Condominio

Nuova pronuncia della Cassazione su revoca dell’amministratore e spese processuali

Dei due orientamenti giurisprudenziali accolto quello secondo il quale il giudizio soggiace al regolamento delle stesse

di Fulvio Pironti

L'ordinanza della Cassazione resa il 27 settembre 2021, numero 26135, offre l'occasione per soffermarsi sulla discussa applicabilità del principio di soccombenza delle spese processuali al procedimento camerale di revoca dell'amministratore di condominio. La questione nodale è avvitata su due indirizzi giurisprudenziali antitetici. Nonostante le sezioni Unite si siano da tempo espresse a favore della applicabilità delle spese di lite a tale procedimento, si registrano tuttavia successive pronunce discordanti emesse dalle sezioni semplici. Ciò genera crescente attenzione, vivacizza il dibattito dottrinale e proietta le basi affinché la questione venga riconsiderata da parte del legislatore o dalle stesse sezioni Unite.

La decisione
L'odierna pronuncia, inserendosi nel solco tracciato nel 2003 dalle sezioni Unite, ribadisce l'assoluta operatività del principio di soccombenza al procedimento di revoca dell'amministratore. La Corte d’appello di Milano ha respinto il reclamo opposto al decreto camerale del Tribunale di Pavia mediante il quale era stato rigettato il ricorso volto alla revoca dell’amministratore di condominio. La Corte territoriale ambrosiana ha rigettato il reclamo condannando il condomino alla rifusione delle spese processuali. L'ordinanza è stata impugnata in Cassazione mediante l'articolazione di un unico motivo teso ad evidenziare la violazione dell’articolo 91 Codice procedura civile.

Ha rilevato che il procedimento di revoca dell’amministratore di condominio rientra nel novero della volontaria giurisdizione per cui si sottrae alla applicabilità della regolazione delle spese di soccombenza prevista dai disposti processuali. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile osservando che in séguito alla statuizione delle sezioni Unite (Cassazione 20957/2003) «la giurisprudenza della Corte è concorde e univoca nel riconoscere che il procedimento diretto alla revoca dell’amministratore di condominio soggiace al regolamento delle spese» previsto dall'articolo 91 Codice procedura civile.

Al riguardo, la Corte menziona una più recente decisione (Cassazione 4696/2020) secondo cui il procedimento di revoca dell'amministratore condominiale è assoggettato al regolamento delle spese i cui effetti devono esaurirsi nel rapporto condomino-amministratore, uniche parti legittimate del rapporto processuale.Le sezioni Unite avevano risolto la questione della applicabilità delle spese processuali al procedimento camerale azionato in forza degli articoli 1129, comma 11, 1131, comma 4, Codice civile e 64 disposizioni attuazione Codice procedura civile, ponendo l'accento su due aspetti: il principio della soccombenza è riferito a tutti i processi senza distinzioni di natura e rito; il lemma «sentenza» annoverato dall'articolo 91 Codice procedura civile va inteso nella accezione più ampia di provvedimento che, risolvendo posizioni contrapposte, definisce il procedimento anche nella forma della ordinanza o del decreto.

La tesi positivista
Il procedimento di revoca dell'amministratore di condominio rientra nell'àmbito della volontaria giurisdizione per cui il decreto con il quale viene conchiuso non diviene mai definitivo. Può, tuttavia, contenere determinazioni riguardanti la regolazione delle spese processuali. Differentemente dalla valutazione di merito della vicenda, tali statuizioni hanno natura giurisdizionale, perciò sono idonee al passaggio in giudicato fra le parti.La Cassazione a sezioni Unite (20957/2004) si è espressa sostenendo che la condanna alle spese riveste i connotati della decisione giurisdizionale con l'attitudine al passaggio in giudicato e prescinde dalle caratteristiche del provvedimento cui accede.

Il provvedimento giurisdizionale di revoca dell'amministratore è seguìto dalla regolazione delle spese processuali: può essere di condanna della parte soccombente (amministratore revocato resistente o condomino ricorrente) o di compensazione delle spese fra le parti. Tale determinazione, qualora non impugnata entro i termini di legge, acquisisce valore di giudicato.Diverse pronunce della Suprema corte (le numero 15992/2020, 24929/2019, 2179/2015 e 18576/2014) hanno osservato che tale tipologia di procedimento può comportare il regolamento delle spese. Soggiungono che l'articolo 91 Codice procedura civile è riferibile a qualsiasi provvedimento conclusivo di un procedimento prescindendo dalla sua natura e dal rito.

Consegue che la cennata disposizione va applicata anche ai provvedimenti camerali non contenziosi come quelli indirizzati alla revoca dell’amministratore di condominio. Il principio della soccombenza è applicabile anche ai procedimenti di volontaria giurisdizione ogniqualvolta si evidenzino situazioni di contrasto fra le parti. Va altresì notato che mentre le questioni di diritto legate alla revoca non possono essere gravate in Cassazione, la relativa pronuncia sulle spese è ricorribile, per i caratteri della definitività e decisorietà, ai sensi dell’articolo 111 Costituzione.

La tesi negazionista
Parte della giurisprudenza di legittimità è orientata nel ritenere che le caratteristiche del procedimento di volontaria giurisdizione di revoca dell’amministratore di condominio comportano l’inapplicabilità delle norme in materia di condanna alle spese. Pertanto, esse devono rimanere a carico del soggetto che le ha anticipate proponendo il ricorso al magistrato camerale. In un recente arresto (Cassazione 25336/2018), la corte Suprema ha confermato che il procedimento per la revoca dell'amministratore di condominio non ha natura contenziosa perché è di volontaria giurisdizione. Pertanto, all'esito dello stesso non potrà aver luogo alcuna condanna al pagamento delle spese giudiziali.

Il provvedimento camerale di revoca dell'amministratore di condominio è di tipo amministrativo, perciò inidoneo a produrre effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto, essendo finalizzato solo alla tutela dell'interesse collettivo del condominio al corretto andamento gestionale. Non trova applicazione l'articolo 91 Codice procedura civile riguardo alle spese di lite le quali richiedono l'esistenza di una parte vittoriosa e una soccombente a chiusura di un conflitto di tipo contenzioso.Nello stessa linea interpretativa, altre pronunce (Cassazione 18730/2005, 4706/2001, 3706/2001 e 9636/1997) hanno evidenziato che nella giurisdizione volontaria, nel cui àmbito il giudice non è chiamato a decidere su controversie sorte fra parti contrapposte per la tutela di diritti, ma ad emettere provvedimenti finalizzati alla soddisfazione di privati interessi senza contesa tra le parti, concorrendo così alla costituzione di rapporti giuridici nuovi o allo svolgimento di quelli esistenti.

In tale contesto rientra anche il provvedimento dell’autorità giudiziaria relativo alla revoca dell’amministratore di condominio, inidoneo al giudicato e non destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo, essendo modificabile e revocabile in ogni tempo cosicché proprio per tali considerazioni si afferma l’inammissibilità del ricorso per Cassazione. Le evidenziate caratteristiche del procedimento di revoca dell’amministratore di condominio comportano l’inapplicabilità delle disposizioni di cui all’articolo 91 Codice procedura civile per cui le spese del procedimento dovranno rimanere a carico del soggetto che le ha anticipate.

Conclusioni
La coesistenza del duplice orientamento induce a riconsiderare la questione afferente alle spese processuali. Andrebbe rivisitata alla luce di nuovi elementi come, ad esempio, la rivalsa delle spese processuali dovute al condomino in caso di revoca dell'amministratore per specifici e circoscritti motivi (delineati dall'intervento riformatore che ha rinnovellato l'articolo 1129 Codice civile). Certo è che entrambe le posizioni si attestano su postulati rispettabili. Da un lato, è innegabile la dedotta connotazione contenziosa del procedimento vista l'aspra conflittualità delle parti e la delicata questione vertente sulla valutazione dell'operato gestorio secondo diritto; dall'altro, è pacifico che il procedimento rientri nell'àmbito della volontaria giurisdizione.

Tali posizioni conducono a conseguenze diametralmente opposte: se, da un lato, la connotazione conflittuale esorta l'applicazione del principio di soccombenza, dall'altro, il procedimento qualificato di volontaria giurisdizione preclude la regolazione delle spese. In assenza di nuovi interventi legislativi o di illuminanti riconsiderazioni di legittimità, sembra che al momento possa prevalere il dato normativo processuale, ovvero l'inapplicabilità delle spese di lite in quanto procedimento rientrante nella volontaria giurisdizione.

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