliberazioni condominiali relative all’opera di ricostruzione sono valide se approvate con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136 Codice civile. Il reale intento del legislatore non fu quello di assoggettare le Umi alla integrale disciplina condominiale. Egli intese estrapolare da essa una sola tipologia di maggioranza per consentire la sua espressione in una unica convocazione per ogni decisione afferente alla ricostruzione; si è così richiamato all'articolo 1136, comma 2, Codice civile il quale contempla soltanto il quorum deliberativo in prima convocazione.Non suona strano che l'articolo 12 indichi la sola maggioranza deliberativa (si badi, ignorando ed omettendo quella costitutiva) dell'articolo 1136, comma 2, Codice civile della prima convocazione senza nulla disporre del quorum costitutivo previsto dal cennato disposto al comma 1?

È importante osservare come l'articolato in esame ometta ogni riferimento in ordine al quorum costitutivo della prima convocazione (articolo 1136, comma 1, Codice civile) e al quorum costitutivo e deliberativo per la seconda convocazione (articolo 1136, commi 1 e 3, Codice civile) e si limiti soltanto a rimarcare il secondo comma di tale disposto riguardante la prima convocazione.Quindi, non essendovi nell'articolo 12 riferimenti alla seconda convocazione né ai relativi quorum costitutivi e deliberativi (previsti dall'articolo 1136, comma 3, Codice civile in un terzo dei partecipanti con un terzo del valore) è verosimile ritenere che il legislatore con l'impropria dicitura «condominio» intese riferirsi all'istituto della comunione. Ciò sebbene avesse mutuato dall'istituto condominiale isolati monconi di maggioranze. L'inadeguatezza di tale assetto normativo trova la conferma nel profluvio giurisprudenziale correttivo protrattosi per oltre quarant'anni.

c - I successivi commi 4 e 5 dell'articolo 12, ancor più incerti ed enigmatici, prevedono, senza richiamarsi a monconi di disposizioni condominiali, in taluni casi la «maggioranza semplice» computata «sull'imponibile catastale», e sulle «superfici nette complessive». L'analisi del quadro normativo porta a concludere che si verte in tema di comunione nel cui seno non è prevista la doppia convocazione, né il quorum costitutivo, né tantomeno la doppia maggioranza (teste e valore).

Differenze dei regimi giuridici in relazione ai quorum assembleari
Balza all'evidenza la sostanziale diversità dei tre assetti deliberativi (comunione, condominio, associazione non riconosciuta) sui quali si delineano le rispettive posizioni giurisprudenziali. Differenze destinate ad incidere in taluni casi negativamente sul percorso amministrativo che dovrà compiere il consorzio di urbanizzazione. Talora si rischia l'estrema semplicità, talaltra l'estrema complessità.

Comunione ordinaria: prevede che l'assemblea possa riunirsi in unica convocazione e due diversi quorum deliberativi. Gli atti di ordinaria amministrazione andranno approvati con la maggioranza dei partecipanti computata in ragione del valore delle quote. Si individuerà in base al valore delle quote dei comunisti per cui se uno di essi è titolare di una quota sostanziosa rappresenterà la maggioranza imponendosi sui restanti consorziati. Per gli atti di straordinaria amministrazione, invece, è previsto un quorum qualificato: la maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo potrà deliberare gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.

Condominio edilizio: prevede la doppia convocazione e due quorum per ognuna. L’assemblea in prima convocazione si costituirà con l’intervento di tanti condòmini che rappresenteranno i due terzi del valore dell'edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio (quorum costitutivo in prima). Si considererà valida la delibera approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (quorum deliberativo in prima). L’assemblea in seconda convocazione è costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. Si considererà valida la delibera approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio. Le delibere aventi ad oggetto la ricostruzione dell’edificio dovranno essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio

Associazione non riconosciuta: la convocazione è in prima e seconda. Le delibere assembleari dovranno essere adottate a maggioranza e con la presenza di almeno la metà degli associati. In seconda convocazione, la deliberazione sarà valida qualunque sia il numero degli intervenuti.

Conclusioni
Il tentativo di inquadrare i consorzi di urbanizzazione da parte del legislatore, prima, e della giurisprudenza poi, non ha sortito gli effetti positivi sperati. I contrastanti indirizzi giurisprudenziali e i dubbi articolati normativi hanno soltanto generato disorientamento e intricato la questione. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare tenendo nella giusta considerazione l'articolo 920 Codice civile (anche eventualmente utilizzando il procedimento analogico) il quale sancisce espressamente l'applicabilità delle norme sulla comunione ai consorzi volontari. Sarà necessario un interessamento delle Sezioni unite per restituire ordine all'istituto.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©