Condominio

Il condominio, quale custode di beni e servizi comuni, è obbligato ad evitare che questi producano danni

Pertanto l’eventuale nocumento va risarcito al singolo condomino, anche se danneggiato nel solo godimento del bene stesso

di Selene Pascasi

Il condominio di un edificio è tenuto, come custode dei beni e servizi comuni, ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno per cui ove ne derivino danni alla porzione esclusiva di un condomino, scatterà a carico dell'ente di gestione la responsabilità prevista dall'articolo 2051 del Codice civile. Lo afferma la Cassazione con ordinanza 19128 del 6 luglio 2021.

I fatti
Tutto nasce dalla decisione del Tribunale di accogliere la richiesta di una proprietaria tesa ad ottenere la condanna del condominio all'esecuzione dei lavori necessari ad eliminare le cause delle infiltrazioni provenienti dalla falda freatica sottostante l'edificio, che avevano leso il suo immobile sito al piano seminterrato. Il giudice, però, boccia la pretesa risarcitoria azionata dalla condomina per la mancata utilizzazione del suo locale a fini commerciali. Lo scontro arriva in appello e la Corte tiene a marcare che l'intercapedine dalla quale provenivano le infiltrazioni era di proprietà condominiale quindi, pur accogliendo in parte l'impugnazione sull'individuazione dei lavori da eseguire – disponendo sul punto un prosieguo istruttorio – sottolinea che il rialzo del pavimento eseguito dalla donna poteva ritenersi una concausa dei danni per aver contribuito alla stagnazione dell'acqua presente nell'intercapedine.

Ciò posto, le riconosce un ristoro da mancato godimento del bene nella misura del 50%, rimettendo la causa in istruttoria per la concreta quantificazione dei danni. Il caso finisce dinanzi al Collegio di legittimità che dichiara inammissibile il ricorso basato su un solo motivo: violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2043 del Codice civile ed omesso esame o vizio di motivazione. In sintesi, il condominio contestava la ravvisabilità di un danno in re ipsa, dunque presunto, e la propria responsabilità considerati i problemi idrici del seminterrato e la mancanza dei requisiti tecnici del locale autorimessa. Tesi del tutto infondata.

La decisione della Suprema corte
La Corte di appello, evidenzia la Cassazione, aveva reso una soluzione della vicenda conforme a consolidata giurisprudenza e l'esame dei carteggi non offriva elementi tali da suggerirsi un cambio di orientamento. In effetti, spiega, accertato in fatto – con apprezzamento di merito non sindacabile – che la causa delle infiltrazioni derivava dalla falda acquifera esistente nell'intercapedine posta tra il piano di posa delle fondazioni, costituente il suolo dell'edificio, e la superficie del piano terra (comune in quanto destinata all'aerazione e coibentazione del fabbricato, come annotato da Cassazione 3854/2008), era stato correttamente applicato il principio secondo il quale il condominio di un edificio, quale custode dei beni e servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno.L'ente, allora, dovrà rispondere ai sensi dell'articolo 2051 del Codice civile, dei danni da queste cagionati ad una porzione di proprietà esclusiva (Cassazione 7044/2020).

La quantificazione del danno
Conforme alla giurisprudenza, è anche la conclusione per cui la compressione o limitazione del diritto di proprietà causate dall'altrui fatto dannoso (nella specie, tracimazione di acqua proveniente da falda acquifera esistente nell'intercapedine sottostante l'edificio) sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria (cosiddetto danno emergente) o di perdite dei frutti (lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio (Cassazione 33439/2019).

Infine, circa la sussistenza e quantificazione di tale danno, il tema resta sottratto al giudizio di legittimità essendosi la sentenza impugnata pronunciata solo sul diritto al risarcimento, rinviandone ad altra sede la quantificazione. In ogni caso, spetta al giudice di merito accertare la configurabilità di un fatto produttivo di danno e l'eventuale concorso di colpa idoneo a diminuire l'entità del risarcimento. Ricorso inammissibile, allora, con condanna del ricorrente al rimborso delle spese di lite.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©