Condominio

Troppo rumore in casa? Se la colpa è del costruttore spetta un risarcimento

La Corte d’Appello ha equitativamente temperato il costo, individuandolo nel 25% del prezzo di acquisto

di Giulio Benedetti

Il rumore diffuso tra gli appartamenti di un condominio non è causato solo dal comportamento degli occupanti, ma spesso risiede in difetti costruttivi di mancata coibentazione acustica. In tale caso il costruttore deve risarcire gli acquirenti degli appartamenti per il vizio tecnico. Tale principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione (ordinanza 21922/2021) che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un costruttore edile avverso la sentenza che lo aveva condannato al risarcimento parziale del danno cagionato agli acquirenti degli appartamenti per il loro grave difetto strutturale e dell’isolamento acustico.

Il caso trattato
Gli acquirenti di alcuni appartamenti ottenevano dal Tribunale la condanna del costruttore al risarcimento del danno corrispondente alle spese necessarie per eliminare i vizi e la svalutazione delle unità abitative cagionati da difetti strutturali, anche di mancata coibentazione acustica.

La Corte di appello , confermava la sentenza , riformandola parzialmente solo nella quantificazione del danno da svalutazione degli appartamenti. Il costruttore ricorreva in Cassazione lamentando che il giudice aveva fatto ricorso alla legge 447/95, nonostante che i relativi decreti attuativi non fossero stati emessi, che il danno era stato erroneamente riconosciuto, perché non erano emersi vizi acustici nelle pertinenze degli immobili e che quindi il danno era stato calcolato in via presuntiva con riferimento al prezzo di compravendita e non a quello reale del mercato.

La sentenza della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione affermava che correttamente il giudice di appello non ha applicato , al fine dell’accertamento dei requisiti acustici, la legge 447/1995, per l’omessa adozione dei decreti ministeriali che dovevano fissare i criteri per la progettazione , l’esecuzione e la ristrutturazioni edilizie ai fini della tutela dell’inquinamento acustico e ha tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 103/2103 che ha dichiarato l’inapplicabilità di tale normativa nei rapporti tra i privati. Tuttavia l’inapplicabilità di tale disciplina non impedisce al giudice di riscontrare la violazione degli articoli 1490 e 1491 c.c. , in materia dei vizi della cosa compravenduta.

Il giudice ha utilizzato i parametri previsti dal DPCM 5.12.1997 , come mero valore di riferimento , senza attribuirvi efficacia vincolante , ed ha accertato , tramite una consulenza tecnica , il grave rumore di calpestio, di tale entità da non potere essere eliminato neppure con idonei interventi. Pertanto il giudice di appello, accanto al danno in forma specifica, ha riconosciuto il danno per equivalente , utilizzando il criterio equitativo consistente nel tenere conto del valore di acquisto, decurtato di una percentuale in ragione delle opere eseguite , anche sulle parti comuni, per ottenere l’insonorizzazione .

Il giudice pertanto ha evitato la duplicazione tra il risarcimento del danno in forma specifica e il risarcimento del danno per equivalente. Il danno è stato calcolato , dopo l’eliminazione dei vizi, attraverso la determinazione di una percentuale di svalutazione dell’immobile, calcolata sul prezzo di acquisto. La Corte di Cassazione riteneva la correttezza della sentenza di appello la quale affermava che il prezzo pagato per gli immobili, è stato oggetto della libera contrattazione tra le parti, ma doveva corrispondere al valore dei beni, sempre che fossero esenti da vizi.

La Corte di appello ha quindi equitativamente temperato tale costo, pervenendo all’individuazione del 25% del prezzo di acquisto , in considerazione dei lavori già svolti per l’eliminazione dei vizi costruttivi. La Corte di Cassazione sosteneva che , in conformità alla giurisprudenza (C.Cass. sent. n. 13332/2000; n. 1066/2012) il giudice di appello , per la determinazione della riduzione del prezzo in relazione ai vizi della cosa venduta, correttamente è ricorso al criterio equitativo ed al suo prudente apprezzamento, insindacabili nel giudizio di legittimità.

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