Condominio

Il verbale di assemblea condominiale e la riforma mancata

Contenuto e funzione non sono stati regolati neppure nel 2012: è stata la giurisprudenza a stabilire alcuni principi, non sempre in maniera univoca

di Luca Capodiferro - Presidente Centro studi nazionale Confabitare

Chiunque abiti in condominio o, per qualsiasi ragione, abbia avuto a che fare con questo «mondo parallelo», sa che - amministratore a parte - la «figura» più importante è quella dell'assemblea, l'organo decisionale che dà letteralmente vita al condominio. E quando si parla di assemblea, non si può non pensare subito alla sua “voce ufficiale”, il verbale, uno dei documenti fondamentali del condominio che ha il compito, da un lato di rappresentare formalmente quanto è stato discusso e deciso dai condòmini, dall'altro costituisce l'atto materiale oggetto d'impugnazione da parte di chi - a torto o a ragione - si senta leso in uno dei suoi diritti.

E se in tema di modalità e termini per impugnare il verbale esiste un articolo del Codice civile, il 1137, che regola questo procedimento, non esiste, invece, alcun articolo che disciplini con precisione cos'è e come va gestito il verbale. Nemmeno la riforma del 2012 ha colmato questa lacuna, lasciando aperta una discussione che dura da molti, troppi anni e sulla quale spesso si sono spesi fiumi di parole abbastanza inutili.Come sempre, quando il legislatore «latita», tocca alla giurisprudenza colmare vuoti e lacune delle norme di legge.

La definizione di verbale
Così, se manca una precisa definizione normativa di cosa sia e cosa debba contenere il verbale, la Cassazione non si è tirata indietro e ne ha dato una sua definizione: «il verbale dell'assemblea condominiale rappresenta la descrizione di quanto è avvenuto in una determinata riunione e da esso devono risultare tutte le condizioni di validità della deliberazione, senza incertezze o dubbi, non essendo consentito fare ricorso a presunzioni per colmare le lacune. Il verbale deve pertanto contenere l'elenco nominativo dei partecipanti intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi dei condòmini assenzienti e di quelli dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, perché tale individuazione è indispensabile per la verifica della esistenza dei quorum prescritti dall'articolo 1136».

Definizione importante, piuttosto interessante ma, nei fatti, anch'essa incompleta, quantomeno dal punto di vista operativo. La prima cosa che se ne trae è che il verbale deve sicuramente indicare tutti gli elementi necessari alla preliminare verifica della regolarità della costituzione dell'assemblea, così come di ogni altro elemento necessario od utile a documentare e dimostrare quanto è avvenuto e quanto è stato deciso durante la riunione. E se si considera quanto prescrive l'articolo 1137 circa i modi e termini per impugnare il verbale e lo si rapporta a quanto stabilito dai giudici, se ne ricava che l'unica norma che tratti o in qualche modo si occupi del verbale è l'articolo 1136 che, all'ultimo comma, prevede l'obbligo di redigere il processo verbale delle riunioni dell'assemblea che, in un secondo momento, andrà trascritto nell'apposito registro tenuto a cura dell'amministratore.

Contenuto e funzione
Peccato, però, che in nessun altro articolo e in nessuna altra norma si parli con precisione di quale debba essere esattamente il suo contenuto e quale sia la funzione del verbale, cioè se si tratti di un documento che costituisca requisito essenziale o meno per la validità dell'adunanza. Proveremo di seguito a dare una risposta (ovviamente «di parte») a questi dubbi.

Il contenuto del verbale d'assemblea
Dato che il condominio non è assimilabile ad una società, non possiamo colmare il vuoto legislativo attraverso l'applicazione delle norme sulla verbalizzazione delle assemblee e dei consigli previste dal Codice civile per le società. Ma da un'analisi degli articoli 1136 e 1137 e delle più recenti sentenze, possiamo comunque ricavare un elenco informale del suo possibile contenuto:
Luogo, data ed ora della riunione;
•Attestazione se trattasi di assemblea in prima o in seconda convocazione;
•Elenco nominativo dei condòmini presenti di persona o tramite delega e delle relative quote millesimali;
Indicazione del presidente e del segretario della riunione;
•Attestazione della correttezza delle verifiche preliminari circa la validità della riunione;
•Ordine del giorno e suo svolgimento;
•Eventuali dichiarazioni fatte dagli intervenuti;
•Risultato delle votazioni riportato in modo preciso e dettagliato con indicazione dei voti;
•Eventuali comunicazioni dell'amministratore e dei condomini.

Ovviamente ogni amministratore o colui che cura il verbale potrà ritenere utile inserire altre informazioni e ciò sia perché magari lo prevede il regolamento, ovvero perché così si è deciso per maggiore chiarezza della vita comunitaria. Ma allora esattamente quale potrebbe essere il valore attribuibile al verbale?

Il valore «legale» del verbale d'assemblea
Anche in questo caso manca purtroppo una norma specifica che ci dica esattamente quale valore abbia il verbale di assemblea e, come detto, deve sempre intervenire la giurisprudenza a colmare queste lacune. Ma cosa vuol dire esattamente «valore legale»? Di base con tale termine ci si riferisce in genere al valore delle dichiarazioni contenute in un atto o documento cui l'ordinamento giuridico riconosce - in determinati casi e a determinate circostanze - un preciso valore legale. Ma dato che nel nostro caso nulla viene detto dalla legge, cerchiamo di fare mente locale alla sua utilità principale, quella di rendere nota la volontà dell'assemblea e di consentire ad ogni condomino assente o dissenziente di poter impugnare il verbale stesso davanti al giudice.

Quindi la prima considerazione da fare è che il verbale conferisce, nei fatti e non solo, una sorta di «certezza legale» - ma sarebbe meglio dire giuridica - alle decisioni dell'assemblea, dalle quali scaturisce poi l'obbligo in capo all'amministratore di darvi esecuzione nel rispetto della volontà assembleare. Una per tutte: la possibilità di agire in giudizio per la riscossione dei crediti condominiali verso i singoli condòmini una volta approvati i bilanci e le relative ripartizioni di spesa.Quindi, da un punto di vista meramente processuale, le delibere dell'assemblea altro non fanno che esprimere (ed il verbale riportare) la volontà (negoziale) degli intervenuti che, nel dubbio, andrà valutata in rapporto agli articoli 1136 e 1137 del Codice civile. Valutazione che la Cassazione ha più volte ribadito non potersi ricostruire mediante prova testimoniale dato che è proprio l'articolo 1136 a prevedere che le delibere debbano risultare da apposito verbale.

L’obbligo di redazione del verbale
E se, quindi, esiste un vero e proprio obbligo alla redazione per iscritto del verbale, appare logico non potersi poi demandare a dei testimoni (che rilasciano le proprie dichiarazioni al giudice spesso dopo molto tempo) la prova di chi era presente e di chi ha votato cosa durante la riunione. A questo punto, se incrociamo questi articoli e queste sentenze con gli articoli 1129 e 1130 del codice, ne ricaviamo non solo che il verbale è, di fatto e di diritto, l'unica «fonte» di informazione e prova di quanto deciso in assemblea, ma costituisce anche l'unica possibilità per chi non è intervenuto (ma anche per chi era dissenziente) di svolgere un controllo - formale ma anche sostanziale - della legittimità e validità delle decisione adottate che, come detto, l'amministratore deve poi riportare nel registro.

Obbligo che, in caso di sua violazione, legittima i condòmini a revocare in apposita assemblea l'amministratore per inadempimento (o a chiederne la revoca al tribunale). Ma allora quale potrebbe essere esattamente la natura del verbale?Anche in questo caso dobbiamo rifarci alle decisioni dei giudici e, precisamente, alle sentenze della Cassazione che hanno ormai ampiamente stabilito che il verbale di assemblea ha natura di scrittura privata, sicché il suo valore come prova legale è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dei sottoscrittori (presidente e segretario) e non si estende al contenuto della scrittura (cioè il verbale stesso) per la cui impugnazione non è richiesta la querela di falso, potendosi fare ricorso ad ogni mezzo di prova. Va detto, però, che in questo caso sarà onere del condomino che impugna il verbale dare la prova che lo stesso sia viziato da nullità o annullabilità.E se nessuno ha sottoscritto il verbale?

La mancata sottoscrizione del verbale d'assemblea
Può essere che in «altri tempi» sia accaduto con una certa frequenza, ma di fatto oggi è raro che si verifichi l'ipotesi di mancata redazione del verbale d'assemblea, mentre è più facile che accada che lo stesso sia privo della sottoscrizione del presidente e del segretario. E, come abbiamo visto, dato che il verbale ha valore di scrittura privata che fornisce la prova di quanto accaduto in assemblea, ecco che il dibattito sulle conseguenze della sua mancata sottoscrizione diviene tutt'altro che «accademico». Purtroppo, anche su questo punto la legge è «latitante» e - ancora una volta - deve soccorrere la giurisprudenza. Su questo tema, però, non vi è un orientamento univoco dei giudici dei tribunali e della Cassazione.

Per non dilungarci su un tema decisamente tecnico, ci limitiamo a riportare due decisioni contrastanti: una sentenza del Tribunale di Milano e una della Cassazione. Secondo i giudici ambrosiani la mancata sottoscrizione del verbale di assemblea condominiale da parte del presidente e del segretario comporta la radicale nullità delle delibere adottate dai condòmini e ciò perché viene a mancare, in questo caso, uno degli elementi essenziali per la formazione delle delibere stesse. Una decisione che solleva molti dubbi e perplessità, sia per i vuoti legislativi, sia per la precisa distinzione fra cause che rendono nulla una delibera e cause che, invece, la rendono solo annullabile.

Le pronunce di legittimità
Ed infatti di ben altro avviso sono i giudici della suprema Corte i quali, intervenuti in merito ad un verbale privo della sottoscrizione del presidente dell'assemblea, hanno prima di tutto rilevato l'assenza, anche nella riforma del 2012, di una precisa disposizione di legge che preveda che le delibere dell'assemblea debbano risultare da verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario a pena di nullità. Secondo la Corte, la natura di organo collegiale dell'assemblea di condominio fa presumere che la stessa agisca sotto la direzione del presidente che ne accerta la regolare costituzione, apre e regola la discussione di quanto indicato all'ordine del giorno, apre le votazioni e ne dichiara il risultato, con ciò dando all'assemblea stessa una concreta forma di comunicazione manifesta. Ma, nei fatti, vediamo che non sempre viene nominato un presidente e un segretario, eppure non manca né lo svolgimento regolare dei lavori né la relativa verbalizzazione.

In un primo tempo la Cassazione aveva stabilito che - data l'assenza di norme che prevedano la nomina del presidente e del segretario - le eventuali irregolarità formali relative alle nomine non potevano comportare alcuna invalidità delle delibere adottate. Ma nessuna presa di posizione veniva adottata in merito alla mancata sottoscrizione, ritenendo evidentemente implicito che se la delibera vale nel primo caso, a maggior ragione debba valere anche nel secondo. Poi, in questi ultimi anni, la Corte (in un caso di sospetta violazione del regolamento di condominio) ha ritenuto che la sottoscrizione del verbale da parte del presidente e del segretario ha unicamente lo scopo di dare al verbale valore probatorio di scrittura privata anche se unicamente con riguardo alla provenienza delle dichiarazioni riportate dai sottoscrittori.

Quindi con questa decisione si è fatta chiarezza sul punto?Tutt'altro!Ed allora, salvo che la nomina del presidente e del segretario e la relativa sottoscrizione del verbale siano previste dal regolamento di condominio (nel qual caso la violazione sarebbe dovuta, appunto, alla sua mancata osservanza), rimane incerta la conseguenza dal punto di vista della nullità o della annullabilità di una delibera per mancata sottoscrizione del verbale. E, dato che il legislatore non sembra interessato al tema (non lo è stato «ieri» e non sembra esserlo «oggi»), non resta che decidere di «sposare» questa o quella posizione giurisprudenziale, in attesa che qualcuno faccia definitivamente chiarezza sul punto.

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