Condominio

È viziata da eccesso di potere la delibera carente dei profili di revoca dell’amministratore condominiale

di Fulvio Pironti

La carenza informativa, e quindi l'impossibilità di verificare le ragioni che hanno condotto l'assemblea a revocare l'amministratore, rende annullabile la delibera per eccesso di potere. È il principio reso dalla sentenza del Tribunale di Tivoli, numero 1356, pubblicata il 7 ottobre 2021 . Cinque condòmini impugnavano dinnanzi alla curia tiburtina alcune delibere assembleari, tra cui quella avente ad oggetto la revoca dell'amministratore, chiedendone l'annullamento poiché ritenute viziate da eccesso di potere. Il condominio contrastava la domanda deducendo l'infondatezza in fatto e in diritto.

La decisione
Il giudice dopo aver premesso che la delibera è stata impugnata per eccesso di potere, chiarisce che la giurisprudenza estende ai deliberati condominiali l'applicazione dell'eccesso di potere quale patologia negoziale di annullamento. Le decisioni assembleari affette da eccesso di potere sono quelle che, da un canto, appaiono formalmente corrette e, dall'altro, il risultato cui pervengono menoma i diritti della minoranza poiché oltrepassa il confine della ordinaria discrezionalità.Ribadisce che vanno individuati i casi in cui la discrezionalità assembleare, di norma estranea alla valutazione giudiziale, deve essere analizzata.

Ciò che vizia l'atto collegiale a causa dello sconfinamento di potere, non risiede nell’esercizio discrezionale del potere deliberativo, ma nell’esercizio arbitrario e abusivo della discrezionalità per cui il risultato decisorio raggiunto sarà dannoso per il condominio.

Nel caso di specie, il Tribunale di Tivoli ha acclarato che la delibera opposta è inficiata da eccesso di potere e pertanto l'ha annullata.Nello specifico, in ordine alla deliberata revoca dell'amministratore di condominio il decidente osserva che se, da un lato, l’articolo 1129, comma 11, Codice civile prescrive che l'amministratore può essere revocato in ogni tempo dall'assemblea (nulla disponendo riguardo alla giustificazione da manifestare al revocando), dall'altro, attiene solo al rapporto contrattuale di mandato intercorrente fra condominio e amministratore.

Il condominio può esercitare il diritto di revoca senza essere tenuto a rendere giustificazione alcuna all'amministratore. Il perno della questione, tuttavia, verte sulla mancata rappresentazione preventiva dei motivi che hanno indotto la maggioranza assembleare a discutere e deliberare la revoca. A parere del giudicante, si è verificato un grave deficit informativo nei confronti dell'assemblea in quanto nessun condomino è stato reso edotto delle ragioni per le quali il condominio aveva sottoposto la discussione della revoca. La decisione di destituire dall'ufficio gestorio l'amministratore si è disvelata arbitraria: la carenza di motivazione ha determinato l'impossibilità di verificare le ragioni che hanno condotto alla adozione del deliberato di revoca.L'eccesso di potere nel condominio.

La questione dell’eccesso di potere
La pronuncia del tribunale tiburtino offre lo spunto per soffermarsi sull'eccesso di potere, particolare patologia negoziale di derivazione giurisprudenziale mutuata dal diritto amministrativo. L'applicazione di tale vizio alle assemblee del condominio è senz'altro scarsamente conosciuta perché infrequente rispetto ai più comuni e ricorrenti profili di annullabilità. L'eccesso di potere viene ad esistere quando un organo collegiale (l'assemblea di condominio) esercita il potere in modo deviante e scorretto perseguendo fini diversi da quelli propriamente condominiali. E

' l'uso del potere espletato in difformità del precetto normativo.Il sindacato dell’autorità giudiziaria è limitato al riscontro della sola legittimità della decisione gestoria con esclusione di ogni apprezzamento sul merito della scelta (opportunità, convenienza, idoneità a soddisfare le esigenze condominiali, eccetera). L’intervento censoreo dell’organo giurisdizionale non può espandersi fino ad apprezzare l’inadeguatezza dell’atto decisorio in relazione alla necessità della compagine. L'indagine deve, quindi ritenersi non consentita perché non supportata da un dato legislativo. Un impianto così modellato rischierebbe di permettere la reiterazione di abusi ad iniziativa della maggioranza in danno della minoranza.

Se per decretare la liceità della determinazione gestoria, si tiene conto del solo profilo formale (conformità alla previsione normativa o regolamentare) e si omette di considerare l'interesse collettivo al cui concreto perseguimento l’azione condominiale deve essere orientata, si finisce per legittimare azioni distorsive. Da qui la possibilità di consentire al dissenziente e all'assente il ricorso all'autorità giudiziale per chiedere l'invalidazione del deliberato assembleare viziato da eccesso di potere.In àmbito condominiale, l'articolo 1135 Codice civile prescrive quali siano le prerogative dell'assemblea, e l'articolo 1137 Codice civile annovera i rimedi giudiziali avverso le delibere inficiate. La delibera approvativa del rendiconto può essere impugnata dai condòmini assenti e dissenzienti. La verifica giudiziale della delibera assembleare non potrà estendersi al merito, ma andrà circoscritta alla valutazione di legittimità.

Sindacato giudiziale sulla delibera condominiale viziata da eccesso di potere
Solo in un caso il giudice sindaca il contenuto della delibera, ovvero quando l'assemblea ecceda dai propri poteri. In tal caso potrà essere annullata in quanto risulti iniqua e frutto ingannevole della maggioranza assembleare teso a perseguire finalità lesive degli interessi dei condòmini assenti e dissenzienti. Grava sull'impugnante l'onere dimostrativo della sussistenza dell'abuso e dell'eccesso di potere.

L’eccesso di potere può costituire motivo di invalidità della delibera assembleare quando vi sia la prova che il voto della maggioranza sia stato espresso allo scopo di ledere interessi della minoranza, oppure risulta in concreto preordinato ad avvantaggiare ingiustificatamente i condòmini di maggioranza in danno di quelli di minoranzaLa discrezionalità dell'assemblea non può mai tradursi in arbitrio. I limiti posti all'esercizio del potere discrezionale attribuito all'organo assembleare vanno individuati nella predeterminazione del fine condominiale da perseguire individuato dal legislatore e nella congruità fra l'esercizio del potere attribuito all'assemblea e la realizzazione del fine predetto.

Tanto più la norma è indeterminata nell'individuare gli interessi che dovranno essere presi in considerazione dall'assemblea, tanto più ampio sarà il margine discretivo del quale disporre. E tanto più forte si porrà l'esigenza di operare un controllo in merito al conforme esercizio del potere rispetto al fine individuato.L'eccesso di potere costituisce una specie della violazione di legge che si traduce in una errata applicazione della norma attributiva di potere. Nel diritto civile ha la funzione di valicare i limiti del controllo di legittimità sulle volontà riferibili agli enti collettivi (società, associazioni e condomìni).

Ciò per non lasciarli sguarniti di tutela e per arginare prevaricazioni imposte dalla maggioranza nei confronti della minoranza o di un singolo. In definitiva, l’eccesso di potere ricorre qualora il deliberato, per quanto formalmente rispondente ai precetti normativi e regolamentari, insegua il raggiungimento di finalità non riconducibili alla gestione dei beni e servizi comuni determinando nocumento agli interessi collettivi e a quelli esclusivi.

L’eccesso di potere nelle delibere condominiali può inquadrarsi nella più ampia categoria giuridica dell’abuso del diritto poiché ricorre nel caso in cui l’assemblea adotti in modo distorto i propri poteri e le funzioni decisorie per il perseguimento di risultati extra-condominiali - quindi fuorvianti rispetto a quelli istituzionali - determinando pregiudizi per la cosa comune e per gli interessi individuali di uno o più condòmini.

Conclusioni
Il vizio dell'eccesso di potere in àmbito condominiale non è sempre facilmente e immediatamente individuabile perché è subdolo e si annida nelle pieghe nascoste di deliberati formalmente ineccepibili. La sua presenza è più frequente di quanto si possa immaginare, ma, come rilevato, permane complessa la sua individuazione. E' una patologia negoziale incidente sulla sostanza e sul merito della decisione assembleare che trova la sua ragion d'essere nell'azione di contrasto avverso prese di posizione maggioritarie apparentemente corrette, tuttavia fortemente lesive della minoranza. Si auspica che l'interessante vizio induca gli interpreti ad un maggiore approfondimento.

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