Condominio

Ci sarà un nuovo processo per le impugnazioni delle delibere? E quali criteri saranno applicati?

Il dibattito è relativo alla sospensione giudiziale della delibera opposta, non più prevista, con l’obiettivo di limitare l’insorgere delle liti

di Rosario Dolce

L'emendamento approvato dalla commissione Giustizia del Senato, sul tema della impugnazione di un deliberato assembleare (As 1662), va anche oltre l'oggetto trattato ed è in grado di cambiare radicalmente l'intero assetto o procedimento di impugnazione, previsto e disciplinato dall'articolo 1137 Codice civile. La disposizione prevede, testualmente, che: «il provvedimento cautelare di sospensione dell’esecuzione delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di associazioni, fondazioni, società, ovvero condominio non perde efficacia in caso di estinzione del giudizio, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa; prevedere che i provvedimenti di sospensione delle deliberazioni dell’assemblea condominiale di cui all’articolo 1137 del Codice civile non perdono efficacia ove non sia successivamente instaurato il giudizio di merito».

L’attuale previsione
L'addentellato normativo di base, nell'ambito condominiale, per quanto qui di interesse, è la parte finale dell'articolo 1137 Codice civile, novellato dalla legge 220/ del 2012; e segnatamente: «L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria. L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I [669 bis e seguenti Codice procedura civile], con l’esclusione dell’articolo 669 octies, sesto comma, del Codice di procedura civile».

Risulta evidente che, semmai l'emendamento trovasse approvazione definitiva, la norma, per come si rinviene, andrebbe rivisitata. Tuttavia, l'aspetto più saliente insito nell'emendamento in commento è quanto è in grado di suscitare, specie se la ratio che lo presiede è quella di deflazionare le liti giudiziarie sul tema.In quanto tale, la vera portata della norma – ove la disposizione venga meglio formulata - non pare quella di tentare di tutelare l'efficacia di un provvedimento cautelare (rendendolo avulso dalle sorti del giudizio ordinario), quanto quella di rendere il giudizio cautelare (in quanto sommario di cognizione) filtro per quello ordinario.

L’obiettivo del nuovo disposto
Potrebbe così non sussistere più alcuna necessità di dare luogo allo svolgimento di una azione ordinaria (da introdurre mediante atto di citazione), al fine di chiedere l'annullamento delle delibere, pur corredata di istanza cautelare; diversamente, si potrebbe pensare - sempre che si rimanga nei termini di cui all'articolo 1137 Codice civile (30 giorni), ovvero nel caso in cui si pensi parimenti di sospenderne/interrompere, frattanto, la decorrenza del termine anzidetto, onde consentire la conclusione del giudizio sommario di cognizione - di formulare un ricorso cautelare aspettando l'esito per comprendere se o meno esercitare un'azione ordinaria.

Tuttavia, l'inibitoria cautelare di un deliberato è materia assai ostica da trattare.Lo dimostra il vivace dibattito giurisprudenziale che si è sviluppato intorno l'argomento: come e semmai si possa concedere la sospensione della efficacia esecutiva di cui è provvisto un deliberato emesso dall'assemblea dei condòmini. D'altronde, è proprio l'articolo 1137 del Codice civile a precisare che le deliberazioni prese dall'assemblea sono obbligatorie per tutti i condòmini.La natura cautelare del provvedimento di sospensione, desumibile dal richiamo normativo alla disciplina di cui agli articoli 669-bis e seguenti Codice procedura civile, imporrebbe che, per trovare accoglimento, la relativa istanza dovrebbe essere formulata motivando adeguatamente circa la sussistenza del fumus boni iuris (apparente fondatezza della domanda) e del periculum in mora (rischio di grave pregiudizio dall’esecuzione della delibera).

Le decisioni di merito
Si badi, tuttavia, la giurisprudenza è costante nel ritenere che la sola patrimonialità del pregiudizio escluderebbe di per sé la sussistenza del periculum inteso come rischio di irreversibile lesione, neppure integralmente risarcibile.Ciò ha portato a rielaborare un nuovo approccio alla materia richiamandosi la previsione di cui all’articolo 2378 Codice civile in tema di procedimento per l’annullamento delle delibere dell’assemblea delle società di capitali. Così, la stessa giurisprudenza di merito (su tutti vedasi il Tribunale di Venezia con ordinanza del 18 marzo 2014) ha suggerito una valutazione comparativa tra il pregiudizio patito dall’istante in caso di mancata sospensione della delibera e quello subito dal condominio in caso di sospensione della stessa.

Più nel particolare, l'orientamento che ne è conseguito suggerisce l'opportunità, per la valutazione della concessione del provvedimento sospensivo richiesto, di valutare in modo comparativo se il pregiudizio patito dal ricorrente (condòmino) in caso di mancata sospensione della delibera risulterebbe maggiore di quello subito dal condominio in caso di sospensione della stessa.Quindi, in materia condominiale, ricorrerebbero le condizioni per la concessione della tutela invocata non già in presenza di un pregiudizio irreparabile, quale quello richiesto dall’articolo 700 Codice procedura civile, ma in ragione di un danno ingiusto purché di intensità tale da sopravanzare le opposte ragioni del condominio alla conservazione dell’efficacia della delibera.

Più precisamente, maggiore sarà l’incidenza della sospensione sulla gestione della cosa comune, tanto più grave dovrà essere il pregiudizio lamentato dalle parti ricorrenti. Al contrario, laddove la sospensiva non dovesse in alcun modo compromettere la predetta gestione, la cautela potrebbe essere concessa sulla scorta di un qualsiasi pregiudizio, anche di natura patrimoniale purché “ingiusto”.

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