Condominio

Il sequestro penale del condominio blocca l’assemblea e l’amministratore

Richiamato l’articolo 2352 del Codice civile per evitare che la partecipazione alle assemblee e il diritto di voto spettino al custode designato in sede penale

di Rosario Dolce

Il sequestro preventivo penale avente oggetto le unità immobiliari di proprietà esclusiva e le parti comuni di un edificio condominiale, per le quali sia nominato un custode, in difetto di contraria indicazione contenuta nel provvedimento, ed attesa la funzione tipica di detta misura stabilita dall'articolo 321 codice procedura penale, colpisce sia i diritti e le facoltà individuali inerenti al diritto di condominio, sia le attribuzioni dell'amministratore, sia i poteri conferiti all'assemblea in materia di gestione dei beni comuni, con conseguente nullità della deliberazione da questa approvata nel periodo di efficacia del sequestro. Il principio di diritto, per come segnatamente riportato, è stato appena enunciato dalla Corte di Cassazione con la Ordinanza nr 23255 del 20 agosto 2020.

La fattispecie
Il caso da cui prendeva spunto la controversia riguardava l'impugnazione effettuata da un condòmino avverso la delibera che disponeva l'approvazione del rendiconto, sulla scorta del presupposto per cui l'organo collegiale dei condòmini fosse stato esautorato dai poteri di legge a fronte del provvedimento di sequestro di natura penale ricevuto da tutti gli “aventi diritto” e dallo stesso amministratore.

La Cassazione
Per risolvere il quesito formulato dal ricorrente la Cassazione ha richiamato la previsione dell'articolo 2352, ultimo comma, codice civile, introdotto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (ponendolo in relazione al sequestro al sequestro preventivo di cui all'articolo 321 codice procedura penale).Tale ultima disposizione, in particolare, prevede che la misura cautelare reale, in quanto volta ad evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, ovvero agevolare la commissione di altri reati, priva i soci dei diritti relativi alle quote.

In tal modo il legislatore, privando i “soci” (o meglio, nel nostro caso, i condòmini) dei diritti relativi alle quote (“parti comuni”) vuole evitare che la partecipazione alle assemblee ed il diritto di voto spettino al custode designato in sede penale, rilevando a tal fine non la titolarità del patrimonio sociale ma la sua gestione (a tal fine, è stata richiamata anche la Cassazione civile nr 21858/2005).Il vincolo di indisponibilità correlato al sequestro penale preventivo – così soggiungono i giudici di legittimità – non è tanto quello di impedire la cessione a terzi del bene sequestrato e di conservarlo perciò nel patrimonio del suo titolare, o di consentirne comunque la successiva apprensione ad opera dell'avente diritto, quanto, piuttosto, quello di evitare che quel bene possa essere adoperato dal proprietario per esplicare a proprio vantaggio le utilità in esso insiste.

Sulla scorta di tali assunti, infine, la Suprema Corte di Cassazione conclude affermando che il sequestro in questione avente ad oggetto un edificio condominiale, e quindi tanto le unità immobiliari di proprietà esclusiva quanto le parti comuni di esso, determina conseguentemente un vincolo di indisponibilità (o meglio, inutilizzabilità) in grado di colpire sia i diritti e le facoltà individuali inerenti al diritto di condominio (ad esempio, il diritto di intervento e di voto in assemblea), sia i poteri rappresentativi dell'amministratore di cui agli articoli 1130 e 1131 codice civile, sia, ancora, i poteri conferiti specificatamente all'assemblea di cui all'articolo 1135 codice civile.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©