Condominio

Accertamento della condizione giuridica di un bene: è sempre necessario il litisconsorzio

La legittimazione dell’amministratore è riservata alle cause che riguardano la tutela dei diritti sui beni comuni di cui all'articolo 1117 del Codice civile

di Ivana Consolo

La sentenza numero 25497 del 21 settembre 2021, emessa dalla Cassazione, seconda sezione civile, pur non entrando nel merito sostanziale della vicenda sottoposta al vaglio degli ermellini, rappresenta un provvedimento davvero molto interessante, da cui si può trarre un principio guida processuale valido per tutte le altre possibili situazioni similari.

I fatti
Il giudizio da cui trae origine si è svolto dinanzi alla Corte d'appello di Venezia. Le parti appellanti erano un condominio, in persona del suo amministratore, unitamente a 4 singoli condòmini, tutti interessati a far valere la natura condominiale del sottotetto del fabbricato; le parti appellate erano invece 3 condòmini proprietari di un appartamento posto all'ultimo piano del palazzo. Questi ultimi, si costituivano in giudizio mediante domanda riconvenzionale volta a far accertare che il sottotetto fosse in realtà un bene in godimento esclusivo. I 3 condòmini, erano talmente convinti del proprio diritto sul bene sovrastante il loro appartamento che, una di costoro, aveva persino concesso in locazione porzioni del sottotetto ad una società di telefonia mobile, affinché vi installasse un'antenna radio.

Il condominio ed i 4 condòmini ricorsi in appello, convinti ovviamente dell'esatto contrario, intendevano perciò chiedere anche la restituzione dei canoni di locazione percepiti dalla controparte, in quanto ritenuti frutti prodotti da un bene comune e quindi spettanti a tutti i condòmini.La Corte territoriale, si pronunciava a favore del condominio e dei 4 condòmini appellanti, poiché riteneva che il sottotetto dovesse necessariamente intendersi bene comune per almeno due ordini di ragioni:
-non vi era un titolo di acquisto idoneo legittimamente riconducibile ai 3 condòmini dell'ultimo piano;
-non vi era un materiale collegamento con l'appartamento dell'ultimo piano, tale da consentire un uso generalizzato del bene.

Inoltre, la Corte di Venezia riteneva che dal contratto di locazione stipulato con la società di telefonia, emergesse come il locatore non fosse uno dei 3 condòmini dell'ultimo piano, bensì l'amministratore del condominio; deliberava quindi per la legittima spettanza dei canoni al condominio nel suo insieme.Atteso l’esito negativo del giudizio di appello, i 3 condòmini dell'ultimo piano si determinavano a fare ricorso in Cassazione.

I motivi del ricorso alla Suprema corte
Il primo motivo di contestazione addotto dai ricorrenti, è sostanzialmente l'unico su cui bisogna soffermare la nostra analisi, in quanto viene definito dalla Cassazione come motivo in grado di assorbire tutti gli altri. Di cosa si tratta?Ebbene, secondo i 3 condòmini, la sentenza della Corte territoriale appare evidentemente affetta da nullità assoluta, poiché l'amministratore del condominio non aveva di fatto titolo per rappresentare tutti i condòmini; conseguentemente, nel procedimento d'appello risultava non correttamente integrato il contraddittorio tra le parti.

La ragione che spinge i ricorrenti ad asserire questo difetto di rappresentanza processuale dell'amministratore, sta nell'oggetto del contendere: la natura condominiale o meno del sottotetto sovrastante il loro appartamento o, in altri termini, la condizione giuridica di codesto bene.A questo punto, diviene fondamentale analizzare il principio di diritto squisitamente processuale che la Cassazione pone a fondamento della sua pronunzia.Come si diceva sin dall'inizio, la Corte non entra nella sostanza della vicenda, in quanto intende dimostrare che, in assenza di contraddittorio correttamente integrato, nessun giudice possa decidere il merito della causa.

Quando il giudizio diventa interesse di tutti
Secondo un consolidato orientamento della Cassazione, difatti, quando uno o alcuni condòmini vengono citati in giudizio da un amministratore di condominio per ottenere il rilascio di un bene ritenuto comune, e si difendono con una domanda riconvenzionale volta ad ottenere il riconoscimento della esclusiva proprietà del medesimo bene, accade qualcosa di molto importante: la vicenda per cui è causa, smette di essere una situazione che interessa l'amministratore ed il singolo condòmino (o alcuni singoli condòmini), per diventare una vicenda che coinvolge necessariamente l'intera compagine condominiale.

Il litisconsorzio necessario
Nel momento stesso in cui ciò accade, affinché venga rispettato uno dei principi cardine del nostro ordinamento giuridico, ovvero il principio del contraddittorio, diviene essenziale procedere alla convocazione in giudizio di tutti gli altri possibili soggetti interessati. Si deve cioè instaurare quello che in gergo tecnico si definisce: litisconsorzio necessario. Cosa significa in termini pratici?Significa che alla lite devono necessariamente partecipare determinati soggetti, e vi devono partecipare tutti, nessuno escluso. Ogni giudice che dovesse avvedersi di come il contraddittorio non sia correttamente integrato, deve necessariamente sollevare la questione alla prima udienza, e deve farlo d'ufficio, senza cioè che nessuna delle parti in causa solleciti questa sua doverosa azione.

La conseguenza qual è? Il giudice deve fermare il procedimento, per consentire che lo stesso venga successivamente e correttamente intrapreso con la presenza di tutti i soggetti che devono necessariamente prenderne parte.In materia condominiale, nessuna argomentazione è in grado di escludere l'operatività di tale potere – dovere del giudice.Difatti, anche se la dottrina ritiene che l'amministratore di condominio, ai sensi dell'articolo 1131 del Codice civile, abbia la possibilità di essere citato in giudizio, e quindi di rappresentare validamente i condòmini, per qualunque azione riguardante le parti comuni dell'edificio, occorre tuttavia osservare ed evidenziare che tale potere opera solo ed esclusivamente per le cause attinenti alla tutela dei diritti sui beni comuni di cui all'articolo 1117 del Codice civile.

Conclusioni
Non opera, invece, mai ed in alcun modo, per tutte le cause dirette ad accertare la condizione giuridica di un bene, vale a dire se lo stesso sia in godimento esclusivo o comune. Alla luce di tale finissimo ragionamento in punto di procedura, la Cassazione evidenzia il grave errore commesso dalla Corte territoriale, la cui sentenza viene cassata con rinvio per mancata integrazione del contraddittorio.Giunti alla conclusione di tale disamina, non si può sottacere il rilievo che la pronunzia commentata viene ad assumere in termini generali, nonché squisitamente concreti.

Attraverso la ricostruzione del ragionamento giuridico svolto dalla Cassazione, si offre una chiave di lettura importantissima ai condòmini ed agli amministratori di condominio, che possono così essere perfettamente consapevoli della differenza non di poco conto che esiste tra le attribuzioni dispositive di amministratore ed assemblea, e la legittimazione a far valere in un processo le rispettive posizioni dominicali.

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